Diritti

Usa: i nudi deepfake potrebbero diventare un crimine federale

Un ddl vuole criminalizzare la diffusione non consensuale di immagini sessualmente esplicite di persone reali ma alterate digitalmente. Le vittime, quasi sempre donne, potrebbero citare in giudizio i responsabili
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
22 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:00

Presto negli Stati Uniti condividere immagini di nudo di persone reali alterate digitalmente potrebbe diventare un crimine federale. Il “Preventing Deepfakes of Intimate Images Act”, infatti, criminalizzerebbe la diffusione non consensuale di deepfake sessualmente espliciti, dando alle vittime la possibilità di citare in giudizio i creatori e i distributori del materiale rimanendo anonime.

Le immagini sessualmente esplicite deepfake costituiscono il 96% di tutti i deepfake e coinvolgono quasi esclusivamente donne. Sebbene le immagini siano false, il loro impatto è molto reale.

A proporre il ddl “HR 3106” (o, meglio, a riproporlo) è il deputato repubblicano Joeseph Morelle. In maggio Morelle aveva già proposto il disegno di legge, che era è stato deferito alla Commissione Giustizia della Camera, ma non è stata intrapresa alcuna ulteriore azione. Ora, lo ha sottoposto di nuovo con la co-sponsorship del Repubblicano Tom Kean, promotore dell’AI Labeling Act, che renderebbe obbligatorio “etichettare” i contenuti generati dall’intelligenza artificiale per identificarli come tali.

«Prova a immaginare l’orrore di ricevere immagini intime che somigliano esattamente a te – o a tua figlia, o a tua moglie, o a tua sorella – e non puoi dimostrare che non lo siano» ha detto Morelli. «La pornografia deepfake è sfruttamento sessuale, è abusivo e sono stupito che non sia già un crimine federale. La mia legge renderà finalmente illegale questa pratica pericolosa e riterrà i responsabili responsabili. Sono grato di avere una generazione di giovani donne come Francesca pronte a opporsi all’oppressione sistemica e a mantenere il loro potere».

Accanto a Morelli, infatti, c’era anche Francesca Mani, la studentessa 14enne della Westfield High School (una scuola superiore del New Jersey) che assieme alla madre Dorota sta lottando per la criminalizzazione della diffusione non consensuale dei nudi deepfake dopo essere stata tra le vittime della generazione e dello scambio di queste immagini all’interno della sua scuola.

«Solo perché sono un’adolescente non significa che la mia voce non sia potente», ha detto. «Restare in silenzio? Non è un’opzione. Ci viene data la voce per sfidare, per parlare contro le ingiustizie che affrontiamo. Quello che è successo a me e ai miei compagni di classe non è stato bello, e non posso assolutamente alzare le spalle e lasciarlo scivolare. Sono qui, alzandomi in piedi e gridando per il cambiamento, lottando per la legge affinché nessun altro debba sentirsi perso e impotente come mi sono sentito io il 20 ottobre. Le nostre voci sono la nostra arma segreta e le nostre parole sono come potenziamenti in Fortnite. Mia madre e io stiamo sostenendo la creazione di un mondo in cui essere al sicuro non sia solo una speranza; è una realtà per tutti».

La legge stabilisce che “chiunque […] divulghi o minacci di divulgare una rappresentazione digitale intima” o con “l’intento di molestare, infastidire, minacciare, allarmare o causare danni sostanziali alle finanze o alla reputazione dell’individuo raffigurato” o con “l’effettiva consapevolezza che, o con sconsiderata disattenzione per il fatto che, tale divulgazione o minacciata divulgazione causerà un danno fisico, emotivo, reputazionale o economico all’individuo raffigurato”, sarà “multato, detenuto per non più di 2 anni, o entrambi”, o punito con una “multa, o reclusione per non più di 10 anni, o entrambi, nel caso di una violazione in cui ci si può ragionevolmente aspettare che la creazione, riproduzione o distribuzione della rappresentazione digitale intima possa influenzare la condotta di qualsiasi procedimento amministrativo, legislativo o giudiziario o facilitare la violenza.

Non solo: “un individuo che è oggetto di una rappresentazione digitale intima che viene divulgata […] senza il consenso dell’individuo, laddove tale divulgazione sia stata effettuata da una persona che sa che, o ignora incautamente se, l’individuo non ha acconsentito a tale divulgazione, può intentare un’azione civile contro quella persona in un tribunale distrettuale appropriato degli Stati Uniti per ottenere il risarcimento come stabilito nella sottosezione”.

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