Economia

1 italiano su 2 non è soddisfatto del proprio stipendio

Tra le priorità di intervento più richieste al sindacato Cgil figurano anche l’aumento dell’occupazione (44,7%) e il contrasto alla precarietà (42,7%)
Credit: Igor Omilaev 
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9 novembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Il 47,1% dei lavoratori italiani è “poco o per nulla soddisfatto della propria retribuzione”.

È quanto emerge dai risultati dell’Inchiesta nazionale sulle condizioni e le aspettative delle lavoratrici e lavoratori, condotta da Cgil e Fondazione Di Vittorio, che ha coinvolto oltre 30.000 lavoratori tra maggio e settembre 2022.

Nel 2021, l’8,8% dei partecipanti all’indagine dichiara di aver incassato meno di 10.000 euro, mentre il 13,9% ha guadagnato tra 10.000 e 15.000 euro.

Il 45%, invece, ha ricevuto un reddito da lavoro netto compreso tra 15.000 e 25.000 euro.

Di questi, il 20,7% ha guadagnato tra 15.000 e 20.000 euro, mentre il 24,1% ha avuto un reddito compreso tra 20.000 e 25.000 euro.

Ed è solo il 15,1% dei rispondenti all’inchiesta a superare i 30.000 euro di reddito netto annuo.

Vale la pena sottolineare che, sebbene oltre la metà dei rispondenti sia rappresentato da donne, sono proprio gli stipendi dichiarati dalle stesse, ancora una volta, a dimostrare forti disparità di genere, in parte a causa di una maggiore frequenza di contratti part-time, ma c’è da dire anche che le disuguaglianze persistono anche in presenza di contratti full-time.

Infatti, se è solo (si fa per dire) il 30,7% degli uomini a guadagnare meno di 20.000 euro netti all’anno, si arriva addirittura al 53,8% nel caso delle lavoratrici donne.

Due partecipanti all’indagine su tre, inoltre, dichiarano che, dopo lo scoppio della pandemia, la retribuzione e le ore lavorative non sono cambiate, mentre il 23,3% afferma un aumento delle ore di lavoro, mantenendo inalterato il proprio stipendio (nel 18% dei casi) o, addirittura, vedendolo ridotto (5%).

E se la pandemia sembrava aver dimostrato ampiamente le potenzialità dello smart working, solo il 21% dei rispondenti dichiara di lavorare da casa, in particolare uno o due giorni a settimana per 6 casi su 10.

Ma è il 35,9% degli uomini e il 38,5% delle donne che vorrebbe usufruire del lavoro agile: modalità che, secondo i risultati dell’indagine, tenderebbe ad aumentare il livello di soddisfazione lavorativa.

Tra gli intervistati non mancano preoccupazioni per il futuro lavorativo, considerando che il 68,6% prevede una riduzione del personale, mentre il 17,8% teme delocalizzazioni e il 17,4% la chiusura di attività.

E se il 33,8% teme che la tecnologia possa comportare un aumento del ritmo di lavoro, tuttavia, il 59,1% è convinto che le innovazioni tecnologiche riusciranno a migliorare le condizioni di lavoro.

Cattive notizie sul fronte del benessere sul posto di lavoro, con il 65,5% degli intervistati che dichiara di sentirsi stressato per via della propria occupazione.

L’analisi rivela anche alti livelli di sotto-inquadramento, con un quarto dei partecipanti costretto a assumere responsabilità superiori a quelle normalmente previste dalle proprie mansioni.

Non mancano, purtroppo, dati preoccupanti sull’incolumità fisica dei lavoratori intervistati, poiché alcuni di essi hanno dichiarato di dover spesso sollevare carichi pesanti (nel 16,7% dei casi) o di lavorare in condizioni pericolose (7,9%).

Per il 68% del campione intervistato è l’aumento dei salari la priorità di intervento numero uno dell’azione sindacale nel confronto con le Istituzioni, seguito dall’aumento dell’occupazione (44,7%) e dal contrasto alla precarietà (42,7%).

Esigenze che, se considerate adeguatamente, contribuirebbero ad aumentare il benessere economico del nostro Paese.

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