Diritti

Così accoglieremo 2 milioni di profughi dall’Ucraina

Sarà l’esodo umano più numeroso dalla Seconda Guerra Mondiale. Per gestire questo flusso inaspettato, l’Europa ha attuato una direttiva straordinaria creata nel 2001. Un corridoio di assistenza e tutela legale speciale, che permetterà agli Stati di fornire protezione immediata
Le persone che stanno scappando dall’Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa all’alba del 24 febbraio 2022 sono circa 2 milioni
Le persone che stanno scappando dall’Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa all’alba del 24 febbraio 2022 sono circa 2 milioni
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
9 marzo 2022 Aggiornato alle 19:00

Stiamo assistendo al più grande esodo umano dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per questo evento, che ha dello straordinario, l’Unione europea ha attuato una direttiva altrettanti straordinaria: i 27 Stati membri hanno deciso, all’unanimità, di fornire assistenza e protezione immediata ai profughi di guerra.

Si tratta della Direttiva sulla protezione temporanea, approvata nel 2001 dai ministri dell’Interno dell’Unione europea, dopo le guerre in Jugoslavia e Kosovo, che all’epoca contribuirono ad accrescere quel numero esorbitante di profughi e sfollati, circa 2.700.000, in fuga dai Balcani. È un documento consultabile sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, quel testo “sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi”. È stato concepito, oltre che per una necessità umanitaria e offrire protezione a chi ne ha bisogno, anche per evitare la saturazione dei sistemi di asilo degli Stati membri.

Le persone che stanno scappando dall’Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa all’alba del 24 febbraio 2022 sono circa 2 milioni, secondo i dati aggiornati dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. La stragrande maggioranza è giunta in Polonia, seguita con un largo distacco da Ungheria, Slovacchia e altri Paesi europei. La direttiva permette ai profughi di aggirare la procedura di asilo e godere di un percorso rapido e semplificato per accedere alla protezione dei Paesi Ue: il permesso di soggiorno varrà un anno, ma potrà essere prorogato per altrettanto tempo se la guerra continua a devastare la terra d’origine. Ma non solo. La direttiva consente anche l’accesso al sistema educativo, al mercato del lavoro, all’assistenza sanitaria, all’alloggio, all’assistenza professionale e all’assistenza sociale.

Questo nonostante l’Ucraina non faccia parte dell’area di Schengen “passport-free”, che garantisce la libera circolazione a oltre 400 milioni di cittadini Ue, più i cittadini non Ue che vivono nei confini dell’Unione europea o che la visitano come turisti, studenti di scambio o per motivi di lavoro. La protezione non riguarderà solo i cittadini ucraini, ma anche i loro parenti, e i residenti di lungo periodo di altre nazionalità che non possono tornare in sicurezza nei paesi d’origine.

Per quanto riguarda coloro che, come i lavoratori stagionali o gli studenti che hanno intrapreso uno scambio culturale, ovvero i residenti di breve durata, potranno comunque entrare nel territorio Ue per decidere e programmare il loro ritorno in patria, ma non godranno della protezione temporanea. Come riporta Euronews, per rendere questo processo più fluido e funzionante le compagnie ferroviarie di vari Paesi come Germania, Austria, Francia e Belgio hanno offerto biglietti gratuiti per i profughi ucraini che vogliono raggiungere altri Paesi: la protezione, tra l’altro, non deve per forza essere concessa dal primo Paese raggiunto da chi fugge, ma da qualsiasi altro dell’Ue. I controlli alla frontiera sono stati allentati per chi non ha con sé i propri documenti d’identità. La concessione dell’asilo non è automatica, ma chi beneficia del permesso temporaneo può presentare la domanda in qualsiasi momento. Saranno dunque risparmiate le procedure di asilo generalmente imposte ai migranti arrivati via mare in Italia, Grecia o Spagna negli ultimi anni.

Il nostro Paese non si è sottratto neanche stavolta all’accoglienza: i numeri delle persone giunte dall’Ucraina sono continuamente aggiornati dal ministero dell’Interno, che alle 20 del’8 marzo contava 21.095 profughi, «in prevalenza donne e minori. Le principali destinazioni rimangono Roma, Milano, Napoli e Bologna». Nel dettaglio, si tratta di 10.553 donne, 8.853 bambini e solo 1.989 uomini. Il Viminale ha invitato i prefetti a predisporre “il reperimento sul territorio, con la necessaria tempestività, degli ulteriori posti in accoglienza”, nel caso si verifichi “l’ipotesi di massicci afflussi o di particolari criticità. […] Dovranno favorire il massimo coinvolgimento degli enti locali acquisendo dai sindaci la disponibilità di strutture e soluzioni alloggiative idonee”.

L’idea è di individuare quegli immobili trasferiti ai Comuni ma non ancora utilizzati, non fatiscenti e dotati dei servizi essenziali, inclusi quelli sottratti alla criminalità organizzata. Molti dei rifugiati, per ora, si stanno appoggiando a parenti, amici e conoscenti in Italia. Nei prossimi giorni il premier Draghi dovrebbe mettere a punto un Dpcm che, secondo il quotidiano Avvenire, “disciplinerà sia la parte relativa alle procedure di richiesta del permesso di soggiorno, che quelle relative all’occupazione, all’Asl di assegnazione (e alla vaccinazione anti Covid-19, di cui è priva la gran parte dei profughi) e alle modalità d’iscrizione a scuole e università”.

Questa nuova solidarietà europea è «il cambiamento di un paradigma», ha spiegato la commissaria per gli Affari interni dell’UE Ylva Johansson, piacevolmente sorpresa dalla risposta degli Stati membri. Johansson, raggiunta dall’emittente tedesca Deutsche Welle, ha parlato di un doppio standard riguardo alle politiche migratorie. Il chiaro riferimento è a chi, come Polonia e Ungheria, durante la crisi migratoria del 2015, aveva sigillato i propri confini. E continua a farlo respingendo coloro che arrivano da Siria, Afghanistan e Iraq. Perché l’ospitalità di un popolo non dipende da chi offre rifugio, ma da chi lo chiede?

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