Ambiente

Batterie al nero di seppia e… piccole grandi idee per il Pianeta

Non solo raccolta differenziata e prodotti biodegradabili. Se vuoi prenderti cura della Terra in modo geniale e green, ecco la rubrica che fa per te
Credit: via whatdesigncando.com
Tempo di lettura 4 min lettura
12 dicembre 2022 Aggiornato alle 12:00

Tra gli slogan più ricorrenti delle manifestazioni per il cambiamento climatico e contro l’inquinamento ambientale, ricordiamo tuttə il famoso “There is no planet B”. Già, non esiste un pianeta B, ma un piano B c’è. Anzi, più di uno.

Ogni giorno c’è qualcunə che ne sa una più del diavolo e lancia idee geniali e invenzioni eccezionali ed ecosostenibili. Come? Dando una nuova vita a oggetti quotidiani che regolarmente gettiamo senza riflettere sulle possibilità di riutilizzo o ingegnandosi per trasformare il banale in straordinario.

Se ti sei chiestə almeno una volta cosa puoi fare per salvare il Pianeta - ma le risposte che hai trovato erano sempre le solite e banali raccomandazioni che segui già da una vita – allora questa è la rubrica che fa per te. Abbiamo raccolto le migliori invenzioni che possono aiutare la Terra che abitiamo. Tu sei dei nostri?

Continua il nostro viaggio alla ricerca di piccoli e grandi idee che hanno un forte potenziale per aiutare la Terra a guarire dalla malattia dell’inquinamento, progetti capaci di rendere straordinario l’ordinario con l’obiettivo di un futuro più green e sostenibile.

Oggi ti presentiamo ancora 3 invenzioni che certamente non ti aspetti: le batterie al nero di seppia, la stampante al caffè e la bioplastica creata da bucce di banana!

Batterie al nero di seppia

Il primo genio del giorno è lo scienziato statunitense Christopher Bettinger che alla Carnegie Mellon University (Pittsburgh) ha dato vita a una nuova batteria a base di pigmenti che si trovano nel nero di seppia.

Si tratta di una batteria agli ioni di sodio e biocompatibile che può addirittura essere ingerita senza alcun problema: infatti, è composta da melanina e ossido di manganese che si scompongono in elementi non tossici. Lo scienziato Bettinger, inoltre, ha scoperto che la melanina presente nell’inchiostro delle seppie ha una maggiore capacità di carica rispetto a quella prodotta in laboratorio: una scoperta rivoluzionaria per la produzione di batterie ecologiche!

Il primo utilizzo ipotizzato per queste batterie è correlato alla creazione di dispositivi per il rilascio di medicine nell’intestino: questi verrebbero ingeriti come delle normali pillole e sarebbero dotati di sensori alimentati dalle batterie biodegradabili e in grado di rilevare la posizione all’interno dell’organismo per rilasciare il medicinale nella zona corretta.

Ma non finisce qui: con la stessa modalità, potrebbero essere sviluppati anche dispositivi e sensori alimentati dalle batterie al nero di seppia per monitorare aree marine. A fine attività questi dispositivi non produrrebbero effetti dannosi o comunque negativi sull’ambiente e le batterie si decomporrebbero in elementi non nocivi e del tutto naturali.

La stampante al caffè

Si chiama Coffee Drip Printer ed è l’innovativa stampante che utilizza il caffè al posto dell’inchiostro.

L’idea arriva ancora dall’America ed è da attribuire a Ted Kinsman, professore americano di fotografia del Cias (College of imaging arts and sciences) del Rit, il Rochester Institute of technology.

La stampante al caffè, oltre a produrre oltre cinquanta tonalità di colore che vanno a fissarsi tra chiaroscuri, colori e ombre varie della stampa, non richiede energia elettrica per il funzionamento e permette di risparmiare petrolio ed emissioni inquinanti delle stampanti a getto.

La bioplastica creata con le bucce di banana

Voliamo a Istanbul, dove la 16enne Elif Belgin ha sviluppato un processo chimico per trasformare le bucce di banana in una bioplastica resistente.

Elif è partita da una semplice e banale osservazione: ogni frutto è “naturalmente” avvolto all’interno di un contenitore/involucro (la buccia) che è resistente, flessibile, talvolta elastica. A partire da questo, ha approfondito la sua osservazione e dopo due anni di studi e tentativi ha trovato la formula che le ha permesso di trasformare le bucce in bioplastica, consegnandole anche il trofeo “Science in Action” del concorso Scientific American.

La procedura è semplice: il processo richiede il pretrattamento delle bucce con una soluzione di bisolfito di sodio, una fase di bollitura e quindi una di miscelazione con piccole quantità di glicerina, soda caustica e acido cloridrico.

Ma Elif non si è fermata qui: continuando le sue osservazioni, ha scoperto che gli amidi e la cellulosa contenuta nello strato esterno delle bucce di banana potevano essere utilizzati anche per creare materiali in grado di isolare i fili o per creare protesi mediche.

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