Futuro

I batteri che mangiano la plastica dispersa in mare

I ricercatori dell’University of North Carolina hanno modificato geneticamente due specie di batteri che, insieme, producono enzimi in grado di scomporre il polietilene tereftalato (Pet)
Credit: Nigel Hoare
Tempo di lettura 3 min lettura
25 settembre 2023 Aggiornato alle 19:00

Il problema della plastica nei mari sta assumendo dimensioni sempre più importanti, basti pensare che il solo Mar Mediterraneo ogni anno si riempie di 570.000 tonnellate di questo derivato del petrolio.

La ricerca di possibili soluzioni fortunatamente non si arresta: una delle ultime soluzioni sperimentate prevede la costruzione di barriere speciali, le Interceptor Barricade, capaci di bloccare la plastica nei fiumi prima di arrivare al mare.

Oltre oceano invece, negli Stati Uniti, i ricercatori dell’University of North Carolina hanno geneticamente modificato due specie di batteri che insieme sono capaci di produrre enzimi in grado di scomporre il polietilene tereftalato (Pet).

Infatti, come dichiarato da Nathan Crook, coautore della ricerca pubblicata su AIChE (American Institute of Chemical Engineers Jurnals) , «un’opzione è quella di estrarre la plastica dall’acqua per poi portarla in discarica. Sarebbe meglio, però, se potessimo scomporre queste materie plastiche in prodotti che possono essere riutilizzati. Affinché funzioni, hai è necessario trovare un modo economico per scomporre la plastica. Il nostro lavoro è un grande passo in quella direzione».

I ricercatori hanno infatti selezionato due batteri: il primo Vibrio Natriengens, è capace di prosperare nell’acqua salata riproducendosi molto velocemente, il secondo, Idonella Sakaiensis, produce gli enzimi che permettono di “scomporre” e distruggere il Pet.

I Dna dei due batteri sono stati isolati, prelevando gli enzimi del Sakaiensis che attaccano il Pet, e incorporati in un plasmide, che sono sequenze genetiche capaci di replicarsi in una cellula indipendentemente dalle “istruzioni” contenute nel suo cromosoma.

Gli scienziati hanno preso i geni dei Sakaiensis e li hanno introdotti nei batteri Natriengens. E hanno dimostrato che i batteri Natriengens modificati sono in grado di “scomporre” la plastica Pet in un ambiente di acqua salata a temperatura ambiente.

«Da un punto di vista pratico, questo è anche il primo organismo geneticamente modificato che conosciamo che è in grado di abbattere le microplastiche Pet in acqua salata. È importante, perché rimuovere la plastica dall’oceano e lavarla sciacquandola dai sali ad alta concentrazione prima di iniziare qualsiasi processo relativo alla rottura della plastica non è economicamente fattibile», afferma Tianyu Li, primo autore dell’articolo e dottorando presso la University of North Carolina.

La ricerca è però ancora in corso: gli scienziati vorrebbero modificare direttamente il genoma del Natriengens per renderlo capace di degradare la plastica, e in grado di nutrirsi dei sottoprodotti che produce quando disgrega il Pet, arrivando infine a produrre come prodotto finale una molecola che sia utile per l’industria chimica. Ed è questa ultima parte la sfida più difficile, come sottolinea Nathan Crook, coautore della ricerca.

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