Città

Manhattan, svuotata dallo smart working

Durante la pandemia, il lavoro da remoto ha permesso ai dipendenti di scoprire le comodità di una vita lontano dalla frenesia della città. Nel distretto finanziario di Wall Street oggi è vuoto il 25,6% degli uffici
Credit: Tomas Anton Escobar
Tempo di lettura 4 min lettura
7 giugno 2023 Aggiornato alle 08:00

Sono passati 3 anni da quando la pandemia da Covid-19 ha messo in pausa le vite di ognuno di noi, fermandoci in un tempo quasi surreale fatto di giornate a rilento, di strade deserte, scuole chiuse, uffici vuoti e case piene.

3 anni in cui abbiamo imparato a trascorrere settimane in bilico tra una vita reale e una virtuale, all’inizio confondendole un po’, poi abituandoci a vivere in un mondo fatto di videochiamate e smart working, in cui la socialità passava attraverso la rete e a lavoro si andava in camicia e ciabatte.

Oggi le strade pullulano nuovamente di gente, nelle aule delle scuole si incontrano ancora gli sguardi dei ragazzi ed è tornato di moda incontrarsi nel bar preferito per discutere di idee e progetti davanti a un caffè. Tutto rientrato nella normalità, o quasi.

Quello che sembra non essere tornato al suo posto è il tassello dello smart working che, da pratica così innovativa e sconosciuta ai più - tanto da suscitare dubbi e perplessità iniziali – è diventata ora prassi del lavoro moderno, rivelando come la scrivania di casa sia una postazione più comoda di quella dell’ufficio e lo spostamento da una stanza all’altra della propria abitazione renda la vita dei pendolari molto meno stressante della frenesia di mezzi di trasporto e delle corse contro il tempo per garantire puntualità.

Rivelazioni, queste, sì positive per il benessere psico fisico dei lavoratori, ma che hanno portato a conseguenze socio economiche da non sottovalutare.

Siamo a Manhattan, per esempio, dove lo smart working (o remote working) oggi ha svuotato intere sedi di uffici, facendo registrare un +17,4% di uffici inutilizzati e interrompendo – tra le altre – la catena del più grande mercato del lavoro al mondo.

Qui, stando ai dati rilevati in un report del New York Times, lo spazio degli uffici rimasti deserti dopo la pandemia di Covid corrisponde a una superficie di 74.582.671 piedi quadrati - quasi 7 milioni di metri quadrati - uno spazio talmente grande che potrebbero entrarvi 26 Empire State Building.

Nonostante gli innumerevoli bonus allettanti e i più disparati servizi extra promessi dalle aziende (tra cui mense e aree per l’infanzia) pur di vedere gli uffici ripopolarsi di dipendenti, la città oggi appare più vuota del post shock dovuto all’attacco terroristico dell’11 settembre: nel distretto finanziario di Wall Street è vuoto il 25,6% degli uffici, mentre attorno a Times Square il 19,9 %.

Non avendo più dipendenti disposti a lavorare in ufficio, infatti, molte aziende hanno lasciato Manhattan, mentre altre hanno ridotto i loro spazi lavorativi accontentandosi di aree più piccole e tranquille.

Abituati a vedere e immaginare la vita della Grande Mela (e del distretto di Manhattan in particolare) come un via vai frenetico di gente indaffarata che corre in tutte le direzioni, vestita di tutto punto con giacca e cravatta o tailleur, un’immagine quasi desertica come quella descritta dal New York Times risulta fuori da ogni concezione, così come risulta improbabile ai più che sia un’unica causa a provocare un cambiamento sociale così profondo: che lo smart working sia solo il capro espiatorio di una realtà ben più complessa, in cui puntare il dito contro il “lavoro facile” è la soluzione più semplice?

Probabilmente si.

Scavando nella vita di Manhattan, infatti, non è difficile cogliere almeno un altro dei motivi alla base del fuggi fuggi di aziende e persone dal territorio: a incidere sull’abbandono della città, infatti, sono anche gli affitti. Le proprietà immobiliari, infatti, anziché mantenere gli stessi prezzi del pre pandemia per aiutare nella ripresa e favorire un ritorno alla normalità, hanno aumentato gli affitti delle sedi del 30-40% nel tentativo di recuperare i soldi persi negli anni della pandemia. E lo stesso hanno fatto gli affittuari degli appartamenti, causando un crollo nelle percentuali di lavoratori e abitanti della città.

Così, nel periodo pandemico (tra 2020 e 2021) il territorio della Grande Mela ha perso 300.000 abitanti, un declino demografico da record che non è stato registrato in nessun’altra città americana e che non accenna a sanarsi.

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