Economia

Moda: nel 2023 +3,2% di fatturato

L’incremento dello scorso anno è stato lieve se confrontato con quello del 2022 (+16,9%); tuttavia le esportazioni sono rimaste salde (+5,1%). A pesare: l’aumento dei prezzi, la mancanza di personale, l’innovazione digitale
Credit: Michael Lee
Tempo di lettura 4 min lettura
3 gennaio 2024 Aggiornato alle 08:00

Il settore tessile e della moda italiana è, ormai da moltissimi anni, un pilastro fondamentale e uno dei motori principali della nostra economia. Nel 2022 aveva, infatti, registrato un forte aumento di fatturato del 16,9% rispetto al 2021. Inoltre, il mercato del fashion italiano ha rappresentato in quello stesso anno il 5,2% del Pil nazionale.

Il 2023 è stato, invece, un anno alquanto incerto e altalenante, soprattutto negli ultimi 6 mesi. Le stime, infatti, parlano di un fatturato totale pari a 111,7 miliardi di euro, con un incremento del 3,2%, dove la crescita è stata dettata esclusivamente da un aumento delle vendite a valore, mentre si registra una contrazione dei volumi rispetto al 2022. Si è registrato, dunque, un rallentamento dovuto essenzialmente a un aumento generalizzato dei prezzi e a una riduzione della domanda.

Rimane, comunque, forte l’esportazione con un incremento delle vendite all’estero del 5,1% rispetto allo stesso periodo del 2022, per un valore di 54,5 miliardi di euro, durante i primi 8 mesi del 2023. Ma resta da vedere come si evolverà la situazione anche dal punto di vista geopolitico.

E cosa ci possiamo aspettare dal 2024? Avanza una previsione Ercole Botto Poala, presidente di Confindustria Moda, secondo cui «i volumi saranno inferiori e si inizieranno a ridurre i listini, grazie al calo del costo delle materie prime. Gestire la riduzione dei volumi è però sempre complesso, perché si ripercuote sulla marginalità. Ma sulla seconda parte dell’anno ci aspettiamo uno scenario di ripresa».

In questi 2 anni, inoltre, si è assistito ad aumenti continui di fatturato ma a cali della marginalità dettati dall’aumento dei costi di energia e materie prime e non compensati dall’aumento dei prezzi a valle, motivo per cui le associazioni del settore sperano, per il prossimo anno, in una diminuzione ulteriore dei prezzi dell’energia ai livelli precedenti alla pandemia.

Tra le incertezze per il 2024 (oltre alla situazione geopolitica) si insinua anche il fatto che il settore della moda sarà in continuo cambiamento e in continua trasformazione, soprattutto in questo momento storico in cui il digitale sta prendendo sempre più piede.

Per stare al passo, dunque, è necessario investire sulle nuove tecnologie e in particolare sull’intelligenza artificiale anche se i costi rimangono eccessivamente elevati per le piccole e medie aziende italiane.

Ma non solo: si deve porre l’attenzione anche sul cambiamento climatico e favorire una transizione ecologica: «digitalizzazione, intelligenza artificiale e sostenibilità sono le parole chiave di un cambiamento che il settore deve fare. Il capitalismo ha imposto un modello di consumo per cui si vogliono cose nuove anche prima che quelle vecchie siano consumate del tutto: il mondo della moda mette sul mercato 150-180 miliardi di capi di abbigliamento all’anno, circa 50 pezzi a testa in media all’anno. Questo modello sta andando in crisi», ha dichiarato Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia (Smi).

Nel frattempo, il settore deve fare i conti anche con un altro problema centrale: la mancanza di personale e il conseguente e profondo gap tra offerta e domanda di lavoro. Confindustria moda ha lanciato l’allarme: ogni anno servono circa 9.000 tra figure tecniche e operai specializzati nel settore a fronte di poco più di 2.000 persone formate dal sistema educativo italiano. Problema che si intreccia con la crisi demografica in atto nel nostro Paese e che costringe le aziende a guardare oltre il confine nazionale.

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