Ambiente

Giacomo Zattini si unisce ai trattori in protesta

Il gesto dell’attivista di Fridays for future Italia ha alla base sia motivi personali sia precise argomentazioni sulla transizione energetica
Credit: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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8 febbraio 2024 Aggiornato alle 14:00

La “salita” dell’attivista di Fridays for future Italia Giacomo Zattini sul trattore, diventato icona delle proteste in corso in Europa e nel Belpaese, da un lato dà corpo a un’inedita unione che alcuni giornali e osservatori “vicini” alle destre potrebbero attaccare facilmente: basti pensare ai contadini tedeschi che si tengono stretto il gasolio per i loro mezzi. Dall’altra, configura semplicemente un gesto pensato e ben argomentato.

Chi è Giacomo Zattini? Ha 27 anni, è un noto attivista per la giustizia climatica e sociale, proviene dal movimento Fridays for future di Forlì, studia Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, ha un forte interesse per le questioni ambientali tanto da aver partecipato alle Cop26 e Cop27.

Prima ancora di salire simbolicamente sul trattore della protesta, il giovane ha raccontato: “Sono cresciuto in una piccola azienda agricola familiare e le proteste di questi giorni da parte degli agricoltori mi toccano da vicino. Il messaggio che la destra e le lobby dell’agro-business stanno cercando di far emergere, è che i nemici degli agricoltori siano il Green Deal e le misure di tutela ambientale dell’Unione europea. Non è così, al contrario”.

“Gli agricoltori e le agricoltrici”, ha aggiunto, “possono e devono essere i migliori alleati per la transizione ecologica a livello italiano ed europeo, ma questa deve passare per una giusta retribuzione alla base e per la modifica della Politica Agricola Comune. Vogliamo costruire una società più sana, sicura e giusta e l’apporto della buona agricoltura, quella di prossimità e rispettosa di ambiente e lavoratori, è quella che ci serve e che dobbiamo supportare!”.

Successivamente, in concomitanza con la sua salita a bordo del trattore, Zattini ha spiegato alcuni nodi della vicenda, sostenendo che al contempo gli agricoltori in protesta hanno torto e hanno ragione: “Hanno torto perché il loro settore non ha fatto abbastanza dal punto di vista ambientale e climatico. Buona parte del mondo agricolo è insostenibile per i suoli, il clima e le risorse idriche, oltre che per le aberranti condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi e dei lavoratori poco remunerati. Il mondo agricolo, con le dovute differenze, contribuisce al collasso climatico”.

“Allo stesso tempo, gli agricoltori hanno ragione perché in questi anni hanno annaspato dentro a un sistema profondamente tossico e vi hanno dato il sangue. Molti hanno dato anche la vita, per la disperazione. Costi alti e prezzi bassi, poche tutele e naturalmente la crisi climatica che li colpisce ogni anno di più. Specialmente in Italia, hotspot climatico”, ha continuato.

“Al mondo dell’ambientalismo e a ogni persona di buona volontà spetta il compito arduo di cucire un tessuto comune tra mondi che spesso si sono visti come diversi o come opposti, spesso vittime di una narrazione mediatica dalla parte delle lobby industriali. Da buon scout, se dovessi usare un nodo per congiungere questi due mondi, userei il nodo del pescatore. È un nodo semplicissimo, ma fondamentale”, ha concluso, “serve per collegare tra loro due pezzi di corda di spessori molto diversi. Conoscere i nodi e come farli, può salvare vite. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni non è che l’inizio della transizione ecologica e là fuori serviranno sempre più maestri di nodi. Ce la dobbiamo fare”.

In fondo, come La Svolta ha raccontato, la protesta italiana dei trattori è nata molto spontaneamente: centinaia e centinaia di coltivatori si sono radunati sotto il cappello di Riscatto Agricolo, un movimento che fin dall’inizio ha rivendicato di non volere tra le proprie fila né partiti politici né sigle sindacali. Intanto, nei giorni delle mobilitazioni, le organizzazioni e associazioni che dovrebbero rappresentarli sono rimaste ferme e quasi in silenzio, come a non voler disturbare il governo.

Dunque, se si valutano le ragioni di queste manifestazioni e se si guarda in particolare alle tematiche ambientali in gioco, si può arrivare tranquillamente alla conclusione che non sia poi così strano vedere un giovane attivista, per di più cresciuto in campagna - e già in prima linea per l’alluvione in Emilia Romagna, a esempio -, scendere in strada per dire la propria e per cercare soluzioni. Anzi, probabilmente dovrebbe andare sempre così.

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