Bambini

Quanto fanno male gli schermi?

La scienza parla chiaro: l’esposizione a quelli di computer, smartphone e tablet può danneggiare le capacità cognitive dei bambini
Credit: cottonbro studio
Tempo di lettura 4 min lettura
9 marzo 2024 Aggiornato alle 20:00

Telefono sì, telefono no? L’abitudine dei (neo)genitori di avvicinare i figli agli schermi in diversi momenti della giornata, per la necessità di tenerli impegnati, provare a farli smettere di piangere o per altri motivi è ormai diffusa, anzi, diffusissima. Ma cosa dice la scienza in proposito?

Recenti studi hanno associato l’impiego di dispositivi tecnologici in età precoce a varie anomalie cerebrali, come modifiche dei circuiti nervosi, alterazioni dell’elettroencefalogramma e irregolarità nelle strutture di aree cruciali responsabili di emozioni, socialità, attenzione e linguaggio.

Ovviamente consentire ai bambini di usare i device non comporta in automatico l’insorgenza di problemi emotivi o cognitivi, ma si tratta comunque di un’abitudine potenzialmente pericolosa. «L’uso di schermi nei primi anni di vita non porta necessariamente ad avere dei deficit. Certamente però rappresenta un fattore di rischio - spiega Stefano Vicari, docente all’Università Cattolica e responsabile del reparto di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’ospedale Bambin Gesù di Roma - e impedisce ai bambini di sviluppare a pieno il proprio potenziale».

Una delle ultime ricerche condotte sull’argomento, pubblicata su Jama Pediatrics, organo dell’American Medical Association, ha visto i medici della University of Pennsylvania indagare gli effetti degli schermi sui bambini di età compresa tra i 12 e i 24 mesi e i risultati parlano chiaro: chi viene esposto a pc, tablet o cellulari presenta una maggior frequenza di anomalie nel processamento delle informazioni che provengono dai 5 sensi. «Il lavoro del cervello è proprio processare gli stimoli sensoriali che arrivano dall’esterno, dando loro un senso e predisponendo una risposta appropriata - dice Vicari - Questa capacità è alla base dei meccanismi cognitivi, e una cattiva integrazione sensoriale può generare problemi di attenzione, come accade nel deficit di attenzione, oppure, in ambito relazionale, come nell’autismo».

Quest’ultimo tassello va ad aggiungersi alle conclusioni alle quali erano giunti diversi studi precedenti. Per esempio, lo scorso anno, una ricerca del Children’s Hospital Medical Center di Cincinnati ha evidenziato una relazione tra un aumento dei difetti nella struttura cerebrale delle aree connesse al linguaggio e l’utilizzo degli schermi per più di un’ora al giorno nei bambini di 3-5 anni.

Ancora, sempre nel 2023 Jama Pediatrics ha pubblicato i risultati di un lunghissimo lavoro condotto a Singapore a partire dal 2009, che ha coinvolto 437 bambini: l’esposizione agli schermi è stata misurata quando i soggetti dell’indagine avevano 1 anno e lo sviluppo cognitivo è stato tenuto sotto osservazione fino ai 9 anni. Anche in questo caso il verdetto è stato inequivocabile: l’uso di device risulta associato ad alterazioni dell’elettroencefalogramma delle regioni corticali, a loro volta collegate a disturbi delle funzioni esecutive.

Numerosissime poi sono le indagini condotte sugli effetti nelle sola sfera cognitivi: per esempio, l’anno scorso una ricerca giapponese ha messo in correlazione l’uso degli schermi in tenera età a problemi di comunicazione e socialità. Analogamente, nel 2022 alcuni studi canadesi pubblicati su Pediatrics Child Health hanno svelato una stretta relazione tra il fenomeno e la difficoltà nella memoria procedurale.

Nel complesso, come sottolinea ancora Vicari, gli studi principali si sono concentrati sulle conseguenze su linguaggio, attenzione, socialità, quoziente intellettivo e regolazione delle emozioni.

Non è però chiaro se a creare il danno sia la tecnologia in sé o la mancanza di altre attività che potrebbero essere svolte al posto dell’esposizione allo schermo. «Verosimilmente l’effetto è dovuto a un mix dei due elementi - conclude la docente - C’è un danno immediato legato al fatto che i bambini trascorrono meno tempo a giocare, saltare, disegnare, usare le mani, tutte attività che hanno un effetto positivo sul cervello in formazione; e ci sono conseguenze connesse all’uso continuativo di questi strumenti, che stimolano eccessivamente alcuni canali sensoriali, come la vista o l’udito, impedendo uno sviluppo armonico».

Leggi anche
Genitorialità
di Caterina Tarquini 6 min lettura
scuola
di Gioia Saitta 4 min lettura