Ambiente

Mariana e i suoi “fratelli” fanno causa a 32 governi per inazione climatica

6 giovani portoghesi oggi chiedono alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di obbligare gli Stati ad agire più velocemente per ridurre le emissioni ed evitare di “rubare il futuro ai ragazzi”
Credit: Collage
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27 settembre 2023 Aggiornato alle 14:00

C’è anche una bimba di 11 anni nel gruppetto di giovani che - con una causa prima nel suo genere per portata - mira a salvare il Pianeta obbligando i governi a una maggiore azione contro il surriscaldamento globale.

Oggi a Strasburgo sei giovani portoghesi porteranno infatti davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo una causa che vedrà coinvolti ben 32 Paesi, tra cui diversi Stati europei ma anche Turchia e Russia, per la loro inazione contro la crisi del clima. Andre Oliveira (15 anni), Sofia Oliveira (18), Catarina Mota (23) e i fratelli Claudia Duarte Agostinho (24) e Martim Duarte Agostinho (20) insieme alla sorellina Mariana (11), supportati dalla Global Legal Action Network, tenteranno l’impossibile: in caso di sentenza positiva da parte dei 17 giudici di Strasburgo obbligheranno i vari Stati, in maniera vincolante, a piani più veloci e ambiziosi nella riduzione delle emissioni climalteranti.

L’idea della causa, che vedrà da una parte il team legale della Global Legal Action Network e dall’altra circa 80 difensori delle varie nazioni interpellate, nasce dagli incendi del 2017 in Portogallo. Durante quei roghi, sviluppati in terreni resi aridi dalla siccità e alimentati da fenomeni meteo intensi collegabili alla crisi climatica, per la prima volta ragazze e ragazzi (molti di loro ai tempi erano bambini) hanno sperimentato sulla loro pelle l’impatto devastante del global warming. Alcuni hanno sofferto di asma per il fumo, altri si sono ammalati, altri denunciano l’impossibilità di uscire di casa, di avere una vita sociale. In sostanza, raccontano come in quella prima occasione il nuovo clima - innescato dalle azioni dell’uomo - ha rubato loro il futuro.

«Quello che provavo era paura», ha raccontato a esempio Claudia Duarte Agostinho mentre ricorda l’ondata di caldo estremo e i roghi che uccisero 100 persone. «Gli incendi mi hanno reso davvero ansiosa riguardo al tipo di futuro che avrei avuto».

Secondo lei e i suoi fratelli, così come gli altri ricorrenti, i Paesi oggi chiamati alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo finora hanno sostenuto azioni insufficienti per affrontare il cambiamento climatico e ridurre le proprie emissioni di gas serra abbastanza da raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.I giovani affermano che i loro diritti umani fondamentali, come quello alla vita, sono oggi compromessi e spiegano di aver avuto impatti significativi, dalla salute sino al tempo rubato.

Ai governi non chiedono soldi, ma giustizia climatica e soprattutto un’accelerazione nelle politiche necessarie per la decarbonizzazione e la riduzione delle emissioni.«Voglio un mondo verde senza inquinamento, voglio essere sana», dice la piccola Mariana, 11 anni. «Mi trovo in questo caso perché sono davvero preoccupata per il mio futuro. Ho paura di come sarà il posto in cui vivremo».

«Senza un’azione urgente da parte dei governi, i giovani richiedenti coinvolti in questo caso si troveranno ad affrontare temperature estreme insopportabili che danneggeranno la loro salute e il loro benessere. Sappiamo che i governi hanno il potere di fare molto di più per fermare tutto questo, ma non lo fanno, scegliendo di non agire», ha spiegato Gearóid Ó Cuinn, direttore del Global Legal Action Network (GLAN) che sostiene i ricorrenti.

Dall’altra parte molto probabilmente le decine di legali dei Paesi chiamati in causa risponderanno che i governi hanno fatto tutto il possibile per limitare il surriscaldamento e che piani di adattamento e mitigazione sono già in essere. Anche per questo Cuinn lo definisce un caso “Davide contro Golia” ma le speranze di vittoria, per la sentenza attesa a metà del 2024, restano alte. Va ricordato che le sentenze della Corte europea dei Diritti dell’uomo sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri e dunque nel caso in cui i giudici si pronuncino positivamente i Paesi dovranno realmente agire. Non solo, la sentenza potrebbe aprire a precedenti da utilizzare poi anche in casi di climate litigation a livello dei vari tribunali nazionali.

«Vincere questa causa - chiosa Claudia Duarte - significherebbe che finalmente ci sarebbe speranza per noi giovani. Significherebbe che le persone ci ascoltano davvero e che sono preoccupate quanto noi e che i governi dovrebbero davvero adottare misure per fare qualcosa al riguardo. Sarebbe fantastico per tutto: per la nostra ansia, per il nostro futuro».

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