Economia

Per essere bravi manager servono maggiori competenze

In Italia rappresentano il 3,6% degli occupati. Vengono loro richieste competenze sempre più trasversali, anche a fronte di smart working e di una ritrovata attenzione al benessere dei lavoratori
Credit: Sora Shimazaki  

Tempo di lettura 4 min lettura
2 novembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Essere manager significa essere detentori di una grande responsabilità sia nei confronti dell’azienda che nei confronti dei propri dipendenti.

Entrambi sono interessati a incrementare la propria redditività: l’azienda vuole raggiungere il successo, i dipendenti vogliono soddisfare i propri desideri personali, mentre il manager deve essere in grado di allineare gli obiettivi di tutti verso un unico risultato. Tuttavia, di fronte a un mercato del lavoro e più in generale a un contesto socio-economico in continua evoluzione, anche il ruolo del manager subisce dei cambiamenti.

Secondo l’agenzia di HR Michael Page pianificare, organizzare e scegliere con cura i propri dipendenti rappresentano solo i primi dei compiti che il management di un’azienda deve portare avanti.

A questi si aggiunge la capacità di una gestione efficace delle risorse che permetta di migliorare le performance aziendali.

A suggerirlo è anche il podcast dell’Economist Boss Class, che sottolinea l’importanza di saper eliminare il superfluo.

Molto spesso, difatti, i dipendenti si trovano a doversi districare tra burocrazia, documenti e call di formazione, sottraendo tempo ai compiti che dovrebbero effettivamente svolgere. Shopify, colosso dell’e-commerce, ha annunciato di aver cancellato 12.000 riunioni ricorrenti e di aver reinserito solo quelle realmente necessarie, una decisione che ha portato una riduzione del 14% dei meeting per i lavoratori e ha incrementato la produttività dell’azienda più o meno per la medesima percentuale.

Sempre secondo Michael Page è poi indispensabile che i manager abbiano un’intelligenza emotiva che permetta di coniugare abilità, talenti e debolezze di ciascun membro del team affinché il puzzle ricostruisca un equilibrio di successo.

Diventa dunque evidente che se diversi anni fa per essere il capo bastava avere delle competenze tecniche specifiche, a oggi queste potrebbero non essere più sufficienti.

Il mondo del lavoro è in costante evoluzione: si presta un’attenzione maggiore al benessere dei propri lavoratori, all’equilibrio tra vita privata e professionale oltreché alla loro salute mentale.

È oramai chiaro che la felicità dei propri collaboratori impatta fortemente sui risultati di un’azienda e che deve essere tutelata.

Secondo un sondaggio americano, il 69% dei lavoratori, appartenenti ai 10 paesi più ricchi, riterrebbe che il proprio datore di lavoro avrebbe un’influenza sulla propria salute mentale pari a quella del proprio compagno.

Se a questo aggiungiamo le sfide concrete che ha apportato lo smart working con i suoi uffici vuoti, le riunioni e meeting su zoom, oltre a un inevitabile allontanamento tra i colleghi, è evidente perché anche il ruolo del manager stia cambiando.

Il lavoro da remoto ha costituito un asset chiave durante la pandemia e ancora oggi rappresenta un valido strumento a tutela di alcune categorie di lavoratori.

Tuttavia, può complicare lo sviluppo dei rapporti interpersonali tra colleghi, facendo affievolire quell’idea di “unione” volta al raggiungimento di un unico risultato che invece perseguono i manager dell’impresa.

I manager in Italia rappresentano circa il 3,6% sul totale degli occupati, con una quota al di sotto di Francia, Germania e Spagna.

Oltre il 50% ha più di 50 anni, poco meno del 10% è over65 resta, invece, marginale la presenza di giovani e donne, il che sottolinea un problema nel ricambio sia generazionale che di genere.

I dati suggeriscono anche un altro problema ovvero come spesso l’accesso al ruolo di manager non includa una formazione specifica, ma rappresenti piuttosto una tappa all’interno del proprio percorso di carriera che si lega più all’anzianità in azienda che non alle competenze.

Secondo il sondaggio di FederManager “Bravi Manager Bravi” in Italia per oltre 68,7% degli intervistati la permanenza media dei dipendenti all’interno della stessa azienda era di almeno 10 anni.

Una tendenza che non si riflette solo in Italia, anche un sondaggio inglese rivela che l’82% dei manager ritiene di non avere delle capacità specifiche e di non aver, comunque, seguito alcun percorso formativo per essere preparato a questa carica. Molte sono invece la aziende che identificano nel Management un plus e non una tappa nel percorso di crescita lavorativa dei propri dipendenti: ne sono un esempio Google e Shopify, che prevedono appositi scatti di carriera che offrono un’alternativa a coloro che non sono tagliati per l’attività di management.

Ed in effetti se il ruolo dei manager è così significativo all’interno dell’azienda, è corretto pensare a una preparazione e a una formazione adeguata che garantiscano ai futuri manager tutti gli strumenti necessari per guidare l’azienda e i suoi lavoratori verso il successo.

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