Diritti

Chi è Sonia Guajajara, la paladina dei popoli indigeni?

Il Presidente Lula le ha affidato un incarico mai esistito prima per garantire i diritti fondamentali agli 896.000 indigeni che abitano il Brasile. Riuscirà ad affrontare le enormi sfide del nuovo governo?
Credit: EPA/Andre Borges
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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21 febbraio 2023 Aggiornato alle 16:00

Il suo nome è apparso nella lista delle 100 persone più influenti del 2022 secondo la rivista Time.

La nomina a prima ministra brasiliana per le popolazioni indigene ha sancito un drastico cambio di rotta rispetto al passato: Sonia Guajajara, scrive il Washington Post, deve ora affrontare la crisi umanitaria causata dalle miniere selvagge dopo aver ricevuto un incarico mai esistito prima.

Nata nella regione del Maranhão, un territorio nel Nord-est del Brasile che si affaccia sull’Oceano Atlantico e comprende tratti di fitta Foresta Amazzonica, Guajajara ha assistito in prima fila alla devastazione provocata dai cambiamenti climatici e da un governo rimasto indifferente o che, spesso, non ha fatto altro che peggiorare una situazione già drammatica.

La donna ha sempre voluto lottare per la sua comunità: ha studiato letteratura e infermieristica, dal 2018 in avanti si è dedicata all’attivismo ed è stata la prima donna indigena a candidarsi alla vicepresidenza del Brasile.

È la leader della più grande organizzazione di difesa degli indigeni del Paese, l’Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile, ed è stata una delle critiche più accanite di Bolsonaro. Non solo per la questione indigena, ma anche per la gestione sconsiderata della pandemia: il Brasile con più di 36 milioni di casi registrati e oltre 698.000 morti è lo Stato del Sud America più colpito in termini di casi totali e il 5° al mondo.

Quando Guajajara non aveva ancora ottenuto l’incarico da Luiz Inácio Lula da Silva, che ha vinto le elezioni presidenziali superando al ballottaggio il Presidente uscente Jair Bolsonaro, era già una delle attiviste indigene più importanti del Brasile.

A un mese dalla sua nomina, si era recata a Boa Vista, la capitale dello Stato di Roraima, per rispondere a quello che il neo Presidente eletto aveva definito un “genocidio” perpetrato dall’amministrazione di estrema destra di Jair Bolsonaro: qui, infatti, sorge il territorio indigeno degli Yanomami, una popolazione colpita da una crisi sanitaria, alimentare e ambientale causata in larga parte dall’invasione dei garimperos, i cercatori d’oro illegali la cui attività è cresciuta sotto il governo dell’ex Presidente.

Secondo Survival International gli Yanomami sono circa 38.000 e, solo in Brasile, occupano un territorio con un’estensione pari al doppio della Svizzera.

Quando il neo Presidente Lula ha istituito il Ministero per le Popolazioni indigene a dicembre dello scorso anno, affidandole l’incarico, ha sancito una svolta storica per gli oltre 896.000 indigeni brasiliani che finora non avevano mai avuto un proprio Ministero, né tantomeno un’attivista indigena alla sua guida.

Davi Kopenawa Yanomami, portavoce del popolo Yanomami, ha spiegato al Washington Post che la creazione del ministero dei popoli indigeni è una «grande vittoria», ma saranno molte le sfide da affrontare: trovare «una struttura e dei finanziamenti», per esempio, «perché senza fondi non funzionerà. In futuro, dovrà essere molto forte e dovrà essere rappresentativo delle popolazioni indigene e difenderci davvero».

Secondo Gustavo S. Azenha, direttore esecutivo dell’Istituto di Studi Latinoamericani della Columbia University, intervistato dal quotidiano statunitense, alcune «grandi questioni sistemiche» richiederanno più tempo per essere affrontate, come i casi di diritti fondiari degli indigeni, che possono «trascinarsi per anni e anni e anni» nei tribunali.

Si tratta, comunque, di una «mossa positiva e certamente il fatto che la posizione di ministro sia ricoperta da una donna indigena è un grande cambiamento rispetto al passato. La domanda è quanto sarà positivo in termini di impatto effettivo».

Perché non sarà facile riparare i danni causati da politiche dannose e secoli di oppressione.

Ma Guajajara riconosce la portata della sfida e sa che può affrontarla: la donna, classe 1974, ha spiegato al Wp che, da attivista, ha sempre avuto a che fare con questioni legate ai diritti del suo popolo, ma ora si trova in un posto in cui finalmente può prendere una decisione.

La sfida principale è l’emergenza sanitaria che sta affrontando il popolo Yanomami: nonostante esista da anni, negli ultimi mesi ha attirato maggiormente l’attenzione per via delle immagini dei bambini gravemente malnutriti che hanno sconvolto il Paese - secondo Survival International i bambini yanomami muoiono di malnutrizione a un ritmo di 191 volte superiore alla media nazionale - e anche perché le autorità hanno iniziato a evacuare gli Yanomami dai loro territori.

Riuscirà Guajajara a tenere alta l’attenzione globale sui diritti delle popolazioni indigene che abitano il Brasile?

Il suo Ministero, che si è insediato l’11 gennaio, è «nuovo e senza precedenti» e «si sta costruendo dalle fondamenta con molto impegno e cura», ha scritto su Twitter nei giorni scorsi mostrando il nuovo e coloratissimo logo del dipartimento.

«Mentre l’intera èquipe si sta strutturando, stiamo già operando nelle varie crisi che i popoli indigeni affrontano in Brasile da secoli!».

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