Culture

I “Racconti disumani” di Gassmann fanno male come la verità

Anche per chi non ama il teatro, consiglio un salto nel buio: lo spettacolo dedicato alle nostre solitudini e ai nostri confini in cui Giorgio Pasotti è immenso
Giorgio Pasotti in "Racconti disumani"
Giorgio Pasotti in "Racconti disumani"
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
5 febbraio 2024 Aggiornato alle 13:45

Proprio questa settimana la copertina dell’Economist mostra un’emoticon triste e solitaria, in affogo sotto il peso di una ragazza che ci siede sopra, a mo’ di galleggiante sperduto, in mezzo al mare. È un po’ come dire “il re è nudo”: le cose tecnologiche che avrebbero dovuto unirci oggi ci dividono. Le cose che avrebbero dovuto aiutarci a superare la solitudine per far rete con gli altri ci rendono isole, in preda, peraltro, a sempre maggiori pericoli. Per noi e soprattutto per i piccoli.

Ecco, proprio questa settimana in cui il titolo è The end of the social network ho assistito allo spettacolo teatrale di cui Alessandro Gassmann ha curato la regia: Racconti disumani. Attore unico e principale è un Giorgio Pasotti - inedito rispetto a come lo conosciamo - che ci mette in tremenda connessione con la nostra solitudine. Che recitando un animale, ci butta addosso il concetto di perimetri personali e sociali. Ci chiude con sé, nella sua personale gabbia. E ci fa male. Non è uno spettacolo nuovo, è stato inaugurato più di un anno fa, e tuttavia è ancora in giro per l’Italia, e un motivo c’è. Anzi, più d’uno.

La copertina dell’Economist “The end of the social network”
La copertina dell’Economist “The end of the social network”

Osservare Pasotti nel ruolo di scimmia in “Una relazione per un’Accademiadi Franz Kafka è struggente. Perché laddove finisce l’empatia per l’animale catturato nella foresta comincia l’empatia con la scimmia che, per sfuggire al sicuro destino di schiava giullare in un circo, o in uno zoo, si trasforma. Diventa essere umano, appunto. Si mette in relazione con i carnefici semplicemente per salvarsi. E poi si richiude, a gomitolo, dentro un dolore indicibile. E ne beve.

E sia nel ruolo di scimmia, catturata, seviziata, snaturata, sia nel ruolo di uomo buffo, imperfetto, mostruoso, quest’animale si rifugia nell’unico destino che può accoglierlo: la solitudine anche quando è al centro di un circo. La solitudine di chi non si svela e si deprezza. Noi esseri umani possiamo essere davvero molto cattivi, e crudeli, e il Pasotti uomo-scimmia che beve per uniformarsi ai vizi e ai costumi dei suoi persecutori ti uccide. E poi ti fa pensare al motivo, per il quale ti uccide.

Io ci ho pensato, almeno, e mi sono risposta che spesso, nel voler stare all’interno di un contesto si abbandona la propria natura per abbracciarne un’altra. È una scommessa che può essere positiva, che può aiutare a crescere. Ma può essere una scommessa deleteria, se stressata oltre il limite del lecito. Andare oltre quella linea che la natura ci ha disegnato (non solo di esseri umani, ma di persone una diversa dall’altra) ci porta a entrare in un universo pericoloso per noi e per gli altri. Diventiamo goffi e ridicoli per compiacere. Diventiamo orfani, come se non avessimo una famiglia a cui tornare. Diventiamo persi, come chi si è spinto troppo oltre e non può fare marcia indietro.

Per questo la seconda parte del racconto di Pasotti e Gassmann si aggancia bene con il primo. Perché il racconto - “La tana” - ci porta a esplorare chi non riesce, non può, non ambisce a uscire da sé stesso per il terrore degli altri. A chi per paura dell’incontro non esce mai da sé stesso. Un’altra, diversa, solitudine.

Il disagio della relazione con gli altri accompagna 70 minuti intensissimi di teatro, in cui l’unica tecnologia che si frappone tra pubblico e attore è un’ambientazione proiettata ad altissima definizione che incornicia gli accadimenti quando deve accadere. Le musiche poi fanno il resto: sono strepitose e rendono l’esperienza di assistere a Racconti disumani particolarmente toccante, viscerale.

Mi piacerebbe intervistare Gassmann per capire se questo lavoro ha a che fare con il suo impegno per la sostenibilità, e l’ambiente. Perché secondo me sì, molto. Oltre che alla copertina dell’Economist, che cento anni dopo i racconti kafkiani ci restituisce la necessità di riprendere il contatto con noi stessi, esseri diventati - quasi - disumani.

Per vedere le prossime tappe dello spettacolo, consulta qui.

Leggi anche
Alessandro Gassmann
personaggi
di Antonella Matranga 3 min lettura
Annalisa Corrado e Alessandro Gassman
eroi
di Annalisa Corrado 4 min lettura