Ambiente

Guuud Niuuuz: arrivano le bioplastiche dalle piante invasive (e altre cose belle)

Ogni settimana, 4 buone notizie green dal mondo che forse non conoscevi: per essere più “eco” e meno “ego”
Credit: Unsplash

Oggi la crisi climatica-ambientale è una delle più gravi minacce e da tempo le istituzioni scientifiche e le organizzazioni ambientaliste lanciano allarmi sulle condizioni degli ecosistemi globali.

L‘aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, l’inquinamento chimico e la perdita di biodiversità presentano dati e trend in peggioramento.

Esistono, tuttavia, anche progetti, piani di mitigazione e notizie positive che spesso passano in secondo piano. Se vuoi scoprire le belle notizie d’ambiente (dall’Italia e dal mondo), questa è la rubrica che fa per te.

La nuova bioplastica da una pianta invasiva

Un’importante scoperta è emersa grazie al lavoro di un gruppo di ricerca della University of California, che ha individuato una tecnica per ricavare bioplastiche dal giacinto d’acqua (pontederia crassipes), una pianta galleggiante che infesta i fiumi.

Originaria del Sud America, la pianta infestante si è diffusa in diverse parti del mondo causando danni agli ecosistemi. Ma con i nuovi strumenti scientifici il team californiano sarà in grado di usare il giacinto per assorbire e scomporre gli inquinanti delle acque reflue, riconvertendo successivamente la biomassa in bioplastica e fertilizzanti.

«Volevamo affrontare due problemi ambientali – l’eccessivo inquinamento da nutrienti e i rifiuti di plastica – con un’unica soluzione circolare. E abbiamo scoperto che le bioplastiche risultanti dal giacinto d’acqua hanno prestazioni paragonabili alle plastiche petrolchimiche standard in termini di flessibilità, durata e resistenza», ha dichiarato il dottor Zhiwei Hu.

Avvistato in Africa un uccello scomparso da 20 anni

Il raro uccello prionops alberti è stato avvistato in Africa, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dopo che era stato considerato scomparso per quasi 20 anni.

La riscoperta è stata effettuata da un team della University of Texas El Paso, che ha compiuto un’escursione scientifica di sei settimane nel massiccio dell’Itombwe, studiando l’ecosistema lungo il percorso.

Durante l’esplorazione il team si è imbattuto in circa 18 di questi volatili, riuniti in gruppi nello strato intermedio della vegetazione. «È stata un’esperienza strabiliante incontrare questi uccelli. Sapevamo che potevano esserci, ma non ero preparato a quanto sarebbero apparsi spettacolari e unici nella vita», ha affermato il professore e ornitologo Michael Harvey. Che ha aggiunto: «Questa è un’occasione d’oro per proteggere queste foreste tropicali, in modo da non perdere specie come l’averla prima che siano conosciute e studiate».

I tentativi di ripristino dell’habitat naturale del Nilo

Per decenni la coltivazione della canna da zucchero lungo il fiume africano del Nilo è stata una delle più fiorenti e diffuse. Ma i suoi effetti sull’ecosistema sono ormai negativi, comportando un eccessivo uso delle risorse idriche e una diminuzione della biodiversità. Per questi motivi gli agricoltori hanno avviato dei progetti per ripristinare le zone umide e salvare le specie presenti, fra cui la Tartaruga alata della Nubia (cyclanorbis elegans).

L’animale un tempo era diffuso dall’Africa occidentale all’Africa sub-sahariana e lungo il bacino del Nilo Bianco in Sudan. Ma oggi è classificato come in pericolo critico nella Lista Rossa Iucn. Per questo motivo le comunità locali stanno implementando dei progetti agroforestali al posto delle precedenti monocolture, sperando di ripristinare il vecchio ecosistema.

L’efficienza degli scuolabus elettrici in Colorado

In una delle cittadine più fredde degli Stati Uniti, Kremmling (Colorado), è stato osservato che gli autobus scolastici elettrici riescono ad avere delle prestazioni superiori a quelli alimentati a diesel.

La cittadina di 1.500 abitanti aveva iniziato a utilizzarli nel 2020 grazie alle sovvenzioni statali, nonostante lo scetticismo che accompagna l’uso di questo tipo di veicolo in territori estremamente freddi. «Quello che stiamo vedendo è che gli autobus si comportano benissimo quando fa freddo e mantengono comunque la carica della batteria», ha sottolineato Casey Becker, rappresentante dell’Environmental Protection Agency (Epa).

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