Storie

Guido Musante: «Ai miei studenti insegno inversioni di marcia concettuali»

Architetto e Dottore di Ricerca in Urbanistica, classe 1972, tiene un corso inedito e misterioso al Politecnico di Milano. La sua #storiadisvolta avviene in una galassia a 4 dimensioni, nel design della mente, e coincide con un incontro sentimentale
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31 marzo 2022 Aggiornato alle 22:00

L’idea del corso universitario in “Fondamenti di inversione concettuale”, qualcosa mai insegnato prima, è venuta casualmente a Guido Musante, 49 anni, originario di Genova. Si definisce “architetto che scrive”, è autore di svariati articoli e concept d’architettura e design. «Per capire una svolta, ce ne vuole un’altra», spiega Guido pensando a ciò che cerca di comunicare ai suoi studenti della Scuola di Design del Politecnico di Milano.

Perché l’inversione concettuale, un metodo oltre che una materia, si inserisce perfettamente nell’idea di cambiamento, almeno secondo Guido, che è stato editor del celebre Stefano Boeri, creatore del Bosco Verticale, con cui ha lavorato al volume dedicato a quella costruzione che si staglia, verde, in mezzo alla fitta Milano. «Quel progetto “gira” il senso comune del “bosco” attraverso l’architettura; in ogni forma di design, l’inversione concettuale è il tentativo di invertire il senso di un oggetto, per capire perché possa valere più di un altro, così come per le opportunità che ci capitano ogni giorno», spiega Guido. È da questi pensieri che è nata la sua agenzia di inversione concettuale, che mostra quello che ha tutta l’aria di essere un “count up” della sua vita: uno fra tanti progetti di comunicazione, curatoriali e di ricerca, per aziende, designer, e leader del settore.

Dalla teoria alla pratica (e viceversa), dunque. Anche quando ha incontrato la donna che sarebbe diventata la mamma dei suoi figli: «Stavamo insieme da poco e, in vista delle vacanze natalizie ci saremmo separati per la prima volta», ricorda Guido. Come fosse ieri.

«Il giorno in cui lei è partita avevo in programma una partita di calcetto con alcuni amici. Se oggi ripenso alle emozioni, alle domande che mi sono fatto mentre avevo davanti il pallone e in testa lei, mi viene in mente la sensazione esistenziale di quella sera: ero felice di aver capito la mia posizione nel mondo, e mai come in quel momento non avevo bisogno di sapere nient’altro». Poi continua, sorridendo: «era la mia prima svolta».