Diritti

Prostituzione: è ora di andare oltre la legge Merlin?

Si riaccende in Italia il dibattito sui sex workers. Un disegno di legge presentato dalla senatrice Alessandra Maiorino introduce importanti novità, attualizzando la normativa del 1958 e inasprendo le sanzioni per i clienti
Credit: Jorge Salvador
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
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31 marzo 2022 Aggiornato alle 11:00

Periodicamente, in Italia, si rianima il dibattito sulla regolamentazione della prostituzione. Da anni ormai la Lega ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia programmatici. Risale al 2019, infatti, la proposta del partito di rendere legale il fenomeno, con albi di iscrizione registrati nei comuni e partita IVA per i sex workers.

In questi giorni se ne torna a parlare per un nuovo disegno di legge – presentato da un gruppo composito di senatori, provenienti perlopiù dalle fila di M5S, Forza Italia e Gruppo misto – che intende aggiornare la Legge Merlin, che nel 1958 decretò l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e quindi anche delle cosiddette “case chiuse”.

Nell’ordinamento attuale, non è vietata la prostituzione in sé per sé, ma solo l’intermediazione di terzi, che sia in termini di promozione o di sfruttamento.

È un tema controverso, un terreno talmente scivoloso da dividere anche il fronte femminista: da una parte c’è chi patteggia per il proibizionismo, che punta alla criminalizzazione del cliente e persino della prostituta, dall’altra chi si orienta sulla legalizzazione e la regolamentazione a garanzia dei diritti dei sex worker. A coloro cioè che vedono nella persecuzione penale l’unica strada praticabile, si contrappongono quelli che ritengono si tratti di un fenomeno inevitabile all’interno della società e che vada quindi regolamentato come una qualsiasi altra categoria professionale. Vi è poi una terza strada, quella attualmente vigente: l’abolizionismo, un approccio neutrale nei confronti della prostituzione che non persegue chi la pratica, ma cerca di punire le attività di contorno, come lo sfruttamento, il reclutamento e il favoreggiamento.

Roberto Saviano in un recente articolo pubblicato sul Corriere della Sera si schiera a favore della legalizzazione come strumento per assicurare dignità e sicurezza ai sex worker. Nel Manifesto dei/delle Sex Workers in Europa, Bruxelles, 2005, come cita anche lo scrittore: “Il lavoro forzato e le pratiche assimilabili alla schiavitù possono verificarsi in molti mestieri; ma laddove le attività sono legali e il lavoro riconosciuto, le possibilità di denunciare e fermare le violazioni dei diritti e impedire gli abusi sono notevolmente maggiori. Chiediamo di avere accesso alla previdenza sociale che dà diritto all’indennità di disoccupazione e alla malattia, alla pensione e all’assistenza sanitaria. I/le sex workers dovrebbero pagare imposte regolari sulla medesima base degli altri lavoratori e dei liberi professionisti, e dovrebbero ricevere i medesimi benefici”.

D’altronde basta guardare al modello tedesco. Dal 2002 è stata introdotta in Germania la depenalizzazione della prostituzione (se adulta e consenziente), con il conseguente riconoscimento del diritto all’assistenza, al trattamento pensionistico e previdenziale dei sex workers. Nel 2016, è stata varata una nuova legge che impone determinati standard igienici per i bordelli e rende obbligatorio l’uso dei preservativi. Tuttavia il problema non è affatto risolto. Come segnalato dal canale Welt, delle 200.000 prostitute stimate nel 2018 solo 76 si erano registrate.

Di tutt’altro avviso invece Alessandra Maiorino, che in un post sul suo profilo fb parla di “completo abbaglio preso da Saviano” sul tema, “la prostituzione è agli esatti antipodi della parità di genere”. La Senatrice, dopo aver coordinato l’indagine conoscitiva sulla prostituzione – avviata nel 2019 dalla Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato e conclusasi dopo 10 sedute sul finire del 2021 - si è resa promotrice e firmataria di un disegno di legge per modificare la normativa del ’58.

Nelle note conclusive dell’indagine si legge, infatti, che “la sensibilità diffusa porta verso una maggiore stretta sulla domanda, cioè sui clienti, seguendo l’esempio dei Paesi nordici, Svezia in testa”.

Il fenomeno della prostituzione è infatti in crescita: i fattori scatenanti sarebbero principalmente l’aumento dei movimenti migratori e l’avvento delle nuove tecnologie che renderebbero molto più accessibili le prestazioni sessuali. Secondo quanto riportato da United Nation Office on Drugs and Crimes (UNODC) nel Global Report on Traffickin in Persons del 2018, è soprattutto un problema di genere. Su un campione di 12.162 donne vittime di traffico di persone, ben 77% è vittima di sfruttamento sessuale. Per gli uomini, il rapporto è molto più basso (su 3762, il 17%). È la stessa tratta di esseri umani che si configura come un fenomeno di genere: su 10 vittime di tratta globalmente accertate, più di 7 sono donne o bambine, con picchi più alti a seconda dell’area geografica. Lo confermano anche i dati pubblicati nello stesso anno dalla Commissione europea. Il 95% delle vittime di tratta è composto da donne e bambine.

In questo contesto il cliente è solo “l’ultimo anello di una catena di sopraffazione che inizia coni trafficanti di persone o con le condizioni di vulnerabilità economica, sociale o personale della persona prostituita, prosegue con i suoi sfruttatori” e termina proprio con l’acquirente.

Nella riforma proposta, quindi, innanzitutto vengono introdotte e diversificate alcune sanzioni nei confronti del cliente, in base all’abitualità del reato. Viene prevista una sanzione amministrativa, che può ammontare fino ai 5.000 euro (contro le multe molto meno salate disposte a livello locale da alcuni comuni), per chiunque compia atti sessuali con persone che esercitano la prostituzione, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità; una sanzione intermedia, ossia l‘ammonimento da parte del questore, sino ad arrivare alla vera e propria reclusione da 6 mesi a 3 anni, nel caso di reiterazione, dopo il formale ammonimento delle autorità.

Infine, viene istituita una rete di supporto sul territorio nazionale per un’adeguata assistenza psicologica, sanitaria e legale ai soggetti che abbandonano il giro della prostituzione e per agevolarli nel loro reinserimento sociale.

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