Ambiente

Cina: l’invecchiamento demografico potrebbe far aumentare le morti da smog

Una nuova ricerca pubblicata su Science Direct racconta come rispetto al 2005 siano stati fatti passi avanti contro l’inquinamento atmosferico. Ora però preoccupa la fragilità di una popolazione sempre più anziana
Credit: EPA/WU HONG  

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8 aprile 2024 Aggiornato alle 10:00

Ancora oggi quando si sorvolano città come Pechino e Shangai la sensazione è sempre quella di mondi sommersi sotto una cappa di gigantesco inquinamento.

Buona parte delle città cinesi, come quelle indiane, sono infatti fra le più inquinate al mondo, soprattutto in termini di particolato e polveri sottili: un recente rapporto della società svizzera IQAir afferma per esempio come 99 delle 100 città più inquinate del globo nel 2023 si trovino proprio in Asia.

Eppure, rispetto a quasi vent’anni fa, in Cina sono stati fatti passi da gigante nella lotta all’inquinamento atmosferico e miglioramento della qualità dell’aria, anche se ancora insufficienti.

La svolta si osserva soprattutto a partire dal 2005, pochi anni prima delle Olimpiadi del 2008 di Pechino, quando la Cina preoccupata per l’impatto dello smog e la salute degli atleti, così come per l’immagine mostrata al mondo, ha avviato un programma per ripulire l’aria che ha riguardato l’industria, il traffico e le abitudini dei cittadini.

Proprio nel 2005 Pechino era allora considerata la capitale mondiale dello smog, un brutto titolo dal quale si è smarcata a fatica negli ultimi vent’anni.

Una nuova ricerca, condotta da esperti delle università cinesi, tedesche e canadesi, ha analizzato le condizioni di allora, confrontandole con quelle attuali, dimostrando sia una certa preoccupazione per le morti legate allo smog sia i segnali positivi raggiunti negli ultimi anni.

Le morti per inquinamento da particolato in Cina per esempio hanno raggiunto un picco nel 2005 con 2,6 milioni di morti, decessi collegabili agli impatti del particolato: un aumento che vent’anni fa era pari a oltre 200.000 morti all’anno in più proprio a causa dello smog.

Politiche per migliorare la qualità dell’aria e ridurre le fonti inquinanti hanno però aiutato la Cina negli ultimi anni (dal 2013 al 2019) a diminuire di circa 59.000 morti l’anno queste nere statistiche nonostante la Cina resti ai vertici delle classifiche dei Paesi più inquinati al mondo sia rispetto agli standard nazionali sia a quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Sebbene oggi ci siano piani per “difendere i cieli blu” come dicono i cinesi, la situazione è però ancora decisamente grigia: da una parte le politiche di investimento nelle energie rinnovabili stanno aiutando il Paese a “ripulirsi”, ma gli investimenti in carbone e gas, così come il perdurare delle fonti inquinanti legate al riscaldamento domestico, restano elevate e impattanti.

Per questo i ricercatori ricordano che senza un’azione accelerata le morti per inquinamento atmosferico in Cina inizieranno presto ad aumentare: il motivo è anche legato al progressivo invecchiamento della popolazione cinese e all’esposizione degli anziani - estremamente vulnerabili - al particolato, come il Pm 2.5.

A The Guardian il professor Michael Brauer dell’University of British Columbia ha per esempio spiegato che “lo stesso livello di inquinamento atmosferico avrà un impatto maggiore su una popolazione più anziana e meno sana con maggiori livelli di malattie colpite dall’inquinamento atmosferico, molti dei quali aumentano con l’età. Questi includono il cancro ai polmoni, il diabete, le malattie polmonari e cardiache croniche”.

A causa dell’invecchiamento della popolazione e l’inquinamento ancora persistente - seppur migliorato rispetto a vent’anni fa - la ricerca prevede che i decessi legati all’inquinamento atmosferico in Cina “aumenteranno tra 116.000 e 181.000 all’anno dal 2030 al 2060” e tutto ciò nonostante politiche migliori sia nel ripulire l’aria sia nell’assistenza sanitaria.

Brauer ha ricordato dunque la necessità per la Cina di “ridurre l’inquinamento atmosferico in modo ancora più aggressivo”, discorso che dovrebbe valere per molte altre realtà asiatiche, come l’India, altro Stato dove “la popolazione sta invecchiando, ma ci vorranno 20 anni per raggiungere l’età in cui si trova oggi la Cina”, ma anche per “alcuni Paesi dell’Europa orientale, come la Bulgaria e la Polonia, che sono altamente inquinati e hanno una popolazione addirittura più antica di quella cinese”.

Gli stessi esperti che hanno condotto la ricerca lanciano infine un avvertimento chiaro per il futuro della Cina, Paese capace di migliorare rispetto al passato ma davanti a uno scenario preoccupante per il domani.

“Rispetto al 2019 - scrivono gli esperti nel presentare il loro studio - si prevede che le morti premature a livello nazionale aumenteranno, soprattutto nel periodo 2030-2060. Il grande invecchiamento futuro della popolazione è il fattore principale che contribuisce all’aumento dei rischi per la salute. In conclusione, l’inquinamento da Pm 2,5 in Cina negli ultimi 19 anni ha provocato un gran numero di morti premature che saranno ulteriormente aggravate dall’invecchiamento della popolazione. Pertanto è imperativo attuare misure di controllo della qualità dell’aria più rigorose per mitigare i futuri rischi per la salute associati all’inquinamento da Pm 2,5”.

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