Ambiente

Perché sostenibilità è anche resilienza

Cosa inquina di più: l’insalata in busta o quella fresca? L’olio di palma può essere sostenibile? I prodotti a km zero hanno sempre impatti minori? Due esperti riflettono qui sulla necessità, oggi, di definire quale sia la dieta che sposi tutela ambientale, salute e crisi alimentare
Credit: Louis Hansel
Tempo di lettura 3 min lettura
24 marzo 2022 Aggiornato alle 08:00

Costruire un sistema alimentare sostenibile è senza dubbio una delle sfide più urgenti del tempo che stiamo vivendo. Fare in modo che tutti gli esseri umani abbiano accesso a un’alimentazione sufficiente e nutriente e al contempo istituire sistemi di produzione durevoli, che siano in grado di sostenersi nel tempo e di adattarsi ai cambiamenti sono solo alcuni dei fattori imprescindibili per uno sviluppo che possa dirsi sostenibile. Ce lo ricorda anche il secondo dei 17 obiettivi che le Nazioni Unite hanno inserito nell’Agenda 2030.

Si tratta di obiettivi che sembrano sempre più difficili da raggiungere, a maggior ragione se si tiene conto della fragilità che il nostro sistema alimentare sta dimostrando di fronte allo scenario geopolitico che proprio in questi giorni stiamo vivendo e che sta causando massicce interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali e, insieme a esse, non pochi timori.

Ad ostacolare uno scenario simile sarebbe invece in grado di intervenire un sistema alimentare resiliente, capace cioè di preservarsi grazie alla capacità dinamica di resistere a sconvolgimenti e shock, mantenendosi robusto e solido e adattandosi a nuove condizioni con flessibilità.

Ma questo, nel concreto, cosa significa? È ormai chiaro che non esiste una formula magica per realizzare un progetto di questa portata. Questo è vero nella misura in cui il potenziale a lungo termine e la solidità del nostro sistema alimentare sono condizionati da un complessissimo intreccio di fattori.

Per esempio il fatto che il consumo di cibo sia strettamente connesso con la salute della persona, che in tutti i casi va considerata come il valore fondamentale: la dieta sostenibile prima di tutto deve essere sana. Inoltre, la produzione di cibo è frutto di un sistema molto articolato, che intreccia molti mondi, i quali vanno necessariamente considerati in modo organico.

E poi non è da trascurare che esistono scelte da fare tra forme alternative di sostenibilità. a esempio: che cosa inquina di più: l’insalata in busta o quella fresca? L’olio di palma può essere realmente sostenibile? Siamo sicuri che i prodotti a km zero abbiano sempre gli impatti minori? Sono domande per nulla banali, a dispetto di quello che può sembrare.

Definire in maniera veloce cosa è giusto e cosa no o come possiamo giungere a un sistema alimentare resiliente e sostenibile è impresa assai ardua. Questo accade perché non esiste purtroppo la ricetta di un cibo perfetto, che soddisfi determinati criteri di qualità, nutrizionali e ambientali allo stesso tempo. Così come non esiste una ricetta veloce per un sistema agroalimentare perfetto.

Eppure, se è vero che non esiste una via facile, è anche vero che ci sono degli elementi sui quali possiamo agire, grazie alle scelte che facciamo quotidianamente, come persone e come società. Questo perché la sostenibilità non è una destinazione da raggiungere, ma un viaggio.

Quello che aziende e consumatori possono fare nel concreto è definire come vogliono viaggiare: vale a dire definire al più presto i propri valori e poi, con l’aiuto di metodi e strumenti con i quali l’innovazione ci viene in aiuto, rendersi sempre più accurati nel percorrere la propria strada in maniera coerente con quei valori.

Tutto questo significa mirare concretamente a un sistema alimentare efficiente con gli occhi sempre più puntati alla sostenibilità. Quindi alla resilienza.

Massimo Marino è ingegnere ambientale, autore con Carlo Alberto Pratesi de Il cibo perfetto (Edizioni Ambiente).

Francesca Berretta è consulente di Perfect Food.