Economia

Antichi privilegi addio: le spiagge si aprono a gare pubbliche

La decisione, arrivata ieri dal Consiglio dei ministri, era attesa dal 2006, quando la Commissione europea aveva approvato la direttiva Bolkestein. Le concessioni attuali varranno fino al 2023: dopo dovranno “cedere” alla concorrenza ed essere più sostenibili
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
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17 febbraio 2022 Aggiornato alle 07:00

Inizia a vacillare un tabù italiano con una storia decennale. Dal 2024, le spiagge del Paese saranno concesse attraverso delle gare pubbliche, e per un periodo limitato, anziché tramite un rinnovo automatico, in molti casi “dinastico”. Ed eterno.

Per la prima volta, infatti, il governo ha preso l’iniziativa di riformare i meccanismi con cui vengono assegnate le concessioni pubbliche agli stabilimenti balneari, ormai da troppo tempo in mano sempre alle stesse aziende.

La proposta dell’esecutivo Draghi mira infatti a cambiare questa tradizione nostrana, mettendo fine a quello che per molti è stato un monopolio prolungato. «Ricordiamo che noi siamo una Repubblica fondata sulla rendita. E una delle forme di rendita più sviluppate che abbiamo in questo Paese è la trasmissione, da padre in figlio, di un asse ereditario. Forse un principio di minima concorrenza nell’ambito delle concessioni balneari non sarebbe sbagliato. Penso che Draghi incontrerà delle resistenze in Parlamento a tal proposito», ha dichiarato a Otto e Mezzo il direttore di Limes, Lucio Caracciolo.

«È ingiusto, per non dire ridicolo, che persone con concessioni particolarmente redditizie paghino poche centinaia di euro. Accade in Liguria, Costa Smeralda, dappertutto. Si dovranno bilanciare queste due realtà: ci sono proprietari che non curano le “proprie” spiagge che di fatto ricevono gratis. Questo non va bene. Dobbiamo invece sostenere chi ha dedicato la vita a creare il proprio stabilimento», ha dichiarato il giornalista Beppe Severgnini.

Preso atto della sentenza dello scorso novembre del Consiglio di Stato, che impone all’Italia di aprire le concessioni balneari alle regole della concorrenza, il Consiglio dei ministri ha approvato una modifica al Dl Concorrenza e un disegno di legge che prevede una delega al governo per adottare, entro 6 mesi, uno o più decreti legislativi e così semplificare la disciplina sulle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative. Con questa decisione, le attuali concessioni saranno efficaci fino al 31 dicembre 2023. Dopo quella data, verranno assegnate tramite gara.

Meglio tardi che mai, sostengono in molti. Infatti, è dall’approvazione da parte della Commissione Ue della direttiva comunitaria 123/2006 Bolkestein che l’Italia avrebbe dovuto liberalizzare quei beni di proprietà statale, come le spiagge, per i quali devono essere organizzate gare con regole equilibrate e pubblicità internazionale.

Per il senatore del Movimento 5 Stelle Giorgio Fede, «finalmente il nostro Paese si mette al passo col resto d’Europa, dopo 15 anni di scelte congelate da una vecchia politica che decideva di non decidere, tra rinvii, proroghe e false promesse, volte più a carezzare o prendere in giro una parte di cittadini per un facile consenso elettorale».

In Italia, secondo i dati dell’Unione delle camere di commercio, gli stabilimenti balneari attivi sono 6.823: il ricavo effettivo dello Stato per questo settore si aggira intorno a 100 milioni di euro. Peccato, però, che il giro di affari sia di 15 miliardi di euro. Perché tutto questo? Spesso i proprietari investono in strutture ricettive assicurandosi concessioni infinite e affitti a prezzi stracciati. E, dunque, chiudendo il settore ad altri eventuali concorrenti.

Secondo il commissario europeo Paolo Gentiloni, «essendo il turismo così importante per un Paese come l’Italia, è essenziale investire e farlo con capacità di sfruttare al massimo quelle che sono le concessioni balneari: per questo vanno riassegnate attraverso meccanismi di gara. Non significa ignorare il lavoro fatto, gli investimenti fatti, le ricadute sociali della riassegnazione, ma non si può ignorare che siamo in un regime di competizione e ci possono essere investitori che di questo patrimonio fanno un uso migliore».

Per Legambiente e Touring Club italiano la situazione italiana rimane tutt’oggi un’anomalia nel panorama europeo anche a causa di «una pressoché totale assenza di spiagge libere in diversi territori costieri dalla Penisola, come evidenziato anche nel rapporto Spiagge 2021, con i casi limite di Emilia-Romagna, Liguria e Campania, dove si registra quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari».

Per questo, secondo le due associazioni, «le misure contenute nella proposta rappresentano un importante passo in avanti perché consentono finalmente di avere maggiore trasparenza sull’annosa questione delle concessioni balneari nel nostro Paese, fissando dei paletti chiari rispetto agli obiettivi di sostenibilità ambientale, a garanzia della presenza in ciascun comune di spiagge libere, della loro accessibilità e di un’offerta di qualità in linea con le aspettative dei tanti turisti italiani e stranieri che torneranno nei prossimi mesi sulle nostre coste. Un provvedimento che tutela non soltanto chi offre di più in termini economici, ma che nell’affidamento di nuove concessioni tiene conto anche di quelle piccole realtà aziendali che rispondono a questi fondamentali criteri».