Diritti

Il caso Dostoevskij e le “sanzioni” contro gli artisti russi

Dall’università Bicocca di Milano, che prima ha cancellato e poi riattivato un corso sul celebre letterato, alla Scala e alla Royal Albert Hall di Londra: sempre più incontri e spettacoli vengono annullati in Europa. E anche arte e cinema prendono decisioni simili
Uno spettacolo del Russia Dance Ballet.
Uno spettacolo del Russia Dance Ballet.
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
2 marzo 2022 Aggiornato alle 11:40

È stato tutto un malinteso: Dostoevskij non si tocca. L’inversione di marcia dell‘Università Bicocca di Milano è avvenuta dalla sera (di ieri) alla mattina (di oggi). L’ateneo conferma che “il corso si terrà nei giorni stabiliti e tratterà i contenuti già concordati con lo scrittore”, mentre la prossima settimana la rettrice Giovanna Iannantuoni incontrerà Paolo Nori “per un momento di riflessione”.

Ma cosa è successo? Lo scrittore e traduttore di libri russi, Paolo Nori ha raccontato ieri sera in una diretta Instagram piuttosto accorata che la Bicocca aveva annullato il corso gratuito e aperto a tutti (un ciclo di 4 lezioni di un’ora e mezza ciascuna) che avrebbe dovuto tenere sull’autore russo, a partire dal suo ultimo libro Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij. “Non solo essere un russo in vita è una colpa oggi in Italia. - ha detto, riferendosi in particolare alla vicenda del fotografo Alexander Gronsky, costretto a rinunciare al Festival della Fotografia Europea a Reggio-Emilia e incarcerato 12 ore a Mosca, per aver preso parte a una manifestazione contro la guerra - Ma anche essere un russo morto, che quando era vivo nel 1849 fu condannato a morte perché aveva letto una cosa proibita, lo è. Che un’università italiana censuri un corso su un autore come Dostoevskij è una cosa da non credere”. Lo scopo sarebbe stato quello di “evitare ogni forma di polemica soprattutto interna, essendo un momento di forte tensione” spiegava Nori, citando testualmente l’email ricevuta dall’ateneo. Una decisione discutibile, che avrebbe fatto eco a numerose prese di posizione da parte di poli culturali, musei, teatri, festival e case di produzione cinematografica, ma che sarebbe stata un’ingiustificata stortura, considerando il sistema di valori propugnato dal gigante della letteratura russa.

Quello accaduto a Nori è solo l’ultimo dei “casi” che colpiscono più in generale autori, artisti e musicisti russi. I fischi che il pubblico de La Scala di Milano ha riservato al direttore d’orchestra russo Valéry Gergiev si sono uditi distintamente. Nei giorni precedenti i sindacati dei lavoratori del teatro avevano espresso la loro preoccupazione riguardo alle posizioni del direttore, “uomo di cultura e, auspichiamo, uomo di pace”, invitandolo a lanciare un “messaggio di speranza all’Italia e al mondo da un palcoscenico così importante”. Lui, filo-putiniano, e amico di vecchia data del presidente, non pare intenzionato a rinnegare le sue simpatie politiche. Nel frattempo, i teatri di tutto il mondo disdicono in massa gli impegni con Gergiev (e non solo). Anche La Scala ovviamente si è affrettata ad allinearsi, sospendendo “La dama di picche”.

La Filarmonica di Monaco lo ha silurato immediatamente e il Lucerne Festival ha comunicato il 28 febbraio che i concerti in programma nella stagione estiva per Gergiev e l’Orchestra Mariinsky di San Pietroburgo non avranno luogo. Inoltre, sempre il festival della musica classica vallesano ha sottolineato di aver preso anche provvedimenti di altra natura, come la restituzione di doni offerti “da personalità o da strutture sanzionate dai governi occidentali”, come si legge nella nota. L’Edinburgh International Festival, di cui è stato in passato presidente onorario, ne ha chiesto le dimissioni per il rapporto di gemellaggio che lega la città scozzese a Kyiv.

Ad essere sotto tiro per le stesse motivazioni è anche la soprano Anna Netrebko. Dopo varie sollecitazioni, il Teatro dell’Opera di Zurigo, in cui avrebbe dovuto cantare nelle vesti di Lady Macbeth nel Macbeth di Giuseppe Verdi nel mese di marzo, ha rilasciato un comunicato stampa in cui criticava il soprano per l’incapacità di prendere le distanze dalle posizioni del Cremlino: in risposta, l’interprete ha fatto sapere che non si esibirà.

In generale il mondo dell’arte e dello spettacolo in Russia sta accusando il contraccolpo della guerra. Oltre all’esclusione dall’Eurovision Song Context, che quest’anno si svolgerà a Torino, su richiesta delle emittenti statali di alcuni Paesi - tra cui Islanda, Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi – sono stati numerosi gli effetti collaterali dell’invasione.

A due giorni dall’inizio del conflitto, il 26 Febbraio, Elena Kovalskaya, direttrice del teatro statale di Mosca Meyerhold Center ha annunciato le proprie dimissioni, motivando la scelta sui suoi profili social: “Non posso lavorare per un assassino e riscuotere uno stipendio da lui”. Un disperato atto di protesta contro la guerra in Ucraina.

Intanto, la Royal Opera House di Londra, come riporta il Guardian, ha annullato le date del Bolshoi Ballet di Mosca, una delle compagnie di balletto più antiche e prestigiose del mondo, che avrebbe dovuto esibirsi in 21 spettacoli, dal 26 luglio al 14 agosto.

Stessa sorte è toccata agli appuntamenti del Russian State Bullet of Siberia, cancellati da due teatri inglesi, Wolverhampton Grand Theatre e dal Royal and Derngate di Northampton e a quelli del Royal Bullet di Mosca all’Helix di Dublino.

Non è solo la musica a essere penalizzata. Il padiglione russo alla Biennale di Venezia rimarrà vuoto: gli artisti Alexandra Sukhareva e Kirill Savchenkov, così come il curatore Raimundas Malašauskas, hanno deciso che non parteciperanno per rispetto alle vittime del conflitto.“Non c’è posto per l’arte quando i civili muoiono sotto il fuoco dei missili, quando i cittadini ucraini si nascondono nei rifugi e i manifestanti russi vengono messi a tacere”, hanno affermato Savchenkov e Sukhareva in una dichiarazione congiunta.

Il cinema non è da meno, con Warner Bros, Disney, Sony e Hollywood compatti nel sospendere l’uscita dei loro film nei cinema russi, tra cui Batman e Turning Red, mentre l’Accademia del Cinema ucraino, fa sapere il Guardian, chiede espressamente di boicottare i film russi e di escluderli dalle concorsi cinematografici.