Diritti

Bangladesh: chi è la controversa (neo) prima ministra Sheikh Hasina?

Leader più longeva della storia del Paese, è stata rieletta per un altro mandato. Nei suoi 15 anni di Governo, secondo le opposizioni e diverse organizzazioni internazionali, da difensora della democrazia si è trasformata in una delle sue più grandi minacce
Credit: Sheikh Hasina
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
9 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

Sheikh Hasina ce l’ha fatta per la quarta volta consecutiva: resterà in carica come prima ministra per altri cinque anni dopo che il suo partito, la Lega Popolare Bengalese (in inglese Awami League) e i suoi alleati hanno conquistato tre quarti dei seggi alle elezioni parlamentari che si sono svolte domenica 7 gennaio in Bangladesh.

Anche se i dati ufficiali della Commissione elettorale parlano di un’affluenza al 40%, i critici sostengono che le cifre siano falsate. Durante il voto, infatti, i militanti dell’opposizione hanno organizzato una manifestazione a Dacca, la capitale bengalese, in cui hanno protestato imbavagliati per simboleggiare il boicottaggio a quello che il Partito nazionalista del Bangladesh ha definito un “simulacro” di elezioni.

Hasina ha conquistato, così, il quinto mandato in totale: era il 1996 quando venne nominata prima ministra per la prima volta. Poi fu rieletta nel 2009, nel 2014 e nel 2018. La vittoria del 2024 l’ha confermata la leader più longeva del Bangladesh, un Paese a maggioranza musulmana che conta 160 milioni di abitanti, non senza polemiche: secondo l’opposizione e diverse organizzazioni internazionali, tra cui Human Rights Watch, nei 15 anni alla guida del Governo, Hasina si è trasformata da difensora della democrazia a una delle sue più grandi minacce.

Chi è Sheikh Hasina?

Nata a Tungipara, nel sud del Bangladesh, nel 1947, Sheikh Hasina è una politica bengalese. È la figlia dI Sheikh Mujibur Rahman, considerato il “padre della Nazione “, che guidò il movimento indipendentista bengalese e portò all’indipendenza del Paese dal Pakistan nel 1971. Nel 1975, quando Hasina aveva 28 anni e si trovava in Germania con la sorella, il padre venne assassinato insieme alla madre, ai 3 fratelli e al personale domestico da un gruppo di ufficiali dell’esercito come parte di un colpo di Stato militare. Questo episodio, riporta l’Associated Press, la spinse a continuare quanto cominciato dal padre: la sua ambizione principale, da lì in avanti, sarebbe stata creare la Nazione che lui immaginava.

Per anni, dopo l’assassinio, Hasina visse in esilio in India e tornò in Bangladesh per prendere le redini della Awami League. I militari al Governo la tennero fuori dai giochi per tutti gli anni ‘80, finché non venne eletta per la prima volta nel 1996. Da lì in avanti Hasina ha governato il Paese alternandosi con un’altra donna, Khaleda Zia, leader del Partito nazionalista del Bangladesh, che accusava AL di usare tattiche repressive per rimanere al potere.

Nonostante Hasina e il suo partito si siano schierati contro le dittature militari e si siano mossi per promuovere politiche a favore delle donne e delle fasce più povere della popolazione, secondo le opposizioni e anche secondo diverse organizzazioni internazionali, Hasina sarebbe diventata una delle principali minacce alla democrazia in Bangladesh. A partire dal 2001, quando Hasina perse le elezioni, e fino a quando non venne rieletta nel 2008, quel periodo venne segnato da violenze politiche, disordini e interventi militari.

I critici sostengono che il suo Governo abbia utilizzato un approccio duro per mettere a tacere il dissenso, per reprimere la libertà di stampa e la società civile. Nel 2021 un’indagine di Human Rights Watch ha documentato 86 casi di sparizioni forzate in Bangladesh, accusando le autorità (e in particolare al corpo anti-crimine Rapid Action Battalion) di esserne responsabili.

La ricerca, secondo Ferdousi Shahriar, vice capo missione presso l’ambasciata del Bangladesh a Washington, era «basata su fonti di informazione discutibili» e confondeva dei possibili «rapimenti con sparizioni forzate» architettate dal Governo. Basandosi sui dati raccolti dai gruppi per i diritti bengalesi, Human Rights Watch ha affermato che quasi 600 persone sono state fatte sparire con la forza da quando Hasina è (ri)entrata in carica nel 2009. Il Governo ha sempre negato qualsiasi responsabilità.

A ottobre e novembre del 2023 il gruppo per i diritti umani ha documentato nuove violenze contro leader e sostenitori dell’opposizione in vista delle elezioni di domenica: “quasi 10.000 attivisti sono stati arrestati dopo una manifestazione del Partito nazionalista del Bangladesh” che si è tenuta a fine ottobre, “almeno 16 persone sono state uccise, tra cui 2 agenti di polizia e più di 5.500 persone sono rimaste ferite”, ha spiegato Hrw, che ha esortato la prima ministra a “chiedere la fine immediata degli arresti politici e illegali”.

I sostenitori di Hasina, tuttavia, pongono l’accento sui progressi raggiunti durante la sua leadership: la costruzione di infrastrutture prima inesistenti nel Paese, come una rete elettrica in grado di raggiungere i villaggi più remoti, poi linee ferroviarie, autostrade, porti, il ponte più lungo del Bangladesh e la metropolitana di Dacca. Lo sviluppo di un’economia che, riporta la Bbc, ha superato la vicina India, con la Banca Mondiale che stima che più di 25 milioni di persone sono uscite dalla povertà negli ultimi 20 anni. E di un’industria dell’abbigliamento diventata una delle più competitive al mondo.

Inoltre, con Hasina ragazze e ragazzi hanno potuto ricevere lo stesso grado di istruzione, più donne si sono aggiunte alla forza lavoro del Paese e più di 1 milione di musulmani Rohingya, una minoranza etnica perseguitata nello stato del Myanmar, ha trovato rifugio in Bangladesh.

Oggi la prima ministra, che alla fine del suo nuovo mandato avrà 81 anni, è membro del Council of Women World Leaders, una rete internazionale di presidenti donne e prime ministre. Nel 2020 Forbes l’ha inserita tra le 100 donne più potenti del mondo, classificandola al 39° posto.

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