Ambiente

Clima, la Corte Suprema respinge le compagnie petrolifere

I giudici statunitensi hanno bocciato cinque ricorsi presentati da colossi come ExxonMobil, Shell, Suncor Energy e Chevron, accusati presso i tribunali statali di contribuire al cambiamento climatico
Credit: AP Photo/Alex Brandon
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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27 aprile 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 24 aprile la Corte suprema degli Stati Uniti ha respinto i ricorsi presentati dalle compagnie petrolifere, tra cui ExxonMobil, Shell, Suncor Energy e Chevron, a fronte di diverse cause intentate a livello nazionale e dai Governi locali con l’accusa di contribuire al cambiamento climatico.

A intraprendere le azioni legali erano stati, nello specifico, lo stato del Rhode Island, nella regione del New England, insieme alla città di Baltimora, nel Maryland, oltre alle contee di Boulder e San Miguel in Colorado, a quelle di Marin, San Mateo e Santa Cruz in California e di Honolulu e Maui nelle Hawaii.

I giudici hanno bocciato cinque appelli rigettando la richiesta delle compagnie di trasferire le cause al tribunale federale e di esautorare i tribunali statali, ritenuti più favorevoli alle parti che sporgono querela.

L’azione intentata dalle contee del Colorado sostiene che le compagnie petrolifere dovrebbero risarcire i contribuenti per l’aumento dei costi di manutenzione delle strade e per la lotta agli incendi boschivi.

Il Governo di Baltimora, invece, ha fatto causa nel 2018 sostenendo che oltre 20 compagnie petrolifere abbiano nascosto informazioni sui danni ambientali prodotti dai combustibili fossili.

«Da quando abbiamo presentato questo caso quasi 5 anni fa, la crisi climatica è peggiorata, i costi per i contribuenti di Baltimora sono alle stelle e gli imputati hanno intascato migliaia di miliardi di dollari di profitti mentre cercavano di eludere la responsabilità per il loro inganno», ha dichiarato Sara Gross, avvocata del dipartimento legale della città di Baltimora.

Il procuratore generale del Rhode Island Peter Neronha ha parlato di «quasi mezzo decennio di tattiche dilatorie» da parte delle compagnie petrolifere, definendo la sentenza della Corte suprema statunitense «una pietra miliare importante».

La controparte protesta. «Non crediamo che l’aula di tribunale sia la sede giusta per affrontare il cambiamento climatico», ha dichiarato al Wall Street Journal una portavoce della Shell.

«La decisione di oggi non ha alcun impatto sul nostro obiettivo di investire miliardi di dollari per aprire la strada a una transizione energetica ponderata che porti il ​​mondo a emissioni di carbonio pari a zero», ha precisato un portavoce di Exxon.

«Il cambiamento climatico è un problema di portata nazionale e globale che richiede una risposta politica federale coordinata, non un mosaico disgiunto di azioni legali nei tribunali statali in più stati», sostiene Theodore Boutrous, avvocato che rappresenta la Chevron.

«Queste azioni legali dispendiose nei tribunali statali – aggiunge Boutrous – non faranno nulla per promuovere soluzioni climatiche globali, nulla per ridurre le emissioni e nulla per affrontare gli impatti legati al clima».

Ma gli esperti del clima non sono d’accordo. «La decisione odierna della corte suprema è una vittoria significativa per la giustizia climatica e le cause sul clima intentate negli Stati Uniti e in tutto il mondo», ha commentato al The Guardian Delta Merner, ricercatrice presso l’Hub per il contenzioso climatico dell’Union of Concerned Scientists (Ucs).

«Le comunità coinvolte in questo caso – ha concluso Merner – hanno subito perdite inimmaginabili dovute, in gran parte, all’incoscienza e all’avidità dell’industria dei combustibili fossili, e ora sono un passo avanti verso il processo».

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