Ambiente

Aron: cresce la polemica sulle pene (mancate) per chi maltratta gli animali

Il cane è stato legato a un palo e bruciato vivo. L’autore del gesto fugge e per via del codice attuale non rischia il carcere
Credit: Ryan Phillips 

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15 gennaio 2024 Aggiornato alle 13:00

Non si placano le polemiche social legate alla morte del cane Aron, una rabbia che in molti chiedono ora di trasformare in pene più severe per chi tortura e uccide gli animali.

Alcuni giorni fa il pitbull era stato legato attorno a un palo di via delle Croci a Palermo e gli era stato dato fuoco.

Un gesto assurdo da parte di un clochard, con problemi mentali, successivamente fuggito dopo l’immediato linciaggio della folla e di persone che, in pieno centro, hanno cercato di fermare in ogni modo l’uomo.

L’autore del gesto è stato poi individuato e fermato dai carabinieri ma secondo il codice la pena prevista per il reato non consente in questi casi la custodia cautelare.

Il caso di questo cane che ha sofferto per giorni prima di spirare ha suscitato però una ondata di polemiche tale che, tra manifestazioni varie, fiori lasciati in ricordo dell’animale e cortei da parte dei palermitani sfilando fino al Comune, è cresciuto un moto di indignazione per quanto accaduto tale da spingere sempre di più affinché si inaspriscano le pene per casi del genere.

Come ha spiegato Michela Vittoria Brambilla, animalista e parlamentare di Noi moderati, oltre che prima firmataria della proposta di legge che inasprisce le condanne per chi maltratta o uccide animali (che è calendarizzata a metà febbraio), sul caso servono risposte immediate e forti.

«Confido nel buon senso dei gruppi che finora, in commissione Giustizia, hanno ostacolato l’iter del provvedimento, peraltro sottoscritto da esponenti di quasi tutti i partiti, perché cambino atteggiamento e ne consentano la rapida approvazione in vista del passaggio in aula già fissato. In appena un mese, da metà dicembre a oggi, sono già balzati al “disonore” delle cronache alcuni casi clamorosi di uccisione di animali, cinque dei quali fanno particolarmente orrore».

Nel frattempo le cronache locali ricordano che la Procura di Palermo farà comunque chiarezza sulla vicenda e potrebbe esserci, in quanto soggetto socialmente pericoloso, la libertà vigilata per l’autore del terribile gesto.

Ci si interroga inoltre su come sia possibile che sia stato affidato un cane da parte della Asp di Palermo a un uomo con problemi psichici e precedenti penali.

Mentre dall’Enpa alle altre varie associazioni di protezione animali si alzano più voci per chiedere maggiore intervento a livello di pene e responsabilità sociale per chi commette azioni del genere, a Palermo continuano anche le polemiche che avevano visto prendere di mira la giunta, con addirittura il sindaco Roberto Lagalla accusato di non avere a cuore il benessere degli animali e di “iniziative retoriche” come la costituzione di parte civile del Comune.

Su questo il primo cittadino è stato chiarissimo: «Dispiace constatare - ha detto - che, a un ignobile fatto come quello di un cane bruciato vivo, qualcuno abbia pensato di rispondere con violenza verbale e, talvolta, muovendo accuse prive di fondamento, in particolare sulle iniziative che si sarebbero dovute adottare nei confronti del soggetto che ha commesso questa vile azione, come se fossero il sindaco o l’amministrazione a poterle assumere in autonomia. Il Comune ha fatto tutto quello che era in suo potere fare e per queste ragioni, mi riservo di adire le vie legali nei confronti di chi ha rivolto offese verso il Comune e di chi, pensando di mendicare un po’ di visibilità da questa penosa vicenda, ha ritenuto, con gratuite affermazioni, di incolparmi di incuria e disattenzione verso i cittadini».

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