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Che cos’è il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici?

Dopo la pubblicazione della proposta del Governo, avviata la fase di consultazione pubblica ma l’iter appare tortuoso. Cosa c’è da sapere
Credit: Tolga Kilinic

Uno degli strumenti principali per contrastare la crisi climatica nel nostro Paese, ma non solo, è sotto esame. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha avviato la fase di consultazione pubblica per la Valutazione Ambientale Strategica per la proposta del governo sul Piano nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. C’è tempo fino al 2 aprile per presentare le proprie osservazioni, questa dovrebbe essere uno degli ultimi passaggi per l’adozione, anche in Italia, di un piano che andrebbe ad agire sull’emergenza ambientale che abbiamo ormai da tempo. Il piano ribattezzato PNACC, atteso già nel 2012, ha fin dalla nascita avuto un iter molto complesso, è stato già bloccato più volte pur essendo uno strumento operativo di una strategia già approvata nel lontano 2015. Non si sa se questa possa essere la volta buona per vederlo finalmente approvato e funzionante, ma capiamo bene cos’è il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Cos’è l’adattamento ai cambiamenti climatici

Prima di tutto per capire c’è questo piano è necessario fare un quadro più generale e spiegare cosa si intende per “cambiamenti climatici”. Questi stanno a indicare tutti i cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici, che possono avvenire anche in maniera naturale, ma nella maggior parte dei casi recenti non è stato così. Dal diciannovesimo secolo in avanti infatti e nostre azioni sono state il motivo principale all’origine dei cambiamenti climatici, che sono da ricondurre essenzialmente a un tema principale, quello della combustione di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas, che genera emissioni di gas a effetto serra che avvolgono la Terra, trattenendo il calore del sole e innalzando le temperature.

Eliminare ora i gas serra dall’atmosfera è compito molto arduo, per questo fermare il cambiamento climatico mentre nasce e quindi operare oggi una mitigazione non è più concretamente fattibile. Questo cambiamento è già ampiamente in atto quindi bisogna realisticamente dirottare verso un adattamento al cambiamento climatico e cioè qualsiasi azione che ci permette di continuare a soddisfare i nostri bisogni fondamentali, come avere cibo, acqua, salute e un tetto sopra la testa, adattandoci ai cambiamenti climatici attuali. L’adattamento coinvolge tutti noi, dalla casalinga all’agricoltore, dal manager alla politica. Le scelte effettuate da tutti possono aiutare a ridurre gli impatti negativi del cambiamento climatico, o anche a sfruttare al massimo i suoi potenziali benefici. Alcune scelte che facciamo ora, possono finire per aumentare il nostro rischio in futuro.

Azioni di adattamento al cambiamento climatico

Ci sono diversi modi per abbracciare questo adattamento al cambiamento climatico. Esiste un “adattamento reattivo”, o “retrofitting” quando gli effetti del cambiamento climatico si sono già fatti sentire, come l’aumento del livello del mare o i livelli di inquinamento nell’aria a cui le comunità costiere e cittadine si devono già adattare. E poi c’è anche un “adattamento precauzionale” e cioè quando scegliamo di adattarci prima di sentire le conseguenze del cambiamento climatico, che in molti casi è più efficace e più facile di farlo in un secondo momento. Gli adattamenti invece “No-” o “low-regret” (“a basso impatto”) sono soluzioni che creano benefici immediati, come la raccolta dell’acqua piovana, o il non costruire in aree non adatte.

Ma quali sono i costi di tutto questo? Non sono quantificabili nello specifico, ma quello che si può dire è che man mano che il clima cambia, il costo dell’adattamento aumenta, incorrendo in un costo sempre maggiore in termini di danni del cambiamento climatico a cui non possiamo adattarci, questi sono chiamati “danni residui”.

