Diritti

Italia e Argentina: il femminismo è sotto attacco

Da Milano a Pavia compaiono volantini a difesa del patriarcato a firma del movimento Evita Perón in Rete. Oltreoceano i sostenitori del neo presidente Milei prendono di mira autrici, attiviste e giornaliste
Javier Gerardo Milei, presidente dell'Argentina dal 10 dicembre 2023
Javier Gerardo Milei, presidente dell'Argentina dal 10 dicembre 2023 Credit: EPA/Juan Ignacio Roncoroni
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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10 gennaio 2024 Aggiornato alle 13:00

Milano, Monza, Bergamo, Pavia, Ravenna, provincia di Como. 2 giorni fa sono apparsi volantini rosa incollati ai muri delle vie dello shopping, appesi vicino sedi dell’Anpi e del Partito Democratico, sulle colonne in marmo delle stazioni dei treni. Si rivolgono alle Care femministe”, e spiegano che il “violento” non sarebbe “figlio del patriarcato”, ma “paradigma della società di m***a che vi siete costruite”.

Il riferimento è allo slogan del collettivo femminista Non Una Di Meno, ispirato all’argentino Ni una di menos, che recita: “Il maschio violento non è malato è figlio sano del patriarcato”. Una frase ripresa in parte da Elena Cecchettin dopo il femminicidio di sua sorella Giulia, avvenuto l’11 novembre 2023: intervenendo a una trasmissione televisiva e riferendosi all’assassino, Filippo Turetta, la 24enne l’ha definito «un figlio sano della società patriarcale che è pregna della cultura dello stupro».

Ma il volantino non ci sta: “Se esistesse il patriarcato, ‘care’ femministe, esisterebbero famiglie sane in cui la donna sarebbe rispettata e protetta, in cui il padre sarebbe guida, esempio; in cui verrebbero insegnati valori fondamentali come il rispetto, l’onestà, la responsabilità”. E conclude: “Il femminismo, se lo conosci lo eviti”.

Dietro i manifesti che incitano a boicottare il femminismo, ci sono le militanti dell’associazione di estrema destra Evita Perón in Rete, fondata tra il 2005 e il 2006 dall’organizzazione neofascista Forza Nuova, i cui leader Roberto Fiore e Giuliano Castellino, il 20 dicembre 2023, sono stati condannati rispettivamente a 8 anni e 6 mesi e a 8 anni e 7 mesi di carcere per l’assalto alla sede della Cgil nel 2021.

La costola femminile del movimento, che si rivolge alle donne “perché tornino a rivendicare il loro diritto a essere madri del futuro della nostra società”, spiegano sul sito, è poi confluito nel 2021 nel movimento di estrema destra Rete dei Patrioti, che fonda la sua azione politica su 3 principi cardine: “militanza, estetica, formazione”. L’associazione femminile prende il nome da María Eva Duarte, politica, attivista e attrice argentina, anche moglie del Presidente dell’Argentina Juan Domingo Peròn: secondo l’associazione, che riprende i valori di epoca fascista per cui le donne erano “regine della casa” e “angeli del focolare”, sarebbe stata una donna “che ha saputo stare al suo posto di donna e moglie a fianco dell’Uomo - il marito che incarnava l’Idea”.

Già nel 2017 Evita Perón in Rete era stato contestato per aver dato vita a una colonia estiva basata su una raccolta fondi promossa per aiutare “i bambini meno fortunati ad andare in vacanza”. Nel 2023 le colonie estive Evita Perón sono giunte alla 6° edizione, ma le prime risalgono al 1997. In una recente intervista la presidente dell’associazione Desideria Raggi ha spiegato che «la priorità delle colonie è quella di restituire l’innocenza della loro età derubata dai fautori dell’ideologia gender», che non esiste in ambito accademico, ma è piuttosto di un’espressione utilizzata dai cattolici e dai conservatori per sviluppare teorie omofobe e sessiste.

Proprio dall’Argentina, Paese d’origine di Evita Perón, le femministe lanciano un grido d’aiuto: in seguito all’elezione del neo presidente di estrema destra Javier Milei, molte hanno ricevuto minacce e alcune sono state costrette a nascondersi. Tra loro, la giornalista e scrittrice Luciana Peker, che in un’intervista radiofonica ha denunciato che «oggi la libertà di espressione è a rischio e minacciata. Dobbiamo tenere conto del livello di attacchi che subiamo noi giornaliste che si occupano di questioni genere. Quello che sta succedendo è troppo grave». Peker, che ha lasciato l’Argentina per raggiungere una località sconosciuta, ha esortato a leggere le giornaliste femministe, a supportarle e sostenerle: «Dobbiamo difenderci tra di noi».

Il movimento libertario che ha sostenuto Milei mira a prendere di mira le femministe da quando, spiega il Guardian, ha iniziato a radunare seguaci nel 2018. La giornalista argentina Giselle Leclercq, che ha coperto la nascita del movimento per una società di media indipendente, ha raccontato al quotidiano britannico di aver ricevuto diverse minacce: «Hanno messo online il mio indirizzo di casa… un libertario mi ha inviato un messaggio diretto dicendo che sarebbe venuto in redazione e mi avrebbe mangiato il fegato».

Questa condotta prende di mira tante altre giornaliste e attiviste in quello che Leclercq definisce una campagna mirata promossa da una fetta di popolazione «molto arrabbiata con l’avanzamento dei diritti di genere, arrabbiata con il femminismo» e composta in gran parte da giovani maschi sottoccupati (con un’occupazione solo parziale e un compenso inferiore al normale): «I giovani uomini rispondono a Milei perché lui li rappresenta: rotto, squilibrato, con il diritto di incutere paura - ha detto al Guardian Peker dall’autoesilio - La mia paura fa quello che fa sempre con le donne, mi mette a tacere. La libertà delle donne si allontana con l’avanzare del machismo: gli uomini che fuggono dalle donne, gli uomini che Milei rappresenta, la sfera del macho».

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