Diritti

Quali partiti hanno un Codice Etico?

Il Pd vuole una nuova “Carta dei diritti e dei doveri morali” con regole più stringenti rispetto alla versione del 2008. Ma non è l’unico ad avere un testo a cui i membri devono attenersi: ci sono anche Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
11 aprile 2024 Aggiornato alle 14:45

Che cos’è un codice etico? Secondo la definizione della Treccani si tratta di un “documento aziendale che rappresenta la Carta dei diritti e dei doveri morali che in un’organizzazione imprenditoriale definisce le responsabilità etico-sociali e i principi cui devono attenersi tutti i partecipanti all’attività lavorativa”. Il discorso vale anche per alcuni partiti in Italia che lo usano come codice di comportamento che detta delle regole da seguire internamente, anche in caso di vicende giudiziarie che coinvolgano candidati ed eletti nelle loro liste.

In questo periodo si riparla di codice etico perché alcuni esponenti del Partito Democratico sono coinvolti in due inchieste giudiziarie, una a Bari e l’altra a Torino, su voto di scambio e corruzione elettorale, e la Segretaria Elly Schlein vuole che il partito reagisca. Come? Stilando un nuovo Codice Etico.

Partito democratico

La versione originale, che dal 2008 detta le norme di trasparenza del Pd, è da rivedere perché inefficace a impedire la diffusione di pratiche illegali tra i membri del partito. A elaborare il nuovo Codice Etico, il senatore Antonio Misiani, responsabile Economia del Pd e commissario regionale in Campania. Il regolamento era nato come iniziativa locale per le elezioni comunali nella regione guidata da Vincenzo De Luca, ma potrebbe essere esteso a tutta la penisola. A supervisionarne l’applicazione in Campania sarà l’europarlamentare uscente ed ex procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti.

Secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera, la bozza di codice etico stilata da Misiani e ufficializzata in una riunione di partito campano prevede che il Pd provinciale e i circoli acquisiscano, prima del termine della presentazione delle liste, e trasmettano contestualmente al Pd regionale, “il casellario giudiziario e il certificato penale delle candidate e dei candidati, al fine di istruire adeguatamente l’approvazione delle liste nel rispetto dei princìpi e delle regole sopra richiamati”, che prevedono che i membri del partito non abusino “della loro autorità o carica istituzionale per trarne privilegi”, e rifiutino “una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite”.

La versione del 2008 già prevedeva l’incandidabilità di chi è rinviato a giudizio, oppure è in custodia cautelare o condannato, anche se non in maniera definitiva, “per un reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale; per un delitto per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; per sfruttamento della prostituzione; per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza d’uso lavoro”. Oppure nel caso in cui “sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione”.

Tra le novità compare “un’autodichiarazione” per cui i e le candidati/e nelle liste del Pd dovranno impegnarsi a “denunciare alle sedi competenti e agli organi di Partito: eventuali fenomeni di condizionamento del voto, di voto di scambio, di intimidazione nel corso della campagna elettorale; eventuali tentativi di intimidazione, di corruzione o di concussione nel corso del proprio mandato elettivo o amministrativo”.

Movimento 5 Stelle

Il Movimento 5 Stelle ha avuto fin da subito regole più severe rispetto al Partito Democratico: nel 2017, in vista delle elezioni di marzo 2018, annunciò un nuovo Codice Etico che prevedeva obblighi per i candidati, per i parlamentari, per gli amministratori locali e per gli amministratori. Quel testo è stato sostituito da una nuova versione nel 2023, in vigore tuttora, con diverse modifiche rispetto al documento precedente, che prevedeva una penale da 100.000 euro a carico degli espulsi, di chi lascia il gruppo o si iscrive ad altro gruppo parlamentare, e per dimissioni anticipate dalla carica in assenza di gravi motivi.

Il documento di 4 pagine obbliga i candidati a “rinunciare alla propria candidatura nel caso in cui, avuta notizia dell’esistenza di un procedimento penale a proprio carico, emergano elementi idonei a far ritenere la condotta lesiva dei valori, dei principi o dell’immagine del Movimento 5 Stelle, a prescindere dall’esito e dagli sviluppi del procedimento penale, accettando, ora per allora, le determinazioni che sul punto gli Organi dell’Associazione a ciò deputati riterranno di esprimere”; a non accettare “alcuna forma di sostegno e di finanziamento irregolare o non dichiarato, sia diretto che indiretto (ossia tramite associazioni, fondazioni, centri studio e altri enti nei quali svolga un ruolo direttivo) della propria attività politico-amministrativa”.

Riguardo agli amministratori eletti, ciascuno si impegna a non conferire incarichi a “familiari o affini entro il quarto grado di parentela propri o di altri amministratori dell’ente” né a “soggetti che abbiano riportato una condanna penale, anche con la sola sentenza di primo grado, e/o rinviati a giudizio o sottoposti a misure di prevenzione personale e patrimoniale per reati di corruzione, concussione, criminalità organizzata e mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti voto di scambio e altri delitti contro l’ordine pubblico, estorsione, truffa, usura, riciclaggio, traffico illecito di rifiuti e altri gravi reati ambientali reati e/o delitti non colposi”. Chi ha notizia dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico, ha facoltà di autosospendersi dal Movimento.

Fratelli d’Italia

Anche Fratelli d’Italia, che di recente ha visto un membro del partito arrestato con le accuse di voto di scambio politico-mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, ha un Codice Etico, datato 28 gennaio 2021: secondo il documento del partito di cui è presidente la premier Giorgia Meloni i candidati nelle liste elettorali di Fratelli d’Italia si impegnano “espressamente a dichiarare in forma scritta preventivamente e per tutto il corso dell’eventuale incarico ricoperto qualsiasi situazione personale di rilevanza penale o erariale o inerente alla comminazione di misure restrittive e qualsiasi potenziale posizione di proprio conflitto d’interesse di cui sia a conoscenza”, a “non operare mai in situazioni di conflitto d’interesse” e a “comunicare senza indugio alla commissione di disciplina eventuali violazioni delle presenti regole di cui sia venuto a conoscenza da parte di chiunque, […] ad assumersi le responsabilità politiche, personali e patrimoniali derivanti dalla violazione delle disposizioni del presente codice tenendo indenne il Partito da ogni conseguenza pregiudizievole”.

Lega

La Lega, il partito del ministro dei Trasporti e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, non ha un codice etico, ma nel 2018 ne aveva diffuso uno varato dai vertici regionali in Sicilia per i propri tesserati: come riporta un articolo de La Repubblica, il codice etico lanciato per l’occasione dal partito dei porti chiusi e dello stop all’invasione chiedeva di “non avere condanne, anche non definitive, per reati contro la pubblica amministrazione, mafia e pedopornografia”, ma anche di rispettare “la dignità, le credenze e le differenze culturali”, di non operare “discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, senso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità”.

Gli altri partiti non hanno codici etici. Alcuni, come Forza Italia e Italia Viva, hanno una “Carta dei valori”, altri, come Azione o +Europa, uno Statuto.

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