Cos’è il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Necessario quindi intervenire anche da un punto di vista politico-legislativo con il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), uno strumento di pianificazione nazionale per supportare le istituzioni nazionali, regionali e locali nell’individuazione e nella scelta delle azioni di adattamento più efficaci, secondo vari fattori tra questi: il settore di intervento e le specificità del contesto, favorendo l’integrazione dei criteri di adattamento nei processi e negli strumenti di pianificazione. Il PNACC andrebbe a fornire una base comune di dati, informazioni e metodologie di analisi utile alla definizione dei percorsi settoriali e/o locali di adattamento ai cambiamenti climatici allo scopo di contenere agli impatti dei cambiamenti climatici e migliorare le possibilità di sfruttamento di eventuali opportunità.

Dopo il 2 aprile, giorno ultimo per depositare le proprie osservazioni sulla proposta del governo per il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, si potrebbe arrivare dopo anni all’approvazione definitiva del Piano, come conferma lo stesso ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. “Esaminate le osservazioni e conclusa la procedura di VAS il testo andrà all’approvazione definitiva con decreto del Ministro. Si procederà poi all’insediamento dell’Osservatorio Nazionale, che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano attraverso l’individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori. L’Osservatorio definirà le priorità, individuerà i soggetti interessati e le fonti di finanziamento, oltre che le misure per rimuovere gli ostacoli all’adattamento. I risultati di questa attività potranno convergere in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare”. Quello che si teme potrebbe essere un ulteriore allungamento dei tempi per l’approvazione con un’adozione solo formale e non concreta del Piano.

Quello che bisogna subito dire che la burocrazia anche in questo caso si fa sentire, la proposta del governo Meloni del PNACC, che risale al dicembre scorso, ha al suo interno dati analizzati dagli esperti abbastanza vecchi, come accade spesso per report climatici devono fare i conti, dato che la climatologia è una scienza sempre in evoluzione. In questo modo in quadro d’insieme potrebbe non essere esattamente quello attuale, ma parziale, visto che all’interno è presente un’analisi del clima che ha come riferimento il periodo 1981-2010.

Nel Piano comunque sono riportate le misure da adottare per porre rimedio ai danni dei cambiamenti climatici. “Esempi di misure di adattamento sono modifiche infrastrutturali su larga scala, come la costruzione di difese per la protezione di persone o strutture dall’innalzamento del livello del mare, e cambiamenti comportamentali, come la riduzione degli sprechi alimentari da parte dei singoli. Le misure soft invece includono misure di policy, giuridiche, sociali, gestionali, finanziarie, che possono modificare il comportamento e gli stili di vita, contribuendo a migliorare la capacità adattiva e ad aumentare la consapevolezza sui temi del cambiamento climatico. Misure verdi: prevedono azioni basate sulla natura/ecosistemi, che impiegano i servizi multipli forniti dagli ecosistemi naturali per migliorare la resilienza e la capacità adattiva. Misure infrastrutturali/tecnologiche: interventi fisici e/o misure costruttive utili a rendere gli edifici, le infrastrutture, le reti, i territori, più resilienti ai cambiamenti climatici”.

Nel Piano poi vengono citate possibili fonti di finanziamento per sostenere le azioni di adattamento come “un riordino della fiscalità che promuova maggiormente l’utilizzo degli strumenti fiscali ambientali produrrebbe un doppio beneficio: quello di ridurre gli impatti negativi sul clima e quello di ridurre l’impatto fiscale altri temi, tra cui quello sul lavoro”. Infine il documento recita che “nell’ottica di garantire la circolarità delle risorse, la struttura di governance del PNACC dovrà garantire una stretta sinergia con l’Osservatorio sull’attuazione della strategia nazionale dell’economia circolare”.

Un quadro più chiaro forse della situazione attuale italiana si può trovare comunque sulla Piattaforma nazionale sull’adattamento ai cambiamenti climatici, realizzata dal ministero dell’Ambiente e da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), un portale che “vuole informare e informare e sensibilizzare i cittadini e i portatori di interessi sulla tematica dell’adattamento” e vuole “rendere disponibili dati e strumenti utili a supportare la pubblica amministrazione”.

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di Costanza Giannelli 4 min lettura