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Cancella, evidenzia e chiediti se sono felice

Tra pochi giorni sarà la Giornata Internazionale della Felicità, un’occasione per ricordarci che non esiste felicità senza condivisione, perdono e gratitudine
Credit: Snapwire 
Tempo di lettura 4 min lettura
16 marzo 2024 Aggiornato alle 06:30

Jayme Illien nasce in un giorno, forse di settembre, del 1980, da qualche parte forse nel nordest dell’India. Della fase iniziale della sua vita non sappiamo nulla. È senza genitori, perché morti o perché lo hanno abbandonato, quando viene trovato sul ciglio di una strada di Kolkata. Si tratta della Calcutta degli slum e delle baraccopoli - degli anni e dei luoghi - descritti nel celebre romanzo di Dominique Lapierre, dove tra miseria e sfide per la sopravvivenza, i protagonisti cercano di capire perché un posto come quello fosse chiamato, apparentemente in modo assurdo, La Città della gioia (nome che dà il titolo al romanzo) e cosa portava chi abitava in quei luoghi, pur avendo pochissimo, a ringraziare Dio per quel poco e a vivere con serenità la loro vita. Lapierre fu così colpito da quel contesto da volerlo far conoscere al mondo con il suo libro e destinò la metà dei guadagni a progetti di sviluppo in quella città.

Ma torniamo a Jayme. A trovarlo sono alcune suore missionarie della carità di Madre Teresa, che lo portano in un orfanotrofio, da dove, un po’ di tempo dopo, viene adottato da un’infermiera single americana di 45 anni Anna Belle Illien. Con lei vive negli Usa, dove grazie al sostegno di alcune borse di studio si laurea in Economia. La madre adottiva fonda la Illien Adoptions International, un’agenzia no profit che si occupa di adozioni internazionali. Jayme cresce viaggiando con la madre e poi da solo, visitando e lavorando in molti orfanotrofi di tutto il mondo.

Una volta adulto, Jayme Illien diventa consigliere speciale all’Organizzazione per le Nazioni Unite, dove si batte per un suo grande sogno, riuscire a istituire una giornata nella quale, in tutto il mondo, si rifletta, si parli e si agisca per diffondere e promuovere la felicità di ciascuna e ciascuno di noi.

Ci riesce! Il 28 giugno del 2012, i 193 paesi dell’Onu, riuniti nell’assemblea generale, approvano all’unanimità la risoluzione A/RES/66/281che stabilisce: “[…]la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità,” e per questo serve “[…] un approccio più inclusivo, equo e equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone” e fissa il giorno 20 marzo la Giornata Internazionale della Felicità.

Tra pochi giorni, sarà la dodicesima edizione. I giornali saranno invasi dalla solita classifica dei Paesi più felici del mondo, dei lavori più felici e delle caratteristiche della felicità.

Jayme, Anna Belle, Lapierre, i protagonisti del suo racconto (che lui dice siano esistiti realmente), Madre Teresa di Calcutta e le suore missionarie, hanno tutte e tutti una cosa in comune: non pensano che la felicità sia solo una questione individuale. La trovano nel dare all’altro, anche quando si è ricevuto pochissimo.

Moltissime ricerche hanno evidenziato come siano soprattutto due i superpoteri della felicità: il perdono e la gratitudine. Il perdono è il “cancellino” del nostro passato. Anche senza riconciliarci con chi ci ha fatto un torto, perdonare ci aiuta a ripensare alla nostra storia in modo diverso. Spesso la cosa più difficile del perdono è rivolgerlo a noi stessi e “perdonarci”. L’evidenziatore è invece la gratitudine. Le persone capaci di essere grate per quello che hanno sono sempre le più felici.

Non si può fare nulla per il passato. Si può solo voltare pagina e andare avanti. È difficile, in alcuni casi difficilissimo, ma non c’è altra strada. Da soli o con il supporto della psicoterapia, degli amici o della fede, ma l’importante è riuscire a farlo: perdonare ed essere grati. Cancella e evidenzia, nei punti giusti, la tua storia.

Gli ingredienti della felicità sono questi: riscrivere in questo modo la propria storia e dare più che ricevere, concentrarci sulla felicità altrui. Uno dei segreti non è chiedersi se si è felici, ma cosa si può fare per l’altrui felicità. Ho invece la sensazione che la Giornata Internazionale della Felicità sia il festival dell’egoismo e della felicità individuale, un - evidente - ossimoro.

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