Ambiente

Cop28: le emissioni di CO2 cresceranno anche nel 2023

Mentre 118 Paesi si preparano a chiedere l’inserimento del phase-out nel testo finale, il Global Carbon Budget Report stima che le emissioni di gas serra aumenteranno dell’1,1% rispetto al 2022
Credit: Stanislav Kondratiev 

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5 dicembre 2023 Aggiornato alle 13:00

A Dubai, la giornata del 5 Dicembre dedicata all’energia si apre con una notizia interessante: inizia a circolare la prima bozza di quello che si presume sarà il testo finale, votato in seduta plenaria durante l’ultima giornata di Cop.

Sembrerebbe che i delegati di 200 Paesi stiano considerando la possibilità di includere una graduale eliminazione dei combustibili fossili come parte dell’accordo finale per contrastare il riscaldamento globale. Sappiamo che quella di inserire il phase-out nel linguaggio ufficiale dei testi negoziali è la questione cruciale di questa Cop, dal cui esito dipenderà il giudizio di molti sull’intera conferenza.

Per il momento, sono tre le opzioni presenti nel testo preliminare. La prima vedrebbe una “graduale e giusta eliminazione dei combustibili fossili”, un linguaggio che evoca la responsabilità storica delle nazioni più ricche e che di conseguenza prevede uno sforzo maggiore delle stesse nel taglio delle emissioni rispetto ai Paesi più poveri. La seconda opzione chiede di “accelerare gli sforzi per eliminare gradualmente i combustibili fossili unabated”, una dicitura più vaga ma che meglio si allinea alla posizione negoziale dell’Ue e della Presidenza Uae. La terza opzione, quella da scongiurare, sarebbe di evitare ogni riferimento possibile al phase-out.

Nella giornata di sabato, nonostante l’astensione di due big polluters come Cina e India (rispettivamente prima e terza per produzione di emissioni totali), 118 Paesi, tra cui Ue e Stati Uniti, hanno sottoscritto il Global Pledge per triplicare la produzione di energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica.

Nel frattempo, dal palco principale della Cop28, dalle dichiarazioni dei Ceo di importanti aziende energetiche emerge una volontà diversa.

A sottolineare le opinioni contrastanti in merito al ruolo dei combustibili fossili nel panorama energetico, le dichiarazioni di Patrick Pouyanné, Ceo di TotalEnergies, che ha affermato: «Eliminare i combustibili fossili richiederà anni; intanto, è assolutamente necessario produrre petrolio e gas in modo diverso riducendo drasticamente le emissioni. Possiamo farlo, abbiamo la tecnologia».

Ciò che troppi businessmen dell’industria fossile continuano più o meno volutamente a ignorare, è che in questo momento temporeggiare è un lusso che non possiamo permetterci.

A dircelo è il Global Carbon Budget Report, rilasciato poche ore fa, e che lancia un messaggio chiaro: nonostante gli investimenti massici in rinnovabili e innovazione tecnologica, le emissioni di CO2 stanno continuando ad aumentare.

Da questo studio, redatto da scienziati provenienti da oltre 90 istituzioni, tra cui l’University of Exeter, prevede che nel 2023 le emissioni di anidride carbonica totali derivanti da carbone, petrolio e gas aumenteranno del 1,1% rispetto al 2022.

I ricercatori del Global Carbon Project hanno annunciato i risultati questa mattina, proprio a Dubai.

Va detto che le tendenze regionali variano drasticamente: nel 2023 è infatti previsto un forte aumento delle emissioni in India (8,2%) e in Cina (4,0%), mentre si prevede una diminuzione nell’Ue (-7,4%), negli Stati Uniti (-3,0%) e nel resto del mondo (-0,4%). Un dato preoccupante riguarda anche le emissioni derivanti da voli internazionali e dal trasporto marittimo, attività che non possono essere attribuite a un singolo Paese, che quest’anno dovrebbero aumentare del 11,9%.

Allo stato attuale delle cose, il Global Carbon Budget Team stima una probabilità del 50% che il riscaldamento globale supererà i fatidici 1,5 °C nei prossimi sette anni.

«Sostenere solo le energie rinnovabili non risolverà il problema climatico», ha dichiarato Glen Peters, ricercatore senior presso il Cicero Center for International Climate Research di Oslo e uno dei 121 autori del rapporto. «È necessario avere politiche che garantiscano una diminuzione effettiva dei combustibili fossili. Non possiamo solo incrociare le dita e sperare».

Infatti, se è vero che nell’ultimo decennio le emissioni di gas provenienti dai combustibili fossili sono diminuite in 26 Paesi (tra cui Brasile, Giappone, gran parte dell’Unione europea, Sud Africa e Stati Uniti), essi rappresentano soltanto il 28% delle emissioni globali, e in ogni caso i loro sforzi di mitigazione non sono ancora abbastanza veloci per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Anche Stati Uniti e Cina, che insieme rappresentano oltre un terzo delle emissioni mondiali di gas serra, a pochi giorni dall’inizio della Cop hanno raggiunto un accordo per intensificare l’utilizzo di energia solare ed eolica. Una buona notizia se non fosse un accordo non vincolante che non specifica in nessun modo le modalità e i criteri per raggiungere tale obiettivo.

«Questi accordi congiunti sono positivi ed essenziali, ma non sufficienti. Tutti i Paesi devono decarbonizzare le loro economie più rapidamente», ha dichiarato la Dr.ssa Le Quéré. «Una delle sfide più grandi è ottenere per i Paesi in via di sviluppo il finanziamento di cui hanno bisogno per investire in energia pulita anziché affidarsi ai combustibili fossili».

Non è più ottimista Pierre Friedlingstein, climatologo presso l’Istituto dei Sistemi Globali dell’University of Exeter e lead author dello studio, che ha commentato: «Ora sembra inevitabile che supereremo l’obiettivo di 1,5 °C dell’accordo di Parigi. I leader che si incontreranno alla Cop28 dovranno concordare tagli rapidi nelle emissioni di combustibili fossili anche solo per mantenere vivo l’obiettivo di 2 °C».

Attualmente, il Pianeta è già più caldo di circa 1,2 °C rispetto ai livelli preindustriali. La scienza continua a lanciare messaggi chiari, che necessitano azioni radicali e immediate. Nonostante gli sforzi fatti, il riscaldamento prodotto dalla concentrazione dei gas climalteranti cresce di anno in anno, proiettando il mondo verso un aumento di temperatura che secondo gli scenari più probabili si aggira intorno ai +3 °C.

Una cosa è certa: più a lungo le emissioni di gas serra continuano a salire, più ardua diventa la sfida di fermarle in tempo per limitare il riscaldamento globale. Resta da capire se leader e imprenditori avranno la volontà politica di trasformare in fatti i moniti della comunità scientifica, senza nascondersi dietro interessi economici personalistici.

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