Ambiente

Regolamento packaging e imballaggi: c’è l’accordo provvisorio Ue

L’obiettivo è ridurre i rifiuti causati dagli imballaggi, rendendoli più sostenibili, garantendo al contempo i più elevati standard di gestione. L’Italia a dicembre aveva votato contro
Credit: Polina Tankilevitch  

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5 marzo 2024 Aggiornato alle 18:00

Il Consiglio dell’Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un’intesa provvisoria sulla proposta di regolamento sul packaging e sui rifiuti di imballaggio (Ppwr), inclusi nuovi divieti relativi alla plastica.

Il tema è piuttosto sentito nel nostro Paese: l’Italia a dicembre aveva votato contro, mentre le aziende sono abbastanza preoccupate dalle nuove regole.

Questo regolamento mira a ridurre i rifiuti causati dagli imballaggi, rendendoli più sostenibili, garantendo al contempo i più elevati standard di gestione”, ha ricordato la presidenza belga di turno, sulla scia del trilogo - definito lungo ed estenuante - tra Commissione europea, Parlamento e Consiglio europeo.

Il primo punto stabilito nell’accordo prevede la graduale riduzione dei rifiuti da imballaggio con determinate tempistiche. Si parte con una diminuzione del 5% da raggiungere in sei anni, entro il 2030, si passa al 10% nel 2035 e infine al 15% entro il 2040, come previsto nella proposta iniziale della Commissione.

Sempre dal 2030, saranno vietati alcuni imballaggi in plastica monouso: si va dai packaging per frutta e verdura fresca non trasformata alle borse di plastica leggere - sotto i 15 micron - fino alle confezioni per cibi e bevande che vengono riempite e consumate in bar e ristoranti.

Lo stop riguarda poi le porzioni individuali - condimenti, salse, panna e zucchero - ma anche gli articoli in miniatura per i prodotti da toilette negli hotel, come i bagno-schiuma in formato mignon.

Un altro obiettivo delle nuove norme, fissato ancora entro il 2030, è il riuso di almeno il 10% degli imballaggi per bevande. Una nota del Parlamento Europeo ha specificato però che gli Stati membri potranno concedere una deroga di cinque anni a tali requisiti a determinate condizioni.

In seguito al voto negativo di dicembre all’adozione del mandato negoziale del Consiglio Ue sul regolamento degli imballaggi, unico dei 27 Stati membri a dire no, ora l’Italia sembra più orientata ad accettare il nuovo compromesso stretto dalle istituzioni europee, seppure con margini di flessibilità.

Roma in particolare sarebbe disposta ad accettare i divieti nel campo degli articoli monouso e in generale del riuso ma con una contrarietà di base nei confronti di un regolamento che, stando alle idee del governo, potrebbe implicare alti costi sociali ed economici.

È la stessa sensazione espressa da diverse aziende.

Tra le obiezioni più marcate, per esempio, spiccano le posizioni del mondo dell’ortofrutta che, in mancanza di packaging e materiali adeguati, vede davanti a sé notevoli ostacoli nelle esportazioni, nella gestione delle forniture e nella conservazione dei prodotti.

Tutto il settore europeo del caffè, inoltre, risulta sul piede di guerra perché stando alle regole proposte dall’Ue le cialde e i packaging dei loro prodotti dovrebbero diventare compostabili entro quest’anno.

Le imprese insomma chiedono più tempo per sostenere i costi di questa conversione tecnica, che tra l’altro richiederà di sostituire il parco delle macchinette per capsule. Alle difficoltà tra l’altro si aggiungono i problemi legati a una rigida normativa comunitaria sulle importazioni dei chicchi.

Nel frattempo, la posizione dell’esecutivo italiano sembra essersi solo in parte ammorbidita. Dopo l’accordo europeo Vannia Gava, Vice Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha parlato ancora in termini di difesa del sistema industriale nazionale.

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