Ambiente

Cop28: cosa è stato detto alla cerimonia di apertura

L’attesa è finita: la Conferenza delle Parti di Dubai è iniziata e la Presidenza ribadisce che rinnovabili ed efficientamento energetico sono prioritari. Raggiunto un primo accordo su fondo Loss & Damage
Credit: EPA/MARTIN DIVISEK        

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30 novembre 2023 Aggiornato alle 15:00

Finalmente ci siamo. Dopo lunghe settimane di trepidante attesa e speculazioni, la 28esima edizione della Conferenza della Parti è ufficialmente iniziata.

In quella che si prospetta essere la Cop più partecipata di sempre sono previsti più di 160 capi di Stato e oltre 70.000 visitatori accreditati, una cifra senza precedenti che dimostra l’importanza del Summit che secondo gli scienziati sarà decisivo per decretare o meno il definitivo affossamento del target di 1,5 °C di aumento della temperatura media globale da qui a fine secolo.

Ad aprire le danze, la consueta cerimonia d’apertura tenutasi nelle prime ore di un caldo pomeriggio emiratino alla Plenary Al Hairat di Dubai.

A prendere la parola il Presidente della Cop28 Sultan Al Jaber, Ceo della Abu Dabi National Oil Company (Adnoc), dodicesima azienda petrolifera più inquinante del mondo.

Negli scorsi mesi, la nomina di Al Jaber è stata al centro di non poche polemiche.

Essa non solo rappresenta un conflitto di interessi - come è trapelato da un’inchiesta di Bbc News che ha rivelato l’intenzione degli Emirati di sfruttare il loro ruolo di organizzatori per concludere accordi bilaterali su petrolio e gas - ma costituisce un importante precedente: non era mai accaduto prima che la presidenza di una Cop venisse affidata a un amministratore delegato.

“Gli Emirati Arabi Uniti potranno anche essere una nazione giovane, ma hanno una grande ambizione: incoraggiare alla collaborazione con ottimismo, rispetto e impegno reciproco. Questo è il nostro Dna. E questi sono i valori che dovranno definire il Dna di Cop28”.

Ambizione, pragmatismo, flessibilità: queste le tre parole con cui si potrebbe riassumere il discorso di insediamento alla Presidenza di Al Jaber, che con forza ribadisce che il Summit di Dubai sarà un’occasione senza precedenti per accelerare le azioni climatiche da qui al 2030 in materia di mitigazione, adattamento e finanza. Chiedendo alle parti un cambio di mentalità nel loro approccio alle negoziazioni, un approccio che a suo dire dovrà essere più pratico e aperto al compromesso, il Presidente ha esortato le delegazioni ad accordarsi al più presto sull’agenda dei lavori per poi procedere tempestivamente alla stesura del testo finale che sarà presumibilmente approvato in seduta plenaria durante l’ultima giornata di negoziati.

Nel discorso di Al Jaber non poteva mancare una menzione all’energia fossile. “Dobbiamo assicurare l’inclusione dei combustibili fossili nella discussione”, ha asserito.

Ribadita la centralità assoluta della mitigazione, esemplificata dalla volontà di raggiungere un accordo che vedrebbe l’approvazione di molte delegazioni, tra cui quella dell’Unione europea, su tre punti principali: triplicare le installazioni globali di energia rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica e ottenere il phase out delle cosiddette unabated emissions, vale a dire tutte quelle emissioni climalteranti che non possono essere “abbattute” mediante tecniche di cattura e stoccaggio del carbonio.

Annunciata anche la volontà di fissare un net zero methane target, motivata dal fatto che ridurre drasticamente le emissioni di metano è fondamentale per garantire in pochi anni effetti benefici in termini di mitigazione.

Su questo, Al Jaber si è complimentato con il proprio Paese per l’impegno proattivo con cui ha saputo convincere molte compagnie Oil & Gas a fissare degli obiettivi di riduzione delle emissioni di metano entro il 2030 e a impegnarsi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Una ventata di puro ottimismo e speranza, se non fosse che il più grande responsabile delle emissioni di metano è il settore agroalimentare (più specificatamente quello degli allevamenti intensivi), volutamente esclusi da ogni discussione sul tema tale il conflitto di interessi con le lobby della carne.

Menzione speciale anche alla finanza climatica, il cui ruolo è riconosciuto come chiave per garantire il mantenimento dell’obiettivo di 1,5 °C. “Farò il possibile per sbloccare nuovi finanziamenti per far sì che i Paesi del Sud Globale non siano più costretti a scegliere tra sviluppo e azione climatica”, ha dichiarato.

Dopo un veloce accenno all’adattamento, materia su cui la Presidenza di quest’anno si impegna a rilanciare il nuovo Global Goal on Adaptation esortando i Paesi a includere considerazioni su biodiversità, foreste, e agricoltura nei propri piani nazionali, entra in scena il Loss & Damage, attenzionato speciale alla vigilia di Cop28 e già suo assoluto protagonista.

È infatti di poco fa la notizia di un primo accordo siglato dagli Stati, per rendere operativo il fondo, che ha suscitato una standing ovation da parte dei delegati. Il fondo sarà inizialmente gestito dalla Banca Mondiale, nell’esercizio di erogare fondi ai Paesi in via di sviluppo, e finanziato da nazioni industrializzate, economie emergenti e Paesi produttori di combustibili fossili, tra cui figurano anche Cina, gli Stati del Golfo e gli Emirati Arabi Uniti stessi.

Al Jaber ha concluso il suo discorso con un monito alle delegazioni nazionali: “Tenete sempre a mente che il nostro compito non è soltanto mettere delle parole su carta, ma è migliorare la vita delle persone. Di studenti, di imprenditori, delle comunità indigene. Tutti condividiamo gli stessi bisogni e desideri: aria e acqua pulita, cibo, salute, opportunità e un futuro sicuro: è chiedere troppo?”.

Dulcis in fundo, un’esortazione ai valori della fiducia reciproca e al multilateralismo: “Dobbiamo tornare a fidarci gli uni degli altri, rilanciare il multilaterismo. Usciamo da queste due settimane di negoziati e consegniamo al mondo delle buone notizie. Superiamo le nostre differenze per fare la differenza per le generazioni future”.

Un bel discorso, contorniato da grande entusiasmo e ottimismo. Sentimenti che però inevitabilmente stridono con la voce autorevole della comunità scientifica, rappresentata durante la cerimonia di apertura dai più brevi interventi di Simon Stiell, segretario dell’Unfccc, e di Jim Skea, nuovo presidente eletto dell’Ipcc, che all’unisono lanciano agli Stati un coro disperato. “Dietro ogni parola, commento e decisione che prenderete alla Cop, c’è un essere umano, una famiglia, una comunità che dipende da voi. Dal vostro lavoro dipende la vita di milioni di persone”.

Lapidarie anche le prime dichiarazioni di António Guterres, segretario generale dell’Onu, che parlando all’agenzia di stampa francese Afp prima di imbarcarsi per partecipare alla conferenza a Dubai, ha affermato: “L’obiettivo di 1,5 °C non è morto, è ancora vivo […] Abbiamo il potenziale, le tecnologie, la capacità e i fondi - perché i soldi sono disponibili, è una questione di assicurarsi che vadano nella giusta direzione. L’unica cosa che manca ancora è la volontà politica.”

Se i potenti del mondo saranno all’altezza di questo compito, questo sarà tutto da vedere.

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