Bambini

Tutela minori in affidamento, approvato il Ddl: cosa cambia?

Il Disegno di legge punta a evitare istituzionalizzazioni improprie (il collocamento dei bambini in strutture residenziali) e custodie sine die, ovvero senza un termine; istituiti anche due registri e un Osservatorio nazionale
Credit: Tim Mossholder 
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28 marzo 2024 Aggiornato alle 09:00

«Il ddl che abbiamo approvato adesso in Consiglio dei ministri in materia di tutela dei minori in affidamento serve appunto a tutelare i minori in affido, i minori fuori famiglia e, quindi, a cercare di prevenire e contrastare i fenomeni di istituzionalizzazione impropria di affidamenti troppo lunghi, cosiddetti “sine diè” dei minori allontanati dalla famiglia di origine. Sostanzialmente quello che vogliamo costruire è un flusso di dati».

A parlare è la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato il disegno di legge sulla tutela dei minori in affidamento, relativo al monitoraggio dei casi di separazioni forzate dei bambini dai nuclei familiari: “Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento”. Detto in parole più semplice, la misura è nata per evitare il collocamento dei minori in istituzioni o strutture residenziali anziché affidarli a famiglie, genitori adottivi o altri caregiver familiari (la cosiddetta istituzionalizzazione) e gli affidi senza un termine ultimo.

L’obiettivo del provvedimento, secondo i firmatari Rocella e Nordio, ministro della Giustizia, è garantire il rispetto del principio del superiore interesse del minore e del diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere all’interno delle loro famiglie, come stabilito nel 1989 dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

I 3 articoli del Ddl istituiscono 2 distinti registri (uno presso il Dipartimento per le Politiche della famiglia, un altro presso i Tribunali) e un Osservatorio nazionale istituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, il cui compito (oltre ad analizzare i dati raccolti) sarà anche segnalare “possibili situazioni di istituzionalizzazioni improprie”, chiedere ispezioni e sopralluoghi e presentare una relazione annuale al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno.

Vediamo meglio in cosa consisteranno i registri. «Il primo - ha spiegato la Ministra durante la conferenza stampa, servirà - per monitorare il ricorso agli affidamenti per i minori privi di un ambiente familiare idoneo, su base provinciale, attraverso il numero dei minori collocati in ciascuna struttura, il numero delle famiglie, il numero delle comunità e degli istituti che sono disponibili all’affidamento dei minori. […] Questi dati sono abbastanza granulari, ma assolutamente anonimi, non c’è niente di identificativo. Ovviamente per le modalità di costruzione del registro sentiremo il Garante della Privacy, ma già in partenza non abbiamo intenzione di chiedere altro, a parte i numeri. Perché già i numeri ci raccontano molto, ci permettono di capire quali sono i bisogno sul territorio».

A fornire i dati al «registro nazionale degli istituti di assistenza pubblici e privati, delle comunità di tipo familiare e delle famiglie affidatarie», istituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, saranno le Regioni e gli enti locali che, ha precisato Roccella, hanno già questi dati, che oggi però non arrivano al Governo centrale, rendendo più difficile monitorare la situazione e intervenire dove necessario.

L’altro, ha continuato la ministra, è istituito «presso ciascun tribunale per i minorenni, tribunale ordinario. Anche questo è un registro dei minori in comunità di tipo familiare o istituti di assistenza pubblica, pubblici o privati, o presso famiglie affidatarie, per acquisire un quadro unitario concernente tutte le fattispecie di possibile allontanamento dei minori dalle famiglie di origine”.

Il registro servirà a monitorare i provvedimenti, indicandone la data e gli estremi che, spiega Adnkronos:

- collocano un minore in comunità o lo affidano a una famiglia;

- sono relativi a minori inseriti in collocazione protetta, ovvero affidati a famiglie o ad altri caregiver idonei che siano in grado di fornire loro un ambiente stabile e sicuro in cui crescere e svilupparsi. Spesso si procede con questa soluzione per minori che hanno vissuto situazioni di abusi, o altre condizioni familiari pericolose;

- che autorizzano l’intervento della forza pubblica per gli incontri, anche in forma protetta, tra i minori e i familiari;

- che autorizzano il minore a rientrare in famiglia.

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