Diritti

Linguaggio inclusivo Europa: a che punto siamo?

Per promuovere ciò che il Parlamento Ue definisce “l’uso di un idioma non sessista, inclusivo o equo”, la Germania utilizza l’asterisco in molte università, scuole, enti governativi. Come si comportano gli altri Paesi?
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Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
6 novembre 2023 Aggiornato alle 17:00

Che ruolo dovrebbe avere la lingua nel proteggere e promuovere la diversità, l’inclusione e la rappresentanza? Sull’argomento, negli ultimi mesi, sta prendendo piede un dibattito culturale, specialmente nei Paesi europei i cui linguaggi prevedono forme maschili e femminili: l’italiano, per esempio, così come il francese o lo spagnolo.

Come spiega il Parlamento europeo, il linguaggio neutro dal punto di vista del genere “è un termine generico che comprende l’uso di un linguaggio non sessista, inclusivo o equo dal punto di vista del genere”. L’obiettivo “è quello di evitare scelte di parole che possano essere interpretate come parziali, discriminatorie o sminuenti, implicando che un sesso o un genere sociale sia la norma. L’uso di un linguaggio equo e inclusivo aiuta a ridurre gli stereotipi di genere, promuove il cambiamento sociale e contribuisce al raggiungimento dell’uguaglianza di genere”.

La questione nasce già negli anni ‘80, quando “si è cercato di proporre un uso del linguaggio neutro, equo e non sessista, in modo da non privilegiare alcun genere e da non perpetuare i pregiudizi nei confronti di alcun genere”. In particolare, nell’ultimo decennio sono state sviluppate e attuate numerose linee guida a livello internazionale e nazionale.

In Francia, la scorsa settimana, il Senato ha votato a favore di una proposta che vieta l’uso del linguaggio inclusivo nei documenti ufficiali. Come spiega il quotidiano francese Le Monde, l’écriture inclusive “aggiunge la desinenza femminile a un sostantivo, quindi invece della forma maschile che rappresenta sia il maschio che la femmina, sono rappresentati entrambi i sessi. Per esempio, ‘senatori’ sarebbe senateur·ice·s”, termine che prevede l’aggiunta del cosiddetto “punto mediano” e che combina “i sénateurs maschili e le sénatrices femminili”. Secondo il partito di centro-destra Les Républicains, i neologismi inclusivi e gli sforzi più generali per porre fine al pregiudizio maschile radicato in francese fanno parte di una “ideologia che mette in pericolo la chiarezza della nostra lingua”, poiché mirano a consentire l’ortografia femminile invece di usare solo il generico maschile.

Sulla stessa linea il presidente francese Emmanuel Macron, che all’inaugurazione di uno spazio culturale e abitativo dedicato alla lingua e alla cultura francese, la Cité Internationale de la Langue Française, ha dichiarato: «Dobbiamo permettere alla nostra lingua di vivere, di trarre ispirazione dagli altri, di rubare parole, anche dall’altra parte del mondo… per continuare a inventare, ma anche per mantenere le sue basi, le basi della sua grammatica». E ha aggiunto: «Nella nostra lingua, il maschile agisce come neutrale. Non è necessario aggiungere punti in mezzo alle parole, o trattini, o qualsiasi cosa che renda illeggibile il testo». Per diventare legge, il disegno proposto da Les Républicains dovrebbe essere approvato dall’Assemblea nazionale, ma non è ancora stata fissata una data per il dibattito.

In Italia, poco dopo che Giorgia Meloni è diventata premier, la presidenza del Consiglio dei ministri ha inviato una nota ai giornalisti in cui si riferiva a Meloni al maschile, utilizzando l’articolo “il” di fronte a “Presidente del Consiglio”. Mesi dopo, l‘Accademia della Crusca ha dichiarato che i tribunali italiani dovrebbero attenersi alla tradizione ed evitare i simboli di genere neutro nei documenti legali, come per esempio lo shwa (ə) o l’asterisco al posto della desinenza maschile e femminile. Secondo gli attivisti, tuttavia, si tratta dell’«esigenza di non sentirsi cancellati - ha dichiarato al Guardian Luisa Rizzitelli, femminista e attivista Lgbtq+, del - diritto di vedere una lingua capace di riconoscere e quindi rispettare le proprie scelte. Le persone non binarie hanno tutto il diritto di valorizzare questa battaglia».

Anche in Germania, la lingua tedesca distingue tra termini al maschile e al femminile in quasi tutti gli ambiti: le docenti e i docenti sono lehrerinnen e lehrer, gli alunni e le alunne schüler e schülerinnen. Negli ultimi 10 anni, l’uso dell’asterisco in forme generiche ha iniziato a essere utilizzato, oltre che dagli attivisti, anche in molte università, scuole e alcuni enti governativi, come l’agenzia federale per l’ambiente, che ne raccomandano l’uso nelle loro comunicazioni interne. I termini sono diventati “Lehrer*innen” e “Schüler*innen”, per esempio: in questo caso, l’asterisco comprende sia maschile che femminile (mentre l’idea di quello italiano è di non utilizzare nessun genere). Il partito populista Alternative für Deutschland ha messo al centro della proprio campagna elettorale del 2021 l’opposizione a questo linguaggio inclusivo, mentre in Sassonia il governo cristiano-democratico ha vietato l’uso dell’asterisco o delle differenze di genere nelle scuole e nelle autorità educative.

In Spagna, la Real Academia Española - Rae o Accademia Reale Spagnola, fondata nel 1713, è l’organismo custode del corretto utilizzo della lingua spagnola e dei suoi cambiamenti. In passato ha emanato editti contro l’impiego di termini femminili o neutri per parole tradizionalmente di genere maschile: alla richiesta del Governo, nel 2018, di preparare un rapporto sul linguaggio inclusivo nella Costituzione, il presidente della Rae Darío Villanueva aveva spiegato che non bisognava confondere «la grammatica con il machismo» e che era «assurdo, ridicolo e totalmente inefficiente» usare «-e invece di -o e -a», che erano solo delle «false soluzioni». Nel report pubblicato nel 2020 l’organismo concludeva che “i cambiamenti nel linguaggio dovrebbero essere guidati dall’uso comune piuttosto che da stabiliti dall’alto”. E la lingua è rimasta invariata, se non in discorsi d’eccezione come quello della ministra spagnola per le Pari Opportunità Irene Montero, che nel 2021 a Madrid parlò di «libertad para todos, para todas y para todes».

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