Ambiente

Spray ecologico per impronte digitali e… piccole grandi idee per il Pianeta

Non solo raccolta differenziata e prodotti biodegradabili. Se vuoi prenderti cura della Terra in modo geniale e green, ecco la rubrica che fa per te
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11 marzo 2024 Aggiornato alle 14:00

Tra gli slogan più ricorrenti delle manifestazioni per il cambiamento climatico e contro l’inquinamento ambientale, ricordiamo tuttə il famoso “There is no planet B”. Già, non esiste un Pianeta B, ma un piano B c’è. Anzi, più di uno.

Ogni giorno c’è qualcunə che ne sa una più del diavolo e lancia idee geniali e invenzioni eccezionali ed ecosostenibili.

Come? Dando una nuova vita a oggetti quotidiani che regolarmente gettiamo senza riflettere sulle possibilità di riutilizzo, o ingegnandosi per trasformare il banale in straordinario.

Se ti sei chiestə almeno una volta cosa puoi fare per salvare il Pianeta, ma le risposte che hai trovato erano sempre le solite e banali raccomandazioni che segui già da una vita, allora questa è la rubrica che fa per te. Abbiamo raccolto le migliori invenzioni che possono aiutare la Terra che abitiamo. Tu sei dei nostri?

Spray ecologico per impronte digitali

Gli scienziati della Shanghai Normal University (Cina) e della University of Bath (Regno Unito) hanno sviluppato uno spray sostenibile per rilevare le impronte digitali sulle scene del crimine.

Lo spray è fluorescente, solubile in acqua e non tossico, a differenza degli altri prodotti tradizionali utilizzati nelle pratiche forensi, come le polveri tossiche che possono danneggiare le prove del Dna, oppure i solventi petrolchimici rischiosi per l’ambiente.

Per creare l’innovativo spray sostenibile i ricercatori hanno utilizzato due coloranti - giallo e rosso - che emettono un bagliore fluorescente che può essere visto sotto la luce blu e che si basano su una proteina presente nelle meduse, chiamata green fluorescent protein (Gfp), ampiamente utilizzata dai ricercatori per visualizzare i processi biologici. Questo significa che i coloranti sono biologicamente compatibili e non interferiscono con la successiva analisi del Dna delle impronte.

Il professor Tony James, del Dipartimento di Chimica dell’University of Bath (Regno Unito), spiega che «questo sistema è più sicuro, più sostenibile e funziona più rapidamente delle tecnologie esistenti e può essere utilizzato anche su impronte digitali vecchie di una settimana».

Tintura jeans sostenibile

I ricercatori della Technical University of Denmark hanno scoperto un nuovo metodo sostenibile per la tintura dei tessuti che potrebbe rendere i blu jeans più “green”, riducendone l’impatto ambientale fino al 92% ed evitando l’utilizzo di sostanze chimiche dannose da parte dei lavoratori addetti.

La produzione dei classici jeans, infatti, attualmente sfrutta su un colorante di origine vegetale chiamato indaco, l’unico attualmente conosciuto in grado di fornire il giusto colore blu.

L’uso dell’indaco, però, genera significative emissioni di CO2 e coinvolge grandi quantità di sostanze chimiche tossiche, che inquinano l’ambiente e mettono a rischio la salute dei lavoratori.

I ricercatori ora hanno scovato un’alternativa più ecologica: l’indacano.

L’ indacano è un precursore incolore dell’indaco che non necessita di prodotti chimici aggressivi e può essere convertito in indaco direttamente sul filato.

Per poter produrre indacano su scala industriale, gli autori dello studio hanno progettato in laboratorio una variante migliorata di un enzima chiamato indoxil glicosiltransferasi, presente nella pianta Polygonum tinctorium, in grado di produrre il colore in modo economico su scala industriale.

I ricercatori, inoltre, hanno sperimentato processi di tintura economicamente fattibili e a basso impatto per convertire l’indican in indaco e tingere il denim: tra questi, un approccio utilizza gli enzimi e un altro è guidato dalla luce.

In quest’ultimo caso, è stato dimostrato che varie fonti di luce aiutano a tingere il denim in soluzione con il tessuto, tra cui Led ad alta efficienza energetica, luce naturale e persino una lampadina domestica. La tintura guidata dalla luce può potenzialmente ridurre l’impatto ambientale della tintura del jeans del 73%, rispetto a una riduzione del 92% con quella enzimatica.

L’utilizzo di questa alternativa sostenibile potrebbe consentire di diminuire la produzione di rifiuti tossici e le emissioni annuali di CO2 di 3.500.000 tonnellate, dal momento che ogni anno arrivano sul mercato circa 4 miliardi di paia di jeans.

L’oro dai Raee

Raffaele Mezzenga, professore dell’ETH Zurich, impegnato nella ricerca di tecniche per il recupero di metalli preziosi dai rifiuti elettronici, ha testato con successo un metodo innovativo per estrarre oro dai rifiuti elettronici utilizzando…il formaggio svizzero.

I metodi tradizionali di recupero delle risorse preziose nascoste nei prodotti elettronici, come smartphone e computer, sono energivori e utilizzano sostanze chimiche tossiche.

Il team di Mezzenga ha invece creato una spugna organica a partire da una matrice proteica, ottenuta denaturando proteine del siero di latte, un comune residuo del processo di produzione del formaggio.

In particolare, le proteine del siero vengono trasformate in un gel che, una volta essiccato, forma una spugna fatta di fibrille proteiche agisce come un magnete per gli ioni metallici, in particolare per l’oro.

Durante un esperimento i ricercatori hanno recuperato schede madri elettroniche da 20 vecchi computer e hanno fuso le parti metalliche, realizzando una soluzione ionizzata dove poter immergere le spugne per attrarre e catturare gli ioni d’oro in modo efficiente.

Durante l’esperimento, gli ioni d’oro si sono legati alle fibre proteiche e, quando riscaldati, sono stati ridotti in scaglie. Queste ultime sono poi state fuse per ottenere una pepita d’oro da 450 milligrammi, composta dal 91% di oro e dal 9% di rame (pari a 22 carati). La tecnologia si è dimostrata quindi economicamente valida, con costi di approvvigionamento ed energetici 50 volte inferiori al valore dell’oro recuperato.

Gli scienziati stanno ora cercando modi per affinare il processo e renderlo commercializzabile oltre a testare altri sottoprodotti proteici per valutare eventuali migliori prestazioni nel recupero dell’oro.

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