Ambiente

Concessioni balneari: il “trucco” dei 3.000 chilometri di costa in più

Qualcosa non torna nei dati raccolti dal governo che ora, dopo aver ricevuto una missiva da Bruxelles relativa all’infrazione, ha pochi mesi per affrontare la questione degli stabilimenti
Credit: Jonny Clow 

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27 novembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Infrazione sì, ma forse col “trucco” c’è una scappatoia.

Come noto Bruxelles ha avvertito Roma di recente attraverso una missiva che sancisce un importante passo avanti nella procedura di infrazione nei confronti dell’Italia sulle concessioni balneari per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkenstein.

Nonostante le indicazioni dell’Europa e nonostante le tante polemiche, dagli ambientalisti sino all’opposizione, sulla rigidità del governo che difendendo le associazioni di categoria continua a proteggere i balneari senza garantire concorrenza, l’esecutivo non si è ancora ufficialmente mosso nella direzione utile a risolvere il problema.

Eppure Roma starebbe provando ad aprire un negoziato sulla base del monitoraggio chiuso a ottobre e che ha rilevato attualmente in concessione solo il 33% delle spiagge.

Dunque secondo la tesi italiana non ci sarebbe il presupposto della “scarsità” della risorsa che farebbe scattare l’applicazione della direttiva Bolkestein, con la conseguente messa a gara anche dei beni già assegnati.

Come racconta il Corriere però in questo tentativo ci sarebbe un allargamento poco chiaro, circa 3.000 chilometri di costa in più conteggiati.

Aggiungendo 3.000 chilometri alla nostra linea costiera rispetto ai circa 8.000 certificati si raggiungerebbero oltre 11.000 chilometri per cui le spiagge occupate dalle concessioni balneari sembrerebbero di fatto poche.

Eppure la provenienza di quei numeri è incerta e dubbia, dato che secondo per esempio studi precedenti condotti dall’Ispra la linea naturale delle coste, anche per via delle tante costruzioni dell’uomo (e abusi) è intorno a 7.500 chilometri.

Ma nella Relazione sullo stato di avanzamento dei lavori del tavolo tecnico consultivo sulle concessioni balneari che porta il timbro della Presidenza del Consiglio dei Ministri si parla di un totale di linea di costa 11.172.794 metri.

Per Legambiente e altre associazioni si parla di numeri gonfiati e allungamento delle coste con il solo obiettivo di far sembrare marginali le occupazioni delle concessioni balneari, che così sembrerebbero di meno di un quinto sulla superficie costiera.

In realtà però altri calcoli, ricorda il Corriere, ci dicono che gli stabilimenti occupano quasi il 63% delle spiagge presenti sulle carte.

In un contesto in cui l’Ocse poche settimane fa ha ribadito che “in Italia esistono leggi obsolete che compromettono la concorrenza con disincentivi alla crescita delle microimprese che ostacolano l’aumento della produttività” la risposta tutta italiana alla commissione Ue tramite “l’allungamento delle coste” sembra decisamente poco consona ai bisogni dell’economia italiana.

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