Diritti

Direttiva Csdd: verso l’approvazione definitiva?

Dopo la proposta a febbraio 2022, è atteso l’ok del testo definitivo che prevede l’impegno delle aziende al rispetto degli standard europei e alla valutazione dei loro impatti su diritti umani ambiente
Credit: Jack Sloop  

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1 dicembre 2023 Aggiornato alle 08:00

Negli ultimi anni, è cresciuta sempre di più l’attenzione verso la sostenibilità ambientale e sociale, da parte sia dei privati che delle imprese.

Non stupisce allora che la Commissione europea abbia deciso di proporre la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (Csdd), ovvero la Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità.

L’obiettivo di questa proposta è, secondo quanto dichiarato dalla vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová, duplice: «in primo luogo, rispondere alle preoccupazioni dei consumatori che non vogliono acquistare prodotti realizzati con il ricorso al lavoro forzato o che distruggono l’ambiente, per esempio. In secondo luogo, sostenere le imprese fornendo certezza giuridica sui loro obblighi nel mercato unico. Questa legge proietterà i valori europei sulle catene del valore e lo farà in modo giusto e proporzionato».

Ma non solo: «con queste regole vogliamo difendere i diritti umani e guidare la transizione verde», ha sostenuto il Commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders.

Cosa prevede la direttiva?

L’istituzione di un obbligo di dovuta diligenza da parte delle imprese. Quindi identificare, porre fine, prevenire, mitigare e contabilizzare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente nelle attività dell’azienda, nelle sue filiali e nelle sue catene del valore.

Non è tutto: diventa centrale anche il tema del cambiamento climatico. Le grandi aziende, infatti, devono disporre di un piano per garantire che la loro strategia aziendale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C in linea con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Se il cambiamento climatico viene identificato come un rischio o un impatto primario dell’attività dell’impresa, le società devono includere nel piano obiettivi di riduzione delle emissioni e gli obblighi devono essere soggetti a controlli amministrativi.

Quali sono le aziende coinvolte?

La direttiva riguarda le aziende con oltre 500 dipendenti e con un fatturato netto di oltre 150 milioni di euro sia in Unione europea che al di fuori. Ma riguarda anche le aziende che operano in settori ad alto impatto, per esempio tessile, agricoltura, estrazione di minerali, con oltre 250 dipendenti e con un fatturato netto di oltre 40 milioni di euro in tutto il Mondo.

Come funziona la direttiva?

Una volta identificati e valutati gli impatti negativi delle proprie attività è necessario eliminarli, prevenirli o mitigarli.

Se necessario, le imprese devono porre rimedio ai danni provocati, anche risarcendo le vittime. Al tempo stesso, è richiesta anche un’attività costante di monitoraggio dell’attuazione dei correttivi e dei relativi risultati, oltre che un’attività di comunicazione e trasparenza sulle azioni correttive realizzate.

Fondamentale è anche la responsabilità civile: gli Stati membri devono garantire che le vittime ottengano un risarcimento per i danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi previsti dalle nuove proposte.

Dalla proposta di febbraio 2022, la situazione non è cambiata più di tanto. A giugno 2023 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva mostrandosi favorevole. Ma manca ancora un tassello: è ancora in corso, infatti, il negoziato tra Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio europeo per tentare di giungere all’approvazione del testo definitivo.

Si prevede il raggiungimento di un accordo formale entro l’inizio del 2024. Se si procederà con l’approvazione, il testo definitivo andrà in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea e 20 giorni dopo entrerà in vigore. Gli Stati membri avranno, invece, 18 mesi di tempo per attuare la direttiva.

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