Ambiente

Quanta plastica contiene una bottiglia d’acqua? Fino a 240.000 frammenti per litro

La quantità di microplastica ingerita e gli impatti sulla salute sono al centro dello studio Proceedings of the National Academy of Sciences, realizzato da un team di ricerca Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University
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MART PRODUCTION 

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4 marzo 2024 Aggiornato alle 08:00

L’acqua presente nelle bottiglie che consumiamo tutti i giorni è profondamente inquinata dalle microplastiche; in media un litro potrebbe contenere circa 240.000 frammenti di plastica rilevabili, con una variazione in netto aumento rispetto ai precedenti studi.

Questo è il nuovo quadro che emerge dallo studio scientifico pubblicato a gennaio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences da un team di ricerca del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University.

Le microplastiche, in rapido aumento su scala planetaria, rappresentano uno degli elementi inquinanti più pervasivi presenti sulla Terra, create dalla continua frammentazione delle materie plastiche rilasciate nell’ambiente. L’avvento delle civiltà industriale, specialmente dal dopoguerra in poi, ha contributo alla crescita esponenziale di questo tipo di inquinamento che ora rappresenta un notevole problema, non solo per gli habitat naturali e la fauna selvatica, ma anche probabilmente per la salute umana.

Di fronte a questo fenomeno il team di ricerca ha sviluppato una nuova sofisticata tecnologia in grado di rilevare la presenza delle nanoplastiche (particelle inferiori a 1 micrometro, misurate in miliardesimi di metro) negli elementi esaminati.

Questa tecnica prevede l’utilizzo simultaneo di 2 laser per far risuonare delle specifiche molecole, permettendo così di individuare le centinaia di migliaia di particelle di plastica presenti in 1 litro d’acqua.

Il 90% delle particelle esaminate erano nanoplastiche, mentre il resto erano microplastiche, con un range complessivo che va da 110.000 a 370.000 particelle: «Prima questa era una zona oscura, inesplorata. Gli studi sulla tossicità cercavano semplicemente di indovinare cosa ci fosse lì dentro. Questo esperimento apre uno squarcio in cui possiamo guardare in un mondo che prima non ci era consentito», ha sottolineato il coautore dello studio Beizhan Yan, chimico ambientale della Columbia University.

Grazie a questa importante scoperta il team di ricerca è ora intenzionato ad allargare il campo delle analisi, spostando le rilevazioni sull’acqua di rubinetto o sulla neve dell’Antartide, per individuare la portata dell’inquinamento provocato dalle nanoplastiche. Cercando anche di valutare l’impatto nocivo sulla salute umana, insieme ai gruppo di ricerca di altri centri universitari: «I risultati dello studio svelano una nuova prospettiva, consentendo una comprensione più profonda delle implicazioni della plastica, sia sull’ambiente, sia sulla salute umana», ha affermato Qixuan Chen, professore associato di Biostatistica presso Columbia Mailman School of Public Health.

In Italia il Consiglio Nazionale della Ricerche (Cnr) ha condotto anch’esso delle indagini sulle possibili conseguenze di questo inquinamento, pubblicando nel 2022 uno studio sperimentale che evidenzia la pericolosità delle materie plastiche per il corpo umano.

Grazie alle analisi svolte dal team di ricerca dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr diretto da Danilo Porro, dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr, coordinato da Daniela Gaglio, ricercatrice Cnr-Ibfm, è stato possibile valutare che “le cellule sottoposte all’esposizione cronica di particelle di polistirene mostrano simultaneamente quattro segni distintivi dell’alterazione metabolica tumorale. Lo studio aggiunge nuove importanti evidenze sull’effetto causato dall’ingestione cronica di polistirene e sulla sua potenziale azione come fattore di rischio nello sviluppo del tumore al colon”, come ricorda il comunicato del Cnr.

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