Ambiente

Ex Ilva: ci sono novità

Il simbolo siderurgico di Taranto fa impensierire il Governo. Tra le possibili strade c’è il decreto per un “prestito-ponte” da 700 milioni di euro. Intanto, oggi si riunisce l’Assemblea di Acciaierie d’Italia
Credit: ANSA/ UFFICIO STAMPA ILVA  
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23 dicembre 2022 Aggiornato alle 17:00

Aggiornamento 28/12/22

Il governo sblocca fino a 1 miliardo di euro per supportare la crisi dell’ex gruppo Ilva e consentire ad Acciaierie d’Italia di far fronte alla crisi di liquidità e ridurre la pesante esposizione debitoria verso i principali fornitori.

A queste risorse, già previste con il Dl Aiuti bis, si sommano ulteriori 680 milioni, che potranno servire “fin da subito”, dunque prima del 2024 come stabilito nel maggio scorso, quale finanziamento soci convertibile in un futuro aumento di capitale con cui portare la partecipazione dello Stato al 60% a cui ArcelorMittal contribuirà con 70 milioni di euro per attestarsi a una quota del 40%. Nessun prestito ponte dunque ma l’attivazione di risorse già previste a sostegno dell’acciaieria di Taranto.

La decisione presa nella sera del 28 dicembre in Consiglio dei ministri arriva con un decreto legge, 10 articoli in tutto, che introduce misure urgenti per impianti di interesse nazionale. Nel decreto, e non solo per il caso dell’ex gruppo Ilva ma per tutte le imprese di interesse strategico, il governo ha ripristinato lo scudo penale che il Governo Conte aveva cancellato per reintrodurre ‘condizioni per la sostenibilità dell’investimento’ stabilendo che le sanzioni interdittive non possano essere applicate quando pregiudicano la continuità dell’attività svolta.

L’ex Ilva di Taranto è un nodo intricato che coinvolge l’ambiente, la salute e ora l’economia. Il Governo pensa a come intervenire. Tra le possibili strade c’è il decreto per un “prestito-ponte”, con 700 milioni di euro pronti a essere versati per ripianare i problemi. Intanto l‘Assemblea di Acciaierie d’Italia si aggiorna oggi, venerdì 23 dicembre, a due giorni da Natale.

La situazione è articolata in primo luogo dal punto di vista societario.

L’ex Ilva, simbolo siderurgico di Taranto, è oggi gestita da Acciaierie d’Italia di cui fanno parte il colosso ArcelorMittal e la società pubblica Invitalia, controllata dal Ministero dell’Economia: l’ostacolo più complicato da superare sta nel trovare un’intesa con il primo affinché la seconda possa aumentare il proprio controllo, con la prospettiva di arrivare alla quota del 60% e quindi alla maggioranza del gruppo. Nei piani originari il tutto dovrebbe avvenire entro il mese di maggio del 2024 ma l’urgenza della fase attuale potrebbe accelerare le prossime mosse.

Naturalmente modificare la governance di un assetto del genere non è una passeggiata. Comunque, se si raggiungessero questi presupposti, Invitalia potrebbe procedere all’aumento di capitale, magari con un contributo di Mittal, utile a evitare che si accenda il faro dell’Unione europea sull’ipotesi di aiuti di Stato. In un’audizione in Parlamento il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, una quindicina di giorni fa, ha sostanzialmente confermato che i passi in programma sono questi. Nel frattempo però i rapporti tra il governo e l’ad di Acciaierie Lucia Morselli vengono descritti come inevitabilmente tesi.

Il Fatto Quotidiano dal canto suo definisce l’idea di assegnare fondi tramite decreto come un salvataggio da parte dello Stato, che andrebbe a favore sia dell’Ilva sia dei suoi fornitori. Oltre a un bisogno di liquidità di circa 1 miliardo di euro - la cifra prevista dal governo Draghi nell’ambito del decreto legge “Aiuti Bis” - pesano, infatti, i debiti accumulati nei confronti di Enel, Eni e ora Snam, che vanno a braccetto con i rincari dell’energia, del gas e delle materie prime. Inoltre, come comunicato da Acciaierie d’Italia solo un mese e mezzo fa, le attività di 145 imprese gravitanti attorno allo stabilimento di Taranto sono state sospese mettendo anche a rischio molti posti di lavoro.

Sull’eventualità del prestito-ponte, il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci è intervenuto dicendo un secco no a finanziamenti senza prima specifiche assicurazioni. La paura del primo cittadino è che l’immissione di soldi pubblici, in mancanza di un piano strategico preciso, possa portare a una confusione simile a quella che si è creata con Alitalia.

Proprio il Comune pugliese ha appena incassato il via libera della Commissione europea al progetto Just Transition Fund che prevede per l’Italia un miliardo di euro da destinare alla transizione energetica ed ecologica: a Taranto vanno 200 milioni, grazie alle iniziative di rigenerazione ambientale, ricerca scientifica e cultura prospettati dall’amministrazione. Intanto un emendamento alla manovra, approvato in commissione Bilancio, ha rifinanziato con 3,5 milioni nel 2023 il fondo a sostegno dei residenti nel quartiere Tamburi, i cui immobili hanno subito danni derivanti dall’esposizione all’inquinamento legato agli stabilimenti siderurgici.

D’altra parte, nel complesso, la vicenda dell’ex Ilva rappresenta un’odissea dell’industria italiana tra un governo e l’altro. L’inquinamento ambientale, le ricerche sulle conseguenze per la salute di cittadini e lavoratori, il provvedimento di sequestro. Proprio nel 2022 ricorrono i dieci anni dall’intervento dei magistrati. Le difficoltà economiche di oggi sembrano soltanto il corollario di una lunghissima storia. E tutto sommato forse sono ancora risolvibili.

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