Bambini

“Un Pizzico di economia”: l’educazione finanziaria a misura di bambino

Luciano Canova ha raccontato a La Svolta com’è nata l’idea di scrivere un libro (insieme a Giovanna Paladino) per spiegare ai più piccoli il valore del denaro, ma anche della sostenibilità. Tra una ricetta e un’altra
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30 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:00

Dal 6 febbraio sarà disponibile il libro Un Pizzico di Economia (Mondadori Electa, 144 pagine, 16,90 euro), scritto da Luciano Canova, economista e divulgatore, e Giovanna Paladino, economista, direttrice e curatrice del Museo del Risparmio.

Il volume è focalizzato sul tema dell’educazione finanziaria attraverso la cucina, con un linguaggio molto semplice proprio perché rivolto a un pubblico giovane.

Il libro racconta la storia di Sale e Pepe, un ragazzo e una ragazza in età pre-adolescenziale, che scoprono come molti concetti base dell’economia e della sostenibilità sono ricorrenti anche nel mondo della cucina.

In ogni capitolo sono riportate le ricette degli chef Davide Caranchini e Barbara Girardi (fondatrice di Scrittori in Pentola, il progetto che coniuga letteratura e cucina).

La Svolta ha parlato di Un Pizzico di Economia e dei suoi piccoli protagonisti, Sale e Pepe, con Luciano Canova.

Il libro utilizza la cucina, il suo mondo e il suo linguaggio, per parlare di economia. Come mai avete scelto, lei e la dottoressa Paladino, proprio questa associazione?

Un paio d’anni fa, io e Giovanna (Paladino, ndr) ci siamo incontrati a Torino, con l’idea di scrivere un libro per ragazzi, e ci siamo immediatamente trovati su quella che sarebbe stata la metafora perfetta. Crediamo molto che per i più giovani, in termini di educazione economica e finanziaria, trovare un canale narrativo sia sempre utile, e la cucina si presta a raccontare (e anche un po’ sperimentare) l’economia per due ordini di motivi.

Il primo è che ci sono parallelismi importanti che ci consentono di agganciare subito il sistema economico e la cucina, come quello tra l’uso del denaro e le decisioni che prendiamo in cucina, in merito al budgeting e alla pianificazione. Esattamente come in cucina, in economia ci sono “ricette” più rischiose e che richiedono una maggiore pianificazione e attenzione per ottenere un lavoro “squisito”; e altre ricette a costo zero, utili dove c’è poco tempo per pianificare, e che hanno un basso rischio.

Il secondo motivo è che, dal momento che crediamo che l’educazione economico-finanziaria sia estremamente laboratoriale, ci piaceva l’idea di far “ripassare con le mani”, per così dire, i concetti di economia che il lettore ha avuto modo di conoscere. Ed è per questo che abbiamo chiesto la collaborazione dei due chef, stando attenti a considerare sia ricette della tradizione, popolari e molto note, che le ricette creative e sperimentali.

Cosa vi ha spinto a scrivere un libro di narrativa, educazione finanziaria e cucina?

Sia io, sia Giovanna siamo economisti; nello specifico, lei è curatrice del Museo del Risparmio di Torino che è proprio il luogo per eccellenza dedicato all’edutainment (intrattenimento educativo, ndr) e anche io da tanti anni faccio laboratori di tutti i tipi con i più piccoli, per cui siamo abituati a voler provare nuovi linguaggi per portare l’economia al pubblico più vasto. Crediamo, come molti nostri colleghi, che sia necessario parlare sempre più di economia e far capire che fa riferimento a tutte le nostre decisioni, anche a quelle quotidiane che tipicamente non le associamo. E anche qui la cucina ci viene utile, perché cosa c’è di più domestico e “casereccio”? Mangiare è una cosa naturale, a noi intrinseca, che fa parte della vita di tutti i giorni, e riuscire quindi a collegare l’economia a una cosa che facciamo tutti quotidianamente ci consente di renderci ancora più familiari a una materia che viene tipicamente vista come criptica, quando invece riguarda la nostra vita e le nostre decisioni.

In ogni capitolo ci sono ricette proposte dagli chef Davide Caranchini e Barbara Girardi. Quale ricetta, metaforicamente parlando, potrebbe rispecchiare meglio l’economia italiana?

Bella domanda! Io per primo leggevo con curiosità le ricette che arrivavano (sono stati gli chef a interpretare le ricette dalla bozza del libro). Non ne scelgo una in particolare, in quanto ho notato che sono stati sempre attenti a trovare ingredienti che fanno parte della nostra tradizione, e che portano dentro elementi della cucina genuina italiana, con uno sguardo sempre rivolto all’innovazione con ingredienti sostenibili e raffinati, con attenzione al territorio circostante e alla filiera corta.

Nel libro vengono spiegati i temi di economia finanziaria e della sostenibilità con grande semplicità. È quindi un libro adatto anche agli studenti, da proporre tra i banchi di scuola? Secondo lei può essere utile anche agli adulti?

Il pensiero che qualche insegnante più curioso o curiosa possa fare “qualcosa” con questo libro a scuola sarebbe ideale per noi, essendo stato pensato per i più giovani affinché diventi anche uno strumento di apprendimento. E anche gli adulti sono ovviamente coinvolti: le ricette sono state pensate per far lavorare in famiglia i più piccoli e i più grandi. Abbiamo pensato anche a un pubblico più grande e, sebbene il libro sia stato realizzato per i più piccoli, può essere utilizzato sicuramente anche da genitori e insegnanti, quindi in generale anche dalla fascia adulta.

