Ambiente

Come possiamo salvare l’Artico?

Alcune startup, come Arctic Reflections o Real Ice, stanno ideando dei metodi innovativi per ripristinare i ghiacci nel Polo Nord. Al momento, le loro sperimentazioni sono solo agli inizi e su scala ridotta
Credit: Brian McMahon` 

Tempo di lettura 4 min lettura
1 marzo 2024 Aggiornato alle 08:00

La crisi climatica sta cambiando rapidamente l’ecosistema del polo artico, con una rapida diminuzione dei ghiacci marini e una perdita stimata intorno al 13% per ogni decennio.

Entro il 2050 potrebbero verificarsi delle estati senza ghiaccio, anche se l’aumento della temperatura globale dovesse rimanere confinato entro + 1,5 °C.

La scomparsa dei ghiacci avrebbe un impatto enorme, non solo sugli habitat locali e sulle popolazioni indigene, ma anche sul clima terrestre e il resto del mondo essendo uno dei tipping point climatici.

Di fronte a questa minaccia alcune startup si sono attivate per trovare dei rimedi per ripristinare i ghiacci e impedire lo scioglimento definitivo della calotta artica.

Fra queste si è distinta l’olandese Arctic Reflections, che per le sue iniziative ha preso ispirazione osservando la pratica degli IJsmeester (maestri del ghiaccio) che in Olanda sono soliti inondare di acqua i campi, all’inizio dell’inverno, per formare degli strati di ghiaccio abbastanza solidi da creare una pista di pattinaggio all’aperto.

«Quando fa freddo gli IJsmeesters iniziano una corsa frenetica per far si che il proprio villaggio sia il primo a organizzare una maratona di pattinaggio sul ghiaccio. L’Artico agisce come una sorta di specchio o scudo termico per la Terra e una parte sostanziale del riscaldamento globale deriva dal fatto che la superficie terrestre diventa più scura. E così ho pensato: non esiste un modo per mantenere quella calotta glaciale un po’ più a lungo finché i livelli di CO2 non scendono e il ghiaccio diventa rigenerativo? Ho avuto questa idea ingenua: perché non pomparci sopra l’acqua?», ha dichiarato Fonger Ypma, amministratore delegato di Arctic Reflections.

Pratiche simili sono in corso di studio anche da parte dell’organizzazione Real Ice della Bangor University, che ha condotto una serie di test nella località di Iqaluktuuttiaq, in Canada, perforando il ghiaccio e recuperando l’acqua di mare in modo da portarla in superficie per farla ghiacciare con temperature prossime a -50 °C: «Al momento lo spessore del ghiaccio è di circa un metro. Ricongelando lo strato superiore, dove c’è neve, aggiungeremo 10-20 cm. Successivamente, il ghiaccio diventerà più spesso perché stiamo rimuovendo l’isolamento della neve, che limita l’ulteriore crescita», ha affermato Andrea Ceccolini, co-amministratore delegato di Real Ice.

Questo tipo di operazioni potrebbero portare anche dei benefici per le comunità locali, in quanto con il ripristino del ghiaccio marino, e quindi del precedente ecosistema, gli indigeni avranno di nuovo accesso a un’abbondante fauna, dai caribù agli alci, che sta scomparendo a causa delle alterazioni climatiche. Spesso gli abitanti di queste zone devono percorrere anche 300 km per procacciarsi il cibo e le risorse per sostenersi.

Al momento attuale le sperimentazioni sono solo all’inizio e su scala ridotta, tanto che la comunità scientifica è ancora scettica sull’eventuale successo: «In questo senso vedo un potenziale su scala più piccola, per esempio, se si vuole rafforzare gli habitat naturali per gli orsi polari e le foche, dove il ghiaccio marino in estate potrebbe sopravvivere un po’ più a lungo se prendiamo di mira fiordi o baie specifiche. Non è una soluzione, è un cerotto», ha sottolineato Hayo Hendrikse, assistente professore alla Delft University of Technology, mentre Julienne Stroeve, professoressa della University College London ha ribadito che «l’unica vera soluzione è rimuovere la CO2 dall’atmosfera o ridurre le nostre emissioni alla metà di quelle attuali».

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