Storie

Victoria Amelina, voce libera dell’Ucraina

Aveva abbandonato la letteratura per testimoniare i crimini di guerra russi. La sua giovane vita è finita sotto i missili che hanno distrutto il ristorante a Karamtorsk
Credit: Alex Chan Tsz Yuk/SOPA Images via ZUMA Press Wire
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6 luglio 2023 Aggiornato alle 12:00

“We’ll keep her alive”. Così lo scrittore Paolo Giordano ha commentato su Instagram, e poi con un lungo articolo sul Corriere della Sera, la scomparsa della collega e amica ucraina Victoria Amelina, scomparsa il 1° luglio a 37 anni all’ospedale Mechnikov di Dnipro.

“La sua morte” si legge sul sito dell’associazione per la stampa libera Pen Ukraine che ha diramato la notizia “è stata causata da ferite incompatibili con la vita, di cui ha sofferto durante il bombardamento missilistico russo di un ristorante a Kramatorsk il 27 giugno 2023”.

Aveva lunghi capelli sciolti, Victoria, un figlio di 12 anni con il quale doveva trasferirsi a breve per un semestre alla Columbia University e una sola missione da quando era scoppiata la guerra nel suo Paese: documentare i crimini di guerra russi attraverso la ong Truth Hounds.

La scrittrice e poetessa si trovava a Kramatorsk nelle aree liberate del Donetsk con una delegazione di autori colombiani perché, come ricorda Giordano, “la conoscevamo in tanti: nellultimo anno e mezzo è stata una delle voci ucraine più presenti allestero, per via dei suoi libri tradotti, del suo inglese impeccabile (da bambina aveva vissuto in Canada, ndr) e di una determinazione personale, che incuteva quasi soggezione”.

Non lontano dal luogo dell’attentato, a Izyum, la poetessa aveva trovato sotto terra il diario di guerra di Volodymyr Vakulenko, uno scrittore ucraino ucciso dai russi e gettato poi nelle fosse comuni: il 23 giugno aveva presentato il volume alla fiera del libro di Kiev. Aveva scavato lei stessa con le sue mani nel giardino di casa di Vakulenko, per riportare alla luce un’altra necessaria testimonianza dell’odio e del conflitto.

Tanti i tweet del suo account @vamelina che oggi circolano sui social (e dove lei compare con l’elmetto) c’è questa descrizione che suona come un epitaffio: “It’s me in this picture. I’m a Ukrainian writer. I have portraits of great Ukrainian poets on my bag. I look like I should be taking pictures of books, art, and my little son. But I document Russia’s war crimes and listen to the sound of shelling, not poems. Why?”.

Victoria stava anche lavorando al suo primo libro di saggistica in inglese dedicato alle donne che, come lei, stavano documentando i crimini di guerra. Si intitola In War and Justice Diary: Looking at Women Looking at War e sarà pubblicato postumo all’estero.

Prima di occuparsi di cronaca e di diritti umani, Amelina aveva abbandonato la carriera informatica (era laureata con lode alla Lviv Polytechnic University) per inseguire la scrittura. Nel 2014 aveva pubblicato il suo primo romanzo, The November Syndrom, o Homo Compatiens, entrato nella top 10 dei migliori libri di prosa secondo il sito letterario LitAktsent e nella rosa dei premi Valeriy Shevchuk.

Dopo una incursione nel mondo dell’infanzia nel 2017 dà alle stampe il secondo romanzo Dom’s Dream Kingdom per il quale nel 2021 si aggiudica il premio letterario Joseph Conrad Award. Chi l’ha incrociata nel corso della sua breve vita, come Paolo Giordano, oggi ne sottolinea anche l’ironia: “Amelina aveva fondato un festival letterario a New York. No, non a New York City, ma a New York nel Donetsk, una cittadina di appena 10.000 abitanti a 8 km dalla cittadina di Horlivka, occupata dai russi”.

L’associazione Pen Ukraine promette che manterrà vivo il ricordo dell’autrice, a partire da questo suo lascito: “Siamo, si può dire, ossessionati dal perseguire la nostra libertà, e siamo pronti a morire per questo. Ed è questo che i russi non ci perdonano”.

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