Ambiente

Combustibili fossili: i Paesi del G20 hanno investito 142 miliardi in soli 3 anni

È quanto emerge dal report dell’Oil Change International e Friends of the Earth: tra i maggiori finanziatori ci sarebbero Canada, Giappone e Corea del Sud. Secondo l’Osservatorio Nasa, rispetto al 2022, nel 2023 le emissioni climalteranti sono aumentate dell’1%, anziché diminuire
Credit: Ben Wicks  

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11 aprile 2024 Aggiornato alle 07:00

Il finanziamento verso i combustibili fossili non si ferma.

In tre anni, dal 2020 al 2023, le maggiori potenze economiche del G20 hanno continuato a incentivare la produzione di carbone, gas e petrolio nei Paesi più poveri. Una spesa in tre anni di oltre 142 miliardi di dollari. Lo conferma un report di Oil Change International e Friends of the Earth, in cui emerge che i maggiori Paesi a sostenere questi finanziamenti sarebbero Canada, Giappone e Corea del Sud.

Oltre a questi, anche Stati Uniti, Italia e Germania avrebbero contribuito a finanziare con grandi somme la produzione di combustibili fossili oltreoceano. Questo fatto provocherebbe danni sempre peggiori all’ambiente, con l’inquinamento da emissioni di anidride carbonica e metano. Secondo l’Osservatorio della Nasa, dalle prime analisi del 2023 emerge che le emissioni derivanti da combustibili fossili sono aumentate dell’1% rispetto al 2022, invece di diminuire. Più impattanti i dati dell’Agenzia Onu per l’Ambiente: si prevede che i governi maggiori produttori di combustibili fossili incrementeranno la produzione del 110% entro il 2030.

I risultati del report dell’Oil Change International destano particolare attenzione proprio perché nel 2022 i Paesi del G7 (a cui appartengono Giappone e Canada) avevano dichiarato di voler fermare il finanziamento di combustibili fossili.

I Paesi firmatari erano Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Italia, Francia, e Germania.

Grazie a questo accordo 33 miliardi di dollari avrebbero potuto essere impiegati nello sviluppo di energie più pulite e sostenibili.

Non è stata la sola iniziativa in questo campo. Durante Cop26 a Glasgow, nel 2021 è stato lanciato il Clean Energy Transition Partnership, il primo progetto volto a fornire supporto internazionale verso la transizione di energia pulita e la fine dell’uso di combustibili fossili.

Un’omonima iniziativa, cofinanziata dall’Unione europea, ha come obiettivo quello di promuovere l’innovazione degli ecosistemi e superare la frammentazione della ricerca.

Dal report dell’Oci emerge che otto sui sedici Paesi firmatari del Clean Energy Transition Partnership hanno provveduto a introdurre politiche per cessare il loro supporto alla produzione di combustibili fossili. Non è così per tutti i partecipanti, a cominciare dagli Stati Uniti, i maggiori trasgressori del patto di transizione verso energie pulite. Inoltre, Italia e Germania hanno perseguito politiche che non rispettano l’impiego dell’accordo.

Secondo l’Oci, per limitare l’aumento di 1.5 °C degli accordi internazionali sul clima, il 60% dei combustibili fossili dovrebbe rimanere intatto.

Il report dell’Oil Change International illustra come il finanziamento alla produzione di energia con il carbone è l’unico dato a essere leggermente diminuito.

Al contrario, la produzione di gas avrebbe ricevuto più fondi rispetto a quelle di carbone e petrolio.

Tra il 2020 e il 2022 i combustibili fossili sono stati finanziati con circa 47 bilioni di dollari all’anno, contro i 35 bilioni all’anno destinati all’energia pulita.

I Paesi che hanno finanziato maggiormente la produzione di energia sostenibile sono stati Francia, Giappone e Germania.

Uno dei nodi da sciogliere è che il finanziamento destinato alla produzione di combustibili fossili è rivolto maggiormente verso i Paesi più poveri, mentre le risorse per energie più pulite e sostenibili si concentrano solo nei Paesi più ricchi.

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