Economia

Rientro dei cervelli: cosa cambia con la Legge di Bilancio 2024?

Lavoratori rimpatriati, tra le novità in manovra: aliquota su cui viene calcolato l’imponibile fiscale al 50% e aumento del periodo di residenza all’estero e di permanenza in Italia
Credit: Laurentiu Eduard 
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26 ottobre 2023 Aggiornato alle 08:00

Lavoratori rimpatriati: chi sono?

Il Regime di Lavoratori rimpatriati è un sistema di tassazione agevolato e temporaneo previsto per quei lavoratori che dall’estero trasferiscono la propria residenza in Italia. Si tratta di disposizioni che nascono con l’obiettivo di frenare la cosiddetta “fuga di cervelli” e, anzi, riattrarre i talenti all’interno del nostro Paese. Tuttavia, con la Legge di bilancio 2024 sono state apportate alcune modifiche che riguardano sia i benefici ottenibili, sia i requisiti necessari per accedervi.

La normativa fino a oggi

Fino al 2023, per poter rientrare nel Regime di Lavoratori rimpatriati era indispensabile la presenza di 2 fattori: il lavoratore non doveva aver risieduto in Italia per i 2 periodi d’imposta precedenti alla richiesta e, al tempo stesso, doveva impegnarsi a risiedervi per i 2 successivi; inoltre l’attività lavorativa doveva essere svolta prevalentemente all’interno dei confini nazionali.

Il lavoratore in possesso dei requisiti che decideva di trasferire la propria residenza in Italia poteva godere per il periodo d’imposta di riferimento e per i 4 successivi di una tassazione limitata al 30% del reddito totale.

Ciò significa che, a esempio, con un reddito di 1.000 euro, l’imponibile su cui applicare l’aliquota tassativa era pari a 300 euro. Vantaggio ancora più ampio per chi decideva di trasferirsi nel Sud Italia (ed in particolare nelle regioni dell’Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia) dove a concorrere alla formazione del reddito da tassare era solamente il 10%.

A risultare ulteriormente agevolati erano i lavoratori con almeno un figlio minorenne o che diventavano proprietari di un’unità immobiliare residenziale in Italia in seguito al trasferimento o al massimo un anno prima dello stesso: in questo caso il beneficio veniva, infatti, prolungato per 5 anni, con un a tassazione sul 50% del reddito complessivo nell’ultimo anno.

Il saldo migratorio

Dal 1861, anno dell’Unità di Italia, a oggi sono circa 31 milioni i lavoratori che hanno fatto le valigie e hanno lasciato il Paese e di questi circa 19 milioni non si sono più voltati indietro. Analizzando anche tempi più recenti, il risultato non migliora: se nel 2009 il numero di espatriati era ben al di sotto dei 50.000, nel 2021 abbiamo superato i 94.000. Il culmine è stato raggiunto tra il 2015 e il 2020 con una quota superiore ai 100.000 espatri per anno.

Al tempo stesso, però, negli ultimi anni si è verificato anche un aumento del numero di rimpatri: nel 2015 erano circa 25.000 gli italiani che hanno deciso di tornare nel Paese natio, mentre nel 2021 la quota è salita a quasi 75.000 con un disavanzo di poco più di 19.000 unità tra espatriati e rimpatriati.

Il regime di tassazione agevolata ha avuto senza dubbio un ruolo in tutto ciò. Questo, infatti, ha inevitabilmente reso l’Italia più appetibile agli occhi di chi aveva scelto di trasferirsi e spinto una buona percentuale di talenti espatriati a rivedere la propria decisione.

Legge di bilancio 2024: cosa cambia adesso?

La manovra approvata lo scorso 16 ottobre ha, invece, modificato le carte in tavola, scombussolando i piani di numerose famiglie.

Nonostante siano ancora previsti degli aggiustamenti, sembrerebbe chiara l’impostazione di base: a cambiare sarà, in primis, l’aliquota su cui viene calcolato l’imponibile fiscale, che sale al 50% con il limite di 600.000 euro.

Saranno inoltre introdotti alcuni nuovi paletti: il lavoratore non dovrà aver risieduto in Italia nei 3 periodi di imposta precedenti (non bastano più i 2 previsti fino al 2023) e dovrà risiedervi almeno per i 5 anni successivi (contro i 2 precedenti), il rapporto di lavoro dovrà essere nuovo ed, infine, il lavoratore per poter accedere ai benefici, dovrà possedere requisiti di elevata specializzazione o qualificazione. Disposizioni che, tuttavia, non dovrebbero essere applicate a coloro che entro la fine del 2023 avranno la residenza anagrafica in Italia.

Un bel problema, che vede da una parte il Governo, pronto ad allocare differentemente le risorse a disposizione, e dall’altra tutte quelle famiglie che in virtù delle normative precedenti avevano deciso di tornare nel Belpaese. Una scelta che, nella maggior parte dei casi, include un’organizzazione a 360 gradi: gestire la burocrazia, cercare una casa, scegliere le scuole per i figli, fare i conti per arrivare a fine mese. Oggi però questi conti non tornano più e spingono tantissimi rimpatriati a chiedere al Governo di rivedere le disposizioni.

Le modifiche proposte costringeranno molti a emigrare nuovamente o a non rientrare mai in Italia, perdendo così la possibilità di veder tornare un’ingente quantità di capitale umano su cui il Paese ha investito anni di formazione” si legge su Change.org dove è nata una campagna da parte dei diretti interessati che reclamano l’assenza di un regime transitorio oltre alla retroattività della norma che finisce per mettere in difficoltà chi aveva già preso una decisione.

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