Un capitolo affronta il tema dell’economia circolare, proponendo una serie di casi virtuosi. Secondo lei può diventare un’alternativa al sistema economico odierno, in un’ottica di sostenibilità?

L’economia circolare è già una realtà e l’Italia è in questo senso un Paese all’avanguardia, sebbene si possa migliorare la legislazione per rendere più semplice e veloce il riutilizzo dei rifiuti che entrano nel ciclo produttivo. Nonostante ciò, la strada è già avviata. L’economia circolare sta diventando il nuovo modo di produrre, anche nelle grandi aziende (basti pensare al dibattito che si sta portando avanti con gli smartphone, che sta spingendo le imprese verso il cosiddetto “ricondizionamento”, al recupero della componentistica). È ormai diventata un’evoluzione del sistema industriale da lineare, che concepisce il rifiuto uno scarto, a uno in cui si cerca di rendere il più efficiente possibile le fasi della produzione.

Secondo lei quale può essere la “ricetta” che l’Italia dovrebbe seguire per risollevare la propria economia?

Credo che ci sia un gran tema aritmetico legato alla demografia che va affrontato. La stagnazione dell’economia italiana è legata all’invecchiamento della popolazione (che è in parte una buona notizia, perché significa che l’aspettativa di vita cresce, ma ciò è controbilanciato da una natalità ridotta) per cui ci sono sempre più over 65 rispetto ai giovani. Non c’è una ricetta sola: se il sistema pensionistico diventa sempre più pesante in termini di spesa sociale, serve ragionare civilmente tra nuove e vecchie generazioni per capire come affrontare il tema, perché da ciò non si scappa; e se si abbassano le pensioni, occorre che si facciano investimenti in termini di informazione economico-finanziaria sulle pensioni complementari, per rendere consapevoli anche i giovani che entrano nel mercato del lavoro sul fatto che avranno bisogno di un fondo complementare da cui attingere per la pensione. E su questo si può fare tantissimo per rendere più sostenibile la spesa sociale e liberare risorse.

Poi, a mio avviso c’è il tema dell’accoglienza e, inoltre, la capacità di liberare e sfruttare risorse giovani con alta qualifica, che rende l’economia competitiva; e l’Italia ,visto che non ha una consistente risorsa demografica , deve liberare risorse sul tema competizione e innovazione. Il Paese deve, cioè, affrontare il tema della produttività, stagnante da un sacco di tempo, che consentirebbe al sistema di liberare risorse per aumentare i salari e gestire meglio la spesa sociale. E, banalmente, lavorare sul tema della produttività significa anche lavorare al livello di welfare: creare posti negli asili nido sul territorio significa liberare il tempo soprattutto della popolazione femminile per dedicarsi alla carriera; introdurre il congedo di paternità consente a chiunque di evitare di sacrificare il lavoro per accudire i neonati.

A mio avviso, prima si affrontano questi temi, meglio è, perché la demografia incombe. Questa stagnazione è aritmetica, ma non irreversibile: dobbiamo ragionare con una serie di soluzioni per seguire un sentiero di sviluppo. Abbiamo 200 miliardi di euro di Pnrr, che è a tutti gli effetti un piano di investimenti, un’occasione straordinaria anche per quegli strumenti di inclusione che, come dicevo prima, servono per liberare le risorse; ma il tema è stato al centro del dibattito all’inizio, mentre ora sembra quasi che ce ne siamo dimenticati.

Sui social lei fa divulgazione di contenuti di educazione finanziaria con un linguaggio molto comprensibile. Quali sono le motivazioni che la spingono a farlo?

Fondamentalmente, io faccio l’insegnante per un master universitario, quindi ho a che fare solitamente con un pubblico più grande, e uso un linguaggio più complesso. Però l’attività di insegnamento mi è sempre piaciuta; dallo studio (che deve essere costante per rimanere aggiornato con la letteratura) al veicolare un messaggio che sia spiegato in maniera da catturare l’attenzione di chi ti segue. E questo è diventato un pezzo del mio lavoro molto sinergico con tutto ciò che faccio, e spesso sono le domande dei miei studenti a ispirarmi a parlare di un tema; a esempio, quest’anno mi è capitato che un mio studente bravo con la AI si sia fatto dare alcuni spunti, metafore, dall’intelligenza artificiale generativa per parlare della crisi del 2008, dalla quale ho preso ispirazione per un mio video sui social. Tante volte nascono così i contenuti, dal contatto con i ragazzi, e il linguaggio è sempre volto alla sperimentazione con l’obiettivo di creare tanti canali per spiegare l’economia e rendere a noi sempre più familiari anche temi visti con più ostilità, coinvolgendo il pubblico.

Ha già avuto modo di provare le ricette che propone il libro? Se sì, quale le è piaciuta di più?

Questa è una bellissima domanda. Ancora non le ho provate, ma vorrei prepararle con mia moglie. La ricetta dei mondeghili (polpette milanesi) è quella che mi incuriosisce di più perché mi riporta ai ricordi d’infanzia, perché sebbene io non sia milanese, resta una ricetta storica della tradizione lombarda. Oltre a questa, essendo un patito dei dolci, vorrei anche provare quella dei profiteroles (la ricetta del dolce finale) che, sebbene complessa mi incuriosisce molto.

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