Bambini

Schiaffeggiare i bambini australiani è legale

Nel Paese dei canguri, dove genitori e operatori sanitari possono utilizzare una forza fisica “ragionevole” nei confronti dei più piccoli, il 38% degli over 65 ritiene questa forma di punizione necessaria per crescere un figlio
Credit: Caleb Woods
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
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9 maggio 2023 Aggiornato alle 17:30

In Australia, i genitori sono legalmente autorizzati a usare una forza fisica “ragionevole” per educare i bambini. Lo stesso vale per gli operatori sanitari, in quei momenti in cui è necessario che i piccoli pazienti mantengano la calma. Non è consentito, invece, nelle scuole o in altri ambienti educativi.

Secondo diversi studi schiaffeggiare i bambini può portare a una serie di effetti negativi: 65 Paesi hanno rafforzato negli ultimi tempi il divieto di percuotere i bambini. Anche per questo, a più riprese i pedagogisti e gli psicologi australiani hanno lanciato appelli per una normativa più stringente.

L’analisi pubblicata sul Journal of Family Psychology, che ha passato in rassegna 75 studi condotti su un totale di 160.927 bambini, ha rilevato che la famosa “sculacciata” è associata spesso a una maggiore aggressività e a un comportamento antisociale dei minori che di solito la ricevono, ma anche a successivi problemi di salute mentale e a un peggioramento della relazione genitore-figlio.

«C’è solo un risultato positivo associato all’uso delle punizioni corporali ed è il rispetto immediato della regola imposta, ma anche questo effetto tende a svanire nel tempo», ha spiegato il direttore dell’Institute of Child Protection Studies dell’Australian Catholic University, il professor Daryl Higgins al Guardian.

«Se da piccolo impari che il tuo genitore, che ti ama, usa il potere, la forza e la violenza fisica quando non gli piace quello che hai fatto, questo inciderà sulla tua comprensione delle relazioni intime anche durante l’adolescenza e l’età adulta - ha affermato, invece, Sophie Havighurst, professoressa di psichiatria alla University of Melbourne - Sappiamo poi che sussiste un rischio maggiore che un bambino, colpito durante l’infanzia, sia successivamente coinvolto in relazioni violente domestiche, sia in quanto vittima che in quanto soggetto violento».

All’estero, i divieti hanno portato a progressivi cambiamenti e una sostanziale riduzione delle punizioni corporali nel tempo. In Svezia, per la prima volta nel mondo, picchiare è stato dichiarato illegale nel 1979.

La percezione delle punizioni corporali come un modo socialmente accettabile di educare i bambini è drasticamente diminuita nel corso degli ultimi decenni. Come riporta il quotidiano britannico, nel 1965 il 53% della popolazione era favorevole alla punizione fisica dei bambini, cifra che è scesa all’11 % nel 1996. Nel 2000, l’86% dei bambini svedesi ha riferito di non aver mai subito punizioni fisiche.

In Italia, nel 2020 la Corte di Cassazione ha condannato una madre per aver dato uno schiaffo alla figlia. Ma, come spiegava la sentenza, la condanna si è basata non tanto sul singolo schiaffo dato alla figlia, quanto per la frase “Te la faccio pagare quando ti becco senza tuo padre”, detta dalla donna. A essere condannata, quindi, è stata la minaccia futura.

A essere proibito è l’abuso dei mezzi di correzione. L’articolo 571 del codice penale stabilisce che “chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a 6 mesi”.

In altre parole, niente sberle ai propri figli senza delle ragioni valide. In caso di condotta reiterata, si potrebbe incorrere nell’accusa per il reato di maltrattamenti. Se il figlio è maggiorenne, invece, non è più sottoposto all’autorità del genitore e quindi uno schiaffo sarebbe a tutti gli effetti una forma di violenza.

In Australia, ci sono evidenti differenze generazionali negli orientamenti rispetto al ricorso delle punizioni corporali. L’Australian Child Maltreatment Study ha rilevato che il 38% delle persone di età pari o superiore a 65 anni ritiene che la punizione fisica sia necessaria per crescere i figli, più del doppio rispetto alla percentuale riscontrabile nelle fasce d’età più basse. Tra i giovani di età compresa tra 16 e 24 anni coinvolti nel sondaggio, solo il 15% lo considerava necessario. Tra i ragazzi over 16 ma under 24 anni, il 61% ha riferito di ricordarsi almeno 4 episodi di punizioni corporali subite da bambini.

Oltre agli effetti psicologici nel breve e nel lungo periodo, c’è anche l’aspetto legale da prendere in considerazione. Non modificando le normative in vigore a livello regionale e locale, l’Australia non adempie ai propri obblighi derivanti dall’adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.

Gli appelli contro le punizioni corporali dei bambini non sono nuovi: nel 2013 il Royal Australasian College of Physicians ha lanciato una campagna per bandire schiaffi e sculacciate.

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