Economia

Chi paga i costi della transizione green nei settori automobilistico e tessile?

Dalle riprogrammazioni produttive di Stellantis alla bancarotta di Renewcell, passando per le nuove strategie eco-friendly di H&M, la rivoluzione green porta con sé difficoltà per lavoratori e imprese
Credit: EPA/Zsolt Szigetvary  

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2 aprile 2024 Aggiornato alle 13:00

Stellantis, casa madre di Chrysler, sta licenziando circa 400 dipendenti negli Stati Uniti nelle divisioni software e ingegneria. Questa è l’ultima ondata di licenziamenti da parte della casa automobilistica, che cerca di contenere i costi della propria transizione green; la holding diretta dall’ad Carlos Tavares nel 2023 aveva già offerto buonuscite a oltre 9.000 dipendenti americani.

Negli States, il colosso delle automobili concentra le produzioni dei marchi Jeep, Ram, Chrysler e Dodge.

Questa ondata di licenziamenti colpisce anche il Vecchio Continente.

In Francia è stato annunciato dalla direzione dello stabilimento di La Janais, a sud di Rennes, il licenziamento di 200 dipendenti a tempo determinato su 300 a partire da lunedì 26 febbraio.

Presso il sito di Borny, a Metz, è stata dichiarata la cessazione della produzione di due linee di riduttori su tre, spostandone la produzione presso i siti italiani e indiani; a riguardo la Cgt (Confederazione generale del Lavoro) tema che la fabbrica possa chiudere, con oltre 900 persone che si ritroverebbero senza più un impiego.

Inoltre, a causa del calo del mercato europeo, è stato annunciato il licenziamento di 630 dipendenti nello stabilimento di Mulhouse (Alto Reno) a seguito dell’interruzione dei turni di lavoro notturno; simile misura era stata già applicata ad aprile dello scorso anno a Sochaux (nei pressi del confine svizzero), quando per il medesimo motivo furono licenziati 750 lavoratori.

In Polonia, le esigenze di riconversione green hanno portato alla decisione del gruppo di chiudere lo stabilimento storico di Bielsko Biala, che negli anni Settanta iniziò a produrre le Fiat 126.

La fabbrica – che viveva già una crisi produttiva dal 2018, quando Fiat annunciò lo stop ai motori diesel per le Panda – chiuderà i battenti a causa delle contrazioni degli ordini di motori 1.3 Multijet, a combustione interna, che Stellantis punta a smettere di produrre entro il 2030.

E in Italia i licenziamenti hanno raggiunto quota 2.500, tramite gli accordi di buonuscita sottoscritti dalla holding con i sindacati – fatta eccezione per la Fiom-Cgil – ; complessivamente, sono già 1.560 le dimissioni certe dallo stabilimento Mirafiori di Torino, 850 dalla fabbrica di Cassino – di cui 300 in trasferta verso il sito di Pomigliano d’Arco (nel napoletano) – e 100 da Pratola Serra (ad Avellino). E le dimissioni sono destinate ad aumentare, in quanto l’azienda è prossima ad annunciare il futuro degli operai degli stabilimenti di Melfi e Pomigliano.

Un portavoce di Stellantis Italia spiega che l’iniziativa rientra nell’ambito delle iniziative attuate dal gruppo auto per affrontare gli effetti del processo di transizione energetica e tecnologica in corso e che sta interessando il settore automotive in tutti i suoi aspetti (Oem e fornitori in tutta Europa), compresi quelli occupazionali, ed è la prosecuzione naturale di precedenti accordi già siglati dall’azienda negli scorsi anni.

Ma a pagare i costi della transizione green non sono solo i lavoratori, ma anche le imprese – sebbene in proporzioni variabili –, specie le più innovative; è il caso di Renewcell, azienda svedese di riciclaggio tessile, la quale ha dichiarato bancarotta lo scorso febbraio a causa dell’incapacità di riuscire a recepire i fondi necessari per andare avanti.

Nonostante marchi come Levi’s e H&M avessero già testato le fibre di “Circulose” – ricavate dal riciclo di jeans e magliette – la domanda per il prodotto è stata inferiore alle aspettative, e l’impresa è riuscita a raccogliere solo per 9,8 milioni di dollari lo scorso dicembre. E anche la produzione di Circulose risultava complessa; i materiali richiesti per il riciclaggio erano per il 95% cotone, materia prima idealmente ricavabile non dai rifiuti dei consumatori, quanto dai produttori nel post-produzione (cioè, con i rifiuti di scarto della produzione industriale). E dunque, anziché in Paesi come l’India o il Bangladesh – dove si concentrano una buona parte della produzione tessile mondiale – si è optato per la Svezia, motivando la scelta sulla base di una minore carbon footprint grazie all’elevata produzione di energia green del Paese scandinavo.

Inoltre, i filatori e i tessitori con cui collaborava non erano preparati a lavorare con questo materiale e hanno dovuto modificare i processi di produzione, mentre i marchi non avevano preventivato di corrispondere premi a Renewcell in caso di aumento di produzione. Tra i tentativi di migliorare il proprio impatto ambientale nel settore tessile c’è H&M – che con Renewcell aveva stipulato un contratto non vincolante per acquistare 7mila tonnellate cubiche di Circulose nel 2024 e altre 11mila nel 2025. Il colosso dell’abbigliamento fast-fashion sta puntando a investire su materiali riciclati e a ridurre le emissioni di CO2 nella propria filiera produttiva.

Ed essendo naufragata l’intesa con Renewcell, ha avviato una collaborazione con Tpg Rise Climate e Vargas Holding per creare Syre – venture che punta sulla produzione di poliestere riciclato da tessuti già esistenti –. Il colosso dell’abbigliamento ha affermato in una nota di essersi assicurato un accordo di offtake (cioè, di cessione di una quantità di beni precisa a un prezzo prestabilito) dal valore di 600 milioni di dollari in 7 anni.

La transizione ecologica all’interno dei settori tessile e automobilistico sta portando non poche difficoltà, da un lato alla riconversione delle fabbriche – con relativi licenziamenti ed eventuali esternalizzazioni di intere catene produttive – e dall’altro alle difficoltà di inserire nuove tecnologie contemporaneamente innovative, economiche, eco-compatibili e competitive sul mercato. Ma, nonostante ciò, un cambio nella produzione in due dei settori più impattanti al mondo è fondamentale per un futuro più sostenibile.

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