Diritti

Bunker Babies: la maternità surrogata ai tempi della guerra  

Ogni anno in Ucraina nascono circa 2.500 bambini nei “supermercati della fertilità”. Numerose le coppie italiane che si recano nel Paese, perché la pratica è legale ed economica. Con il conflitto, però, non c’è più sicurezza. Per le donne incinte e per i neonati
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11 marzo 2022 Aggiornato alle 11:00

“Buongiorno, tutte le donne sono al sicuro, sono da poco nati 2 bambini di coppie italiane e potrebbero nascerne altri 4 entro la fine del mese, anche se il parto è una cosa imprevista”. Il messaggio WhatsApp, in lingua italiana, arriva direttamente da un sotterraneo di Kyiv, in Ucraina, città ancora sotto l’attacco dei russi e in guerra dall’alba del 24 febbraio. A mandarlo è un dipendente di BioTexCom, una delle cliniche per la riproduzione assistita più conosciuta del Paese e meta di numerose coppie italiane che negli ultimi anni hanno deciso di recarsi in Ucraina per la maternità surrogata, perché legale ed economica – in Italia la pratica non è consentita dalla legge.

È la seconda destinazione più popolare dopo gli Stati Uniti: secondo l’Associazione di Medicina Riproduttiva ucraina, a Kyiv le cliniche accreditate sono 6 per un totale di 30 nel Paese; si stima che circa 2.000-2.500 bambini nascano ogni anno attraverso la maternità surrogata in Ucraina, e almeno 1.500 coppie che vivono in Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Australia e Francia abbiano embrioni conservati in cliniche ucraine. Proprio perché una pratica illegale in altri Paesi, le madri ucraine che per 9 mesi portano avanti una gravidanza, non possono partorire in un altro Stato dove l’utero in affitto è illegale. Anche con una guerra in corso, come sta accadendo oggi.

Fuori dai confini, non si applicherebbe più la legge ucraina. «La guerra è un fatto straordinario e non è prevedibile», sottolinea Andrea Catizone, avvocata specializzata in diritto di famiglia, della persona e dei minori, riferendosi al contratto firmato dai futuri genitori e dalla clinica. Lo conferma anche BioTexCom, incredula nel ritrovarsi in una situazione del genere come quella attuale, e che specifica di non aver mai inserito una tale clausola negli accordi.

Ma cosa succede alle madri surrogate che partoriscono in questi giorni? Tra le tante domande che la guerra in Ucraina ha portato con sé, ci sono anche quelle che riguardano la loro salute mentale e fisica. È giusto che le donne portino avanti una gravidanza in un bunker assistite da infermieri e dottori o che vadano dalle loro famiglie di origine o nelle città natali? Dopo il parto dove andranno? E se la guerra continuasse per settimane e mesi, cosa potrebbe succedere se la coppia non potesse raggiungere Kyiv e decidesse di non volere più il bambino?

Solo un giorno prima dell’invasione russa, sul profilo Facebook in inglese di BioTexCom (la clinica ha diversi account in più lingue), la clinica aveva scritto che nonostante la situazione, tutto procedeva normalmente e che non c’era nessun motivo per farsi prendere dal panico, né per gli ucraini né per gli stranieri che si trovavano nel paese. “Questo periodo è stressante per i nostri pazienti, comprendiamo perfettamente chi sospende i propri programmi fino alla fine della crisi – si legge nel post - ma siamo immensamente grati ai pazienti che sono con noi e vengono a Kyiv per le prime consultazioni, confermando i trasferimenti di embrioni e persino incoraggiando i nostri manager. Grazie per la vostra fiducia ed empatia!”

Al momento, la clinica non ha fornito dati rispetto a quante coppie siano in attesa e a quante abbiano rinunciato al programma di maternità surrogata, «sono comunque tante», ammettono. Non è chiaro se la coppia possa esprimere la volontà di revocare la scelta di avere un bambino portato in grembo da un’altra donna in un Paese dove è in corso una guerra.

Anche se, come scritto sul sito della clinica BioTexCom, i pagamenti sono divisi in 6 rate, ognuna delle quali deve essere effettuata in una certa fase del programma sottoscritto da entrambe le parti. Al momento, non sono quindi chiare le modalità di un eventuale retromarcia della coppia, di come la madre surrogata possa continuare una gravidanza e cosa potrebbe accadere al neonato dopo la nascita.

I servizi offerti da BioTexCom sono 3: da un contratto “Standard” al costo di 39.900 euro, a quello “Standard Plus” per 10.000 euro in più, e infine il contratto “Vip Surrogacy” che promette tentativi illimitati, scelta del sesso e tempo di attesa fino a 4 mesi (per i contratti più economici, l’attesa va dagli 8 ai 12 mesi). Il tutto, per 64.900 euro, con tanto di test genetico PGD, la diagnosi genetica preimpianto, per identificare eventuali anomalie genetiche (in particolare gli embrioni con corredo cromosomico normale o bilanciato evitando quindi gravi alterazioni cromosomiche alla nascita) e la possibilità di selezionare la donatrice dal database della clinica (nel contratto standard non è possibile scegliere il sesso del nascituro, in quello “standard plus” la coppia ha invece a disposizione 2 tentativi). “Tutti i contratti includono la parte medica, i pagamenti alla madre surrogata, la parte legale, il supporto, l’alloggio, il vitto, il trasporto durante tutte le visite per il programma”, scrive la clinica. Nel supermercato delle nascite, però, solo un contratto VIP viene presentato come il più sicuro.

Eppure, come anche documentato dal canale YouTube della clinica, in questi giorni le cose stanno andando diversamente anche per le famiglie “VIP”, compreso il post partum delle madri surrogate: BioTexCom afferma che quelle che vengono da città dove non ci sono al momento pericoli, possono tornare a casa, altrimenti, possono rimanere in un bunker antiaereo della clinica. Ma non nello stesso dei neonati: dopo la nascita, vengono infatti trasferiti in uno differente da quello delle madri surrogate e accuditi 24/7 da baby-sitter.

Con un giro di affari di milioni di euro, non è ancora chiaro l’impatto psicologico della situazione sulle madri surrogate, spesso spinte a prendere questa decisione da un compenso che si aggira intorno ai 10.000 euro a gravidanza, uno stipendio mensile e monitoraggi di salute costanti durante e dopo i 9 mesi di attesa. Negli anni, però, nonostante il business sia cresciuto a dismisura in Ucraina, alcune donne hanno denunciato negligenze e trattamenti diversi da quelli che venivano descritti dalla stessa BioTexCom: in alcune testimonianze, le donne hanno dichiarato di essere state obbligate a vivere con altre madri surrogate dovendo dividere il letto, di essere controllate costantemente dalla clinica per le loro abitudini quotidiane, e di rischiare di essere multate per non rispettare alcune regole. Una fabbrica di bambini che adesso sembra fare acqua da tutte le parti.

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