Ambiente

Con la morte di Amarena s’incrina un sogno

Uccisa a fucilate l’orsa madre di 4 cuccioli. Il Parco d’Abruzzo Lazio e Molise s’indigna e il Ministero dell’Ambiente chiede “subito chiarezza”. Dobbiamo lavorare per garantire la convivenza fra plantigradi e umani
(Villalago, L'Aquila). Una femmina di orso marsicano si aggira nella vegetazione con i suoi cuccioli.
(Villalago, L'Aquila). Una femmina di orso marsicano si aggira nella vegetazione con i suoi cuccioli. Credit: Gennaro Leonardi/Pacific Press via ZUMA Wire
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1 settembre 2023 Aggiornato alle 13:00

In Abruzzo si è incrinato un sogno. Quello di un modello, di una coesistenza possibile fra orsi marsicani e umani. Perché gli occhi vitrei e la pelliccia inzuppata di sangue questa volta sono di un plantigrado che più di tutti, nelle terre del Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, rappresentava quella possibile seppur complessa convivenza fra orsi e persone.

Amarena, non aveva mai attaccato nessuno, non era mai stata davvero un pericolo se non per qualche pollaio o allevamento, come è nella natura di questi animali: eppure ieri sera alle 23 è stata uccisa a colpi di fucile.

A sparare un uomo, L. A. le iniziali, poi identificato dai carabinieri. Ha aperto il fuoco su Amarena davanti a un ufficio postale nella periferia di San Benedetto dei Marsi, poco fuori dall’area contigua del Parco: l’orsa, madre di quattro cuccioli ora rimasti orfani e dispersi fra le foreste, si è prima allontanata e poi, senza ormai più forze, è stata ritrovata priva di vita da alcune guardie del parco e dai veterinari.

Soltanto poche ore prima era stata filmata mentre faceva una delle sue note incursioni fra borghi e paesini d’Abruzzo: Amarena infatti era un simbolo, forse l’orso più conosciuto, sicuramente confidente e abituata agli umani, ma mai davvero pericolosa se non per le razzie in cerca di cibo.

Era abituata a scendere, insieme ai suoi cuccioli, fra piazze e strade: soltanto il giorno prima della sua morte uno dei tanti video che la mostrava con i piccoli era stato diffuso in rete per raccontare la “visita pacifica” dell’animale. Era anche nota, quell’orsa che ora non c’è più, per essere la madre di Juan Carrito, uno dei plantigradi più confidenti e problematici del parco, investito e ucciso lo scorso gennaio.

Il motivo per cui è stata uccisa a fucilate dovrà ora essere chiarito dalle indagini. Di fatto però ora la morte di Amarena mostra tutta la fragilità di un percorso complesso, quello della conservazione dei pochi orsi marsicani rimasti. Era una femmina prolifica e uno degli animali più importanti anche per la riproduzione e la crescita dei marsicani nelle terre di Abruzzo, Lazio e Molise. L’episodio della brutale morte ha scatenato - in un clima già difficile in Italia dopo che ad aprile in Trentino l’orsa Jj4 aveva ucciso un giovane runner - diverse reazioni.

Il ministero dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin chiede chiarezza: «L’uccisione di una femmina di orso marsicano rappresenta un episodio grave, sui cui è doveroso fare quanto prima chiarezza. Sono in costante contatto con tutti i soggetti istituzionali che in queste ore lavorano per far luce sulla vicenda: è necessario adesso il massimo coordinamento. Il nostro impegno è rivolto anche alla protezione dei cuccioli dell’orsa, facendo di tutto affinché possano restare in libertà. Invito infine a moltiplicare l’impegno nell’osservare comportamenti corretti per prevenire ogni possibile conflitto tra gli animali e le persone», ha fatto sapere in una nota.

Il Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, sconcertato per quanto accaduto, parla di fatto gravissimo che arreca un “danno enorme alla popolazione” di marsicani, oggi circa sessanta esemplari.

“I rilievi per accertare la dinamica dei fatti sono in corso e andranno avanti tutta la notte, così come il personale del Parco è impegnato a individuare i due cuccioli dell’orsa per valutare il da farsi. Viene colpita una delle femmine più prolifiche della storia del Parco. Ovviamente non esistono motivazioni di nessuna ragione per giustificare l’episodio, visto che Amarena, pur arrecando danni ad attività agricole e zootecniche, sempre e comunque indennizzati dal Parco anche fuori dai confini dell’Area Contigua, non aveva mai creato alcun tipo di problema all’uomo”, scrivono dal Parco.

Il direttore del Parco, Luciano Sammarone, va oltre, sostenendo che con la morte di Amarena fallisce un modello. «Abbiamo detto e ridetto ‘siamo modello, l’Abruzzo è modello’. Non siamo modello di niente. Davanti agli omicidi che sentiamo al telegiornale, l’uccisione di un’orsa sempre niente a confronto, ma non è così. Chiediamoci quanti pollai abusivi ci sono nel territorio, con baracche e baracchini», è stato il suo primo sfogo.

«L’orsa era entrata in una recinzione. Per il resto non sappiamo nulla della dinamica dei fatti - aggiunge - I giudizi vanno rimandati a dopo. Fino a quando non conosciamo come sono andate le cose non emettiamo giudizi, ognuno dovrebbe tenersi il proprio anziché fare il processo su Facebook. Comunque, io ho difficoltà a credere che si sia trattato di difesa. L’orsa Amarena non ha mai attaccato nessuno. Ma anche io non giudico e non mi esprimo fino a quando le indagini riveleranno che cosa è accaduto».

Le dure parole di Sammarone sono anche quelle di chi è conscio della difficilissima sfida di far convivere predatori e umani all’interno dello stesso ecosistema.

I marsicani però, più docili e piccoli per taglia degli orsi bruni del Trentino, e anche più a rischio, in un territorio come l’Abruzzo hanno tutte le caratteristiche per far sì che questa convivenza possa funzionare. Amarena, seppur abituata a razzie, incursioni, uccisioni di animali d’allevamento o semplicemente visite nei luoghi degli umani, non era mai stata un reale pericolo per il Parco: anzi, amata dalla gente, in qualche modo era diventata icona della complessa coabitazione, ma con la sua morte il sogno di portarla avanti si è incrinato. Amarena non avrà probabilmente un funerale, per cui il miglior modo per ricordarla sarà far sì che questo sogno non si spezzi.

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