Ambiente

Pesticidi, emissioni e politiche agricole: in Europa è “ritorno al passato” in vista del voto

Concessioni e ridimensionamenti delle politiche verdi e del Green Deal sono state pensate dall’Ue in parte per accontentare gli agricoltori, in parte con un chiaro obiettivo di consenso elettorale
Credit: SOPA Images via ZUMA Wire   

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8 febbraio 2024 Aggiornato alle 08:00

Ritorno al passato. Nei giorni in cui l’Europa fissa i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 90% nel 2040, in pratica il 90% in meno rispetto ai livelli del 1990, contemporaneamente stanno avvenendo due grossi passi indietro, se la si guarda dal punto di vista dell’impatto ambientale e di emissioni, nel comparto che forse più profondamente incide sulle sfide future dell’Unione, l’agricoltura.

Non è un fatto da poco: l’Europa del Green Deal e della Nature Restoration Law, partita che è in parte ancora aperta, questo giugno va al voto, il che significa che se dovesse subentrare un esecutivo di opposizione rispetto all’attuale composizione guidata da Ursula von der Leyen, gli ostacoli alle riforme verdi potrebbero essere ben più grandi di quelli incontrati finora sul complesso cammino della transizione energetica.

Con le proteste dei trattori delle ultime settimane, il voto di giugno per il Ppe e i partiti alla guida è diventato sempre più in bilico e la paura di aprire la strada all’avanzata delle destre europee ha fatto optare per una serie di concessioni, e ridimensionamenti nel tentativo di riguadagnare consensi.

Prima, dopo i cortei di Bruxelles e Parigi degli agricoltori, la deroga sulla Pac (Politica agricola comune) sugli obblighi di messa a riposo dei terreni, poi il ritiro del progetto di legge che tentava di dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030 rispetto al periodo 2015-2017.

Quest’ultimo è stato un passo indietro necessario secondo Ursula von der Leyen perché “purtroppo la legge è diventata un simbolo di polarizzazione. Abbiamo deciso di puntare sul dialogo. Cercheremo di mettere a punto una nuova proposta con la partecipazione delle parti in causa”.

Per Pascal Canfin, presidente della commissione ambiente del Parlamento europeo ed esponente del gruppo liberale Renew Europe, questo dietrofront è invece “un errore e un’occasione mancata”.

Non solo, davanti alle proteste dei trattori viene risparmiato in larga parte anche l’impatto del settore agricolo (che vale almeno il 12% delle emissioni Ue) nei piani di obiettivi climatici al 2040, la famosa riduzione del 90% di emissioni di gas serra.

Una sorta di ridimensionamento legato anche al fatto che per via della protesta degli agricoltori, arrivata perfino al Festival di Sanremo, molti governi (tra cui quello italiano) chiedono una pausa nelle varie regolamentazioni del Green Deal e della transizione verde.

Per il Wwf “il primo obiettivo dei nuovi attacchi al Green Deal europeo è stata la Legge sulla natura dell’Ue, sottoposta a campagne di disinformazione, notizie false sull’insicurezza alimentare in Europa o sulla demolizione di villaggi e sulla rimozione di Babbo Natale senza casa. Mentre la legge è sopravvissuta, altre iniziative, come la promessa legge europea sui sistemi alimentari, non sono riuscite a farlo. Tali tattiche populiste e fuorvianti non sono quasi mai state viste prima nella bolla dell’Ue, e ci hanno dato un primo assaggio di ciò che potremmo aspettarci mentre i partiti stanno entrando in una vera e propria campagna elettorale nel 2024”.

Il problema è che mentre quest’anno diventa terreno di intense battaglie politiche in vista del voto, il terreno vero, quello secco dalla Sicilia alla Catalogna, oppure quello inondato della California, non attende.

Gennaio 2024 sarà molto probabilmente il gennaio più caldo di sempre e la crisi del clima, ovunque, sta nuovamente mandando segnali preoccupanti per il futuro. Segnali che in parte, nella visione del Green Deal europeo, potevano essere affrontati andando proprio a lavorare sul ripristino della natura e della biodiversità, su una maggiore attenzione al biologico, su sostegni alle realtà medio piccole che lavorano la terra: con le ultime mosse però l’Europa sembra preferire un appoggio di consenso alle grandi proteste europee senza tenere più la barra dritta sull’approccio più naturale che era stato programmato.

Sui pesticidi, per esempio, secondo i Verdi europei a vincere più che la terra saranno ancora le grandi multinazionali che producono glifosato e altri prodotti chimici: “I piccoli agricoltori lamentano un sistema che li mette nell’angolo e Von der Leyen che fa? Risponde dando potere alle multinazionali dell’agrochimica”, chiosa Philippe Lamberts, il capogruppo dei Verdi europei, commentando i passi indietro dell’Europa sulle politiche verdi.

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