Culture

Te l’avevo detto: il cambiamento climatico secondo Ginevra Elkann

Presentato in anteprima durante la 18° Festa del Cinema di Roma, arriva nelle sale italiane un film corale dalle forti tinte ambientali
Tempo di lettura 4 min lettura
11 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

Ginevra Elkann, dopo il lungometraggio d’esordio dai toni familiari Magari, è tornata dietro alla macchina da presa per girare Te l’avevo detto.

Protagonista della storia è un gruppo variegato di personaggi che si muove in una Roma assolata e terribilmente afosa: nel periodo invernale che precede il Natale, un’anomala (o forse non così tanto) ondata di caldo ha invaso la capitale, impattando sulle vite quotidiane dei suoi cittadini. Nel corso della narrazione seguiamo le vicende di Gianna (Valeria Bruni Tedeschi), una donna che fatica a superare il lutto per la morte del marito e che si ritrova ad avere un complicato rapporto sia con la figlia Mila (Sofia Panizzi), che con un’amica di vecchia data, la famosa pornostar Pupa (Valeria Golino).

A queste si intrecciano quelle di altre due famiglie non proprio perfette, una composta da Caterina, una madre alcolizzata (Alba Rohrwacher) e suo figlio, l’altra da due fratelli (Danny Houston e Greta Scacchi) che devono riappacificarsi in seguito alla perdita della madre.

Elkann, pur essendo alle prese con la sua opera seconda, non è estranea al genere del dramma intimista e familiare e riporta a galla molti dei temi che aveva già affrontato in modo approfondito nel suo film d’esordio. Stavolta però ha deciso di aggiungere alla rappresentazione di atipici ambienti familiari anche un potente avvertimento che risuona nello spettatore per tutta la durata del film e oltre: attenzione le pericolose conseguenze del cambiamento climatico.

A fare da sfondo a tutte le peripezie dei protagonisti troviamo infatti un clima asfissiante e, man a mano che la storia si sviluppa, questo diventa sempre più ingombrante e “tangibile”. Il caldo anomalo che ha invaso Roma si tramuta in un vero e proprio “personaggio tra i personaggi” e la regista si serve di alcuni interessanti espedienti per trasmettere questa sensazione anche al pubblico in sala.

Le prime avvisaglie di caldo arrivano per mezzo della radio. Mentre Gianna sta cucinando e ordinando la cucina, un annuncio a cui non viene neanche data troppa importanza - del resto, il tono stesso della conduttrice radiofonica è leggero e scherzoso - parla di un «Babbo Natale che arriverà in camicia hawaiana» e non accompagnato dalle sue solite renne.

L’avvertimento trasmesso via radio ritorna poi una seconda volta, ancora quasi come un rumore di sottofondo. Siamo in casa di Caterina, che si è addormentata sul tavolo mentre sta finendo di lavorare a un progetto. La radio parla, adesso con toni molto più seri, ma non viene ascoltata e il sonno della donna corrisponde al sonno della ragione di una popolazione intera - quella mondiale - che si assopisce di fronte agli evidenti e concreti cambiamenti di clima.

La terza volta che arriva questo avvertimento, lo ascoltiamo insieme a Max, figlio di Caterina nonché il più piccolo di tutti i personaggi in scena: nonostante si trovi alla sua festa di compleanno prende la radio per ascoltare meglio il bollettino meteo. Il tono della radio non è più scherzoso e neanche serio, è allarmato e preoccupato e mentre gli adulti bevono e festeggiano, indifferenti alle notizie che vengono trasmesse, sono proprio le generazioni più giovani a prestare attenzione al mondo là fuori.

Già Paolo Virzì, con il suo Siccità, aveva ambientato una storia corale in una Roma apocalittica, in cui il Tevere si era completamente prosciugato e l’acqua ormai veniva razionata e centellinata. Elkann, il cui film è accomunato a quello di Virzì dall’ambientazione romana, non impiega particolari effetti speciali per trasmettere l’idea di un caldo afoso che rende l’aria irrespirabile; ma con un semplice accorgimento, quello di aumentare la grana sulla pellicola man a mano che il caldo avanza, rende questa anomala ondata qualcosa di più di una sensazione. Una foschia sempre più fitta e densa si frappone tra lo spettatore e i personaggi sullo schermo fino a trasformarsi in un vero e proprio filtro che, anche chiudendo gli occhi o voltandosi dall’altra parte, non possiamo più ignorare.

Leggi anche
The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo (2004)
Film e cambiamento climatico
di Costanza Giannelli 3 min lettura
Cambiamento climatico
di Lucia Antista 7 min lettura