Economia

Benvenuto 2024: le nuove sfide da affrontare

Navighiamo nell’incertezza e questo non aiuta neppure l’economia. Quali sono i temi aperti? Quali le tendenze alle quali prestare attenzione?
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 4 min lettura
2 gennaio 2024 Aggiornato alle 06:30

Ecco un nuovo anno tutto da scrivere. Benvenute e benvenuti nel 2024.

Certo, non siamo di fronte a una pagina bianca: dal 2023 ereditiamo caos e incertezza nelle prospettive economiche sia nazionali che mondiali. Tra i fattori di criticità, troviamo i tassi di interesse più alti, i conflitti in varie parti del mondo e i disastri climatici che stanno diventando sempre più comuni e ai quali non possiamo rischiare di abituarci.

Le prospettive di crescita quinquennale per l’economia globale non sono delle più rosee. E la situazione macroeconomica nel 2024 rimarrà difficile e incerta.

Inflazione

Partiamo dall’inflazione. La Federal Reserve ha chiuso l’anno dandoci qualche speranza. Da un lato, mantenendo i tassi di interesse stabili, dall’altro iniziando a prospettare molteplici tagli e un progressivo ritorno alla “normalità” nel 2024. Ottimo, perché gli Stati Uniti fissano un po’ l’agenda per il resto del mondo e quando la FED abbassa i tassi, l’onda lunga pian piano arriva anche da noi.

Certo, c’è da dire che questo non è un percorso lineare e che ancora molte cose potrebbero andare storte. Senza considerare che in Europa, dove la guerra in Ucraina ha avuto un impatto più drammatico sui prezzi dell’energia, la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra rimangono un po’ più aggressive nelle loro dichiarazioni.

Occupazione

Continuiamo con il mercato del lavoro. Uno dei più accesi dibattiti degli ultimi due anni riguardava la necessità che la disoccupazione crescesse perché potesse ridursi l’inflazione. Per fortuna, non è dovuta aumentare molto, quantomeno negli Stati Uniti, dove questo è ancora uno dei periodi migliori nella storia per cercare lavoro.

Stiamo parlando di un mercato del lavoro molto diverso dal nostro, nel quale, tanto per dirne una, la percentuale di persone che lavora part-time quando preferirebbero lavorare a tempo pieno è ai minimi storici. Anche in questo caso, però, l’Europa e soprattutto l’Italia fotografano situazioni ben peggiori. Nel nostro Paese, in particolare, il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre del 2023 è al 7,6%, senza considerare che siamo l’ultima nazione in Europa per tasso di occupazione femminile.

Incertezza

Tra gli ulteriori fattori di incertezza, la politica. Le elezioni presidenziali statunitensi, che si terranno il 5 novembre 2024, rischiano di avere conseguenze imprevedibili sugli assetti di geopolitica mondiale e anche sui flussi commerciali. Avranno ripercussioni, probabilmente, anche sulle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente, che saranno affrontate diversamente dai potenziali candidati. Ovviamente, l’invasione russa in Ucraina e quella israeliana in Palestina continueranno ad avere ripercussioni anche economiche non solo sugli Stati Uniti, ma anche sui Paesi europei.

Un ulteriore elemento di incertezza che è necessario iniziare a considerare ancora di più di quanto non sia stato fatto fino a questo momento è il cambiamento climatico. Dal 1880, la temperatura della terra è aumentata in media di 0,08° gradi Celsius per decennio. Il tasso di riscaldamento dal 1981 è più del doppio più veloce: 0,18° C per decennio e, nonostante ciò, continuiamo a non cercare soluzioni realmente vincolanti, come abbiamo visto anche in occasione della Cop28.

È un tema di sopravvivenza, ma anche uno squisitamente economico: le nuove temperature stanno impattando su prodotti come l’olio o il vino, che sono anche tradizionalmente centrali nell’alimentazione e nella produzione agricola di Paesi come il nostro. Certo, è pur vero che, con questo caldo, stiamo anche iniziando a produrre mango e avocado, ma è evidente che ci sono nuovi equilibri e nuove strategie da ridisegnare.

Equilibri che dovrebbero essere importanti per giungere a una maggiore giustizia sociale rispetto a quanto non siamo stati in grado, come collettività, di fare sinora. Secondo Oxfam, infatti, l’1% più ricco della popolazione mondiale si è impossessato di quasi due terzi di tutta la nuova ricchezza creata dal 2020 per un valore complessivo di 42.000 miliardi di dollari, quasi il doppio del denaro del 99% più povero della popolazione mondiale. Negli ultimi 10 anni, l’1% più ricco ha accentrato circa la metà di tutta la nuova ricchezza.

Insomma, benvenuto 2024, arrivi con tanto lavoro da portare avanti. E a noi: rimbocchiamoci le maniche!

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