Ambiente

Alcune aziende avrebbero acquistato carbon credits legati allo sfruttamento uiguro

I crediti di carbonio sarebbero stati venduti dalla società South Pole, per ridurre le emissioni grazie al recupero degli steli di cotone in Cina. Il lavoro, però, sarebbe stato coercitivo
Donne uiguri raccolgono cotone in un campo nello Xinjiang
Donne uiguri raccolgono cotone in un campo nello Xinjiang Credit: China Photos/Getty Images  
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17 novembre 2023 Aggiornato alle 08:00

Nel mondo delle imprese, che tenta in ogni modo di percorrere la strada della sostenibilità, a volte si incontrano ostacoli inattesi. Spesso le grandi aziende, per compensare le loro emissioni, comprano come forma “green” per il loro status, i crediti di carbonio. Questa pratica, in voga in tutto il mondo, negli ultimi anni ha ricevuto critiche per la sua reale efficacia ma anche perché risulta sempre più complesso controllare sia la loro “concretezza” nello sviluppo di progetti spesso dall’altro capo del mondo (magari legati a piantumazioni o specifiche comunità locali), che come questi stessi progetti operino quotidianamente.

Ora un nuovo caso rischia di gettare ombre sulle scelte di BP e Spotify e altre grandi aziende che hanno acquistato crediti di carbonio dal progetto Bachu Carbon della società di consulenza South Pole, un’iniziativa che secondo alcuni media, tra cui il Guardian, potrebbe essere implicata in relazione a potenziali lavori forzati per gli uiguri in Cina.

Secondo le accuse, la South Pole avrebbe venduto alle grandi aziende crediti di carbonio di un progetto nello Xinjiang, in Cina, che ha lo scopo di ridurre le emissioni globali utilizzando gli steli di cotone di scarto provenienti dai terreni agricoli circostanti per generare elettricità in una centrale a biomassa.

Nonostante le premesse di generare lavoro, entrate per l’economia locale e ovviamente di dar vita a energia pulita, è emerso da una inchiesta, passata anche per le osservazioni satellitari, un possibile collegamento fra il progetto e il lavoro forzato della comunità uigura: un grande numero di lavoratori sarebbero stati costretti a operare nei campi di cotone.

Nel parlare dell’iniziativa South Pole aveva spiegato come l’idea fosse quella di coinvolgere “agricoltori locali che raccolgono gambi di cotone e li bruciano per generare energia a zero emissioni di carbonio. Questa attività crea elettricità sostenibile e crea un flusso di reddito aggiuntivo per le popolazioni rurali nell’area del progetto, rilanciando l’economia locale”, ma l’inchiesta realizzata dal Guardian e l’olandese Follow the Money avrebbe evidenziato trasferimenti di manodopera forse “coercitivi” per coinvolgere centinaia di uiguri.

Ovviamente, mentre South Pole ha negato le accuse pur essendo “consapevole” dal 2021 del problema tanto da aver smesso di vendere i crediti di carbonio, le aziende che hanno acquistato i crediti hanno affermato di non essere state allertate sulla vicenda. Tra gli altri, oltre a BP e Spotify, anche Wwf, il tennista Dominic Thiem, Ecologi e Hilton Hotels hanno acquistato i crediti del progetto, ma hanno abbandonato il tutto tra il 2019 e il 2020.

South Pole si è giustificata spiegando di non aver avuto la possibilità di gestire o verificare sul campo le informazioni di quanto stesse accadendo nella zona, ma “quando un cliente ha espresso preoccupazione riguardo ai potenziali problemi legati alla manodopera in questo progetto, abbiamo subito avviato una revisione specifica della situazione. La nostra analisi non è riuscita a identificare alcun problema materiale che desta preoccupazione, ma siamo rimasti generalmente a disagio per le notizie dei media correlate sulle accuse di lavoro forzato nello Xinjiang. Di conseguenza abbiamo preso la decisione prudente di interrompere la vendita di crediti di carbonio derivanti da questo progetto nel 2021”.

Pur con una forte difficoltà nel reperire informazioni di cosa accada in determinate aree, negli ultimi anni in tutto il mondo sono state sollevate forti preoccupazioni riguardo al lavoro forzato uiguro nello Xinjiang e le Nazioni Unite stimano che dal 2017 circa 1 milione di persone siano state ospitate in campi di detenzione utilizzati per opprimere gli uiguri e altre minoranze etniche diverse dalla maggioranza Han. Si parla di trasferimenti forzati e, proprio come nel caso denunciato dall’inchiesta, di lavoro coercitivo in campi di cotone e settore agricolo.

Oltretutto l’inchiesta del Guardian e Follow the Money, oltre a rimarcare le complesse condizioni degli uiguri, ricorda ancora una volta tutte le difficoltà e le incongruenze su cui si basa il mercato dei crediti di carbonio che ha un effetto di compensazione ma non di soluzione al problema delle emissioni e la crisi del clima